Nalla pubblicazione, edita da Rizzoli, la bandiera nerazzurra si racconta senza censure
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Francesco Acerbi di vite ne ha vissute tante e tutte al massimo. Dal boato di uno stadio che lo innalza al massimo livello mai raggiunto in carriera, al buio di una malattia che non sai dove ti porterà. Tutto affrontato con lo stesso spirito da combattente. Non è un caso che la sua autobiografia, edita da Rizzoli, si chiami "Io, Guerriero".
Una vita che inizia in un normale paese di provincia del nord Italia, con le solite partite con gli amici per strada e arriva, dopo la trafila nelle giovanili, al debutto in Serie C con il Pavia. Poi la Reggina in B, il Chievo in A, il momento nero della perdita di suo padre e dell'abuso di alcol, la breve esperienza al Milan, il passaggio al Sassuolo, la presenza decisiva di Di Francesco nella sua carriera, la scoperta del tumore e la sconfitta del male, un bisogno di spiritualità che si fa sempre più forte, una carriera che prende la giusta piega alla Lazio, con la Nazionale che entra con continuità nella sua vita fino al trionfo a Euro 2020. Poi c'è la storia recente, l'Inter, i trofei e quel gol all'ultimo secondo dei tempi regolamentari al Barcellona che porta i nerazzurri ai supplementari e all'accesso alla finale.
Non è decisamente una vita ordinaria, è un vero e proprio romanzo ed è stato giusto, da parte di Acerbi, metterlo nero su bianco.