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LA RECENSIONE

Enzo Ferrari, il mito da rapire: quando le Ferrari avevano... la coda

Un romanzo-verità di recente uscita racconta una vicenda che risale ad esattamente cinquant'anni fa

di Stefano Gatti
25 Ott 2025 - 20:13
 © Ufficio Stampa Edizioni Minerva

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"Quando l'ingegnere tornava a casa si toglieva il cinturone con la pistola che portava sempre con sé. Una volta riposta l'arma, tirava un sospiro di sollievo: Oh, siamo arrivati a casa".

Commendatore, Grande Vecchio, Drake, Stradivari delle quattro ruote, Penna Bianca e naturalmente Ingegnere.Tra i tanti soprannomi di Enzo Ferrari citati da Andrea Cordovani (direttore dello storico settimanale Autosprint) nel suo "Il mito da rapire - Enzo Ferrari e l'ombra dei sequestri" (Minerva) manca forse solo quello - attribuito a Tazio Nuvolari - di "Sceriffo" (anzi, "Il" Sceriffo di un altro libro dedicato al mitico Enzo) che forse meglio di tutti gli altri si adatta alla citazione di cui sopra e alla scena "domestica" che si svolge in un preciso momento storico della storia della Casa di Maranello ma anche del nostro Paese: gli anni Settanta, la drammatica e a volte tragica stagione dei rapimenti (alcuni per finalità politiche, altri a scopo di estorsione), messi in atto dall'Anonima Sequestri e dal clan dei Marsigliesi. Un contesto di violenza diffusa e criminalità dilagante (aggravate ad un livello socialmente e politicamente più alto dal fenomeno del terrorismo) all'insegna del motto: "Vivere in fretta, morire giovani", ugualmente praticato dagli esponenti apicali della criminalità organizzata come dalla sua manovalanza e che aveva per fulcro Roma e Milano e spesso come teatri d'operazione -insieme alle due grandi città - gli angoli più remoti e nascosti del Paese: in Sardegna e Toscana ad esempio.

D'altra parte - a livello letterario si tratta di una modalità piuttosto diffusa di procedere - raccordare le vicende di un personaggio pubblico a quelle storiche, sociali e politiche del suo Paese e compenetrarle nella narrazione è un meccanismo di sicura efficacia, che oltretutto le garantisce profondità, restituendo ancora meglio lo spessore del personaggio: Enzo Ferrari in questo caso.  

© Getty Images

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Nel suo lavoro, l'autore si avvale della preziosa testimonianza di Dino Tagliazucchi, uno degli storici autisti personali di Enzo Ferrari ma soprattutto l'ultimo, al quale il libro è dedicato. Il contributo di Tagliazucchi è decisivo, fin dentro i risvolti più dettagliati e meno noti di un periodo storico nel quale la successione delle scalate delle Ferrari da Gran Premio in prova sulla Pista di Fiorano era intervallata dai colpi secchi di rivoltella nell'adiacente postazione da tiro a segno, dove si impratichivano lo stesso Enzo Ferrari, l'autista Tagliazucchi e la sua guardia del corpo, l'ex poliziotto Valdemaro Valentini. E nel quale il Commendatore dovette suo malgrado convivere con la necessità di cambiare quotidianamente percorso nei suoi spostamenti tra Modena e Maranello e viceversa, adattandosi alla per lui indigesta presenza della scorta, o meglio della "coda", come Enzo la chiamava con ironia moto più che con vero e proprio sarcasmo.

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"Non ho paura. Se mi prendono chi lo paga il riscatto per me?" (Enzo Ferrari)

Il volume di Cordovani trae spunta da un episodio di (sfiorata) cronaca nera per rivivere una tra le stagioni ferrariste più belle ma anche drammatiche: il mancato rapimento di Enzo, sventato in extremis in pieno centro storico a Modena nella mattinata di sabato 25 ottobre del 1975, esattamente cinquant'anni fa, un mese e mezzo dopo la conquista del titolo iridato piloti da parte di Niki Lauda a Monza (con il terzo posto nel GP d'Italia vinto dal suo compagno di squadra Clay Regazzoni), undici anni dopo quello di John Surtees, peraltro messo sotto chiave dal pilota-costruttore inglese nel Gran Premio del Messico del... fatidico 25 ottobre (1964). Una stagione trionfale (che era partita però in modo stentato) quella di cinquant'anni fa, rivissuta passo passo da Cordovani, rivelandone alcuni aneddoti inediti e molti altri poco conosciuti. Poche ore dopo lo scampato pericolo, sulla Pista di Fiorano sarebbe stata presentata la monoposto per il 1976: la 312 T2, nuovamente affidata a Lauda e Regazzoni, insieme per la loro terza stagione consecutiva (dopo esserlo già stati nel 1973 alla BRM), tanto che era stato Clay a "raccomandare"  Niki all'ingegner Ferrari.

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E se lasciamo opportunamente alla lettura del libro i dettagli più cronachistici dell'operazione "sventato rapimento", anticipiamo che Cordovani trae spunto dall'episodio malavitoso per indagare con ricchezza di particolari le fondamenta e i retroscena della stagione di violenza e di odiose prevaricazioni della quale abbiamo detto sopra, citando i casi di rapimento più clamorosi ma anche quelli legati alla Ferrari stessa e al motorsport. Come il tragico rapimento di Giancarlo Bussi, ingegnere di Maranello e "rivale" di Mauro Forgheri nel fatidico 1975 e quello (dai contorni diametralmente opposti e dagli esiti anche, fortunatamente) di Juan Manuel Fangio da parte dei "Barbudos" di Fidel Castro nel 1958 a Cuba, fino alla tentata sottrazione della salma di Dino Ferrari (figlio di Enzo) dal cimitero di San Cataldo a Modena a scopo di estorsione nel 1979, un mese esatto dopo la splendida doppietta Scheckter-Villeneuve a Monza che consegnò il titolo al sudafricano, e al progetto similare ai danni di quella delle spoglie del Drake stesso nel più recente 2017.

  

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"Il mito da rapire - Enzo Ferrari e l’ombra dei sequestri"

di Andrea Cordovani

Prefazione di Stefano Tamburini

Dagli anni d’oro della Ferrari ai giorni più bui della Repubblica, la storia vera (e finora nascosta) del tentato sequestro del Drake a Modena. Il nuovo libro di Andrea Cordovani per Edizioni Minerva racconta come il crimine organizzato sfiorò la leggenda dell’automobilismo italiano.

Una poltrona da barbiere nel centro di Modena, due uomini armati che attendono all’esterno, la banda dei marsigliesi pronta ad agire e un bersaglio d’eccellenza: Enzo Ferrari. È il 25 ottobre 1975, giorno di festa per la Scuderia che celebra il ritorno alla vittoria nel campionato mondiale di Formula 1 con Niki Lauda e la 312T. È questa la scena clou attorno a cui ruota "Il mito da rapire - Enzo Ferrari e l’ombra dei sequestri", il nuovo romanzo-verità firmato da Andrea Cordovani. Pubblicato da Edizioni Minerva, il libro illumina uno degli episodi più oscuri e meno raccontati della biografia del Drake, inserendolo nel contesto torbido di un’Italia ferita da crisi economica, terrorismo e criminalità organizzata.

L’opera si apre con una prefazione di Stefano Tamburini che fotografa con lucidità il clima degli anni Settanta: un Paese attraversato da recessione, odio sociale, stragi neofasciste e una crescente ondata di sequestri di persona. In dieci anni saranno quasi cinquecento i rapimenti censiti dal ministero dell’Interno. Alcuni con finalità politiche, come quello di Aldo Moro, altri a puro scopo di estorsione, come nel caso del tentato sequestro del fondatore della Ferrari.

© Ufficio Stampa Edizioni Minerva

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"Il mito da rapire" si inserisce in questo scenario raccontando la vicenda reale - e a lungo taciuta - del giorno in cui Enzo Ferrari rischiò davvero di essere rapito dai malviventi. Il colpo fu sventato per un soffio, grazie al fiuto delle forze dell’ordine e alla presenza di una scorta armata che da tempo accompagnava in ogni suo spostamento il fondatore della Casa automobilistica e della Scuderia che hanno per simbolo il Cavallino Rampante. La paura, il trauma e le ripercussioni di quell’episodio segnarono profondamente gli ultimi anni di vita del Drake, scomparso poco meno di tredici ani dopo, il 14 agosto del 1988.

Con uno stile narrativo avvincente, Andrea Cordovani alterna capitoli di pura cronaca a scene ricostruite con precisione documentaria, grazie anche all’intervista raccolta nel 2015 a Dino Tagliazucchi, ultimo autista di Enzo Ferrari. È proprio da quell’incontro, a bordo di una Fiat Ritmo grigio metallizzato appartenuta al Drake (tra i cui sedili anteriori era posizionata un fucile mitragliatore), che nasce il libro: un viaggio nella memoria, tra motori ruggenti e ricordi dolorosi, in cui Tagliazucchi confida per la prima volta i dettagli di quel sabato d’ottobre in Corso Canalgrande, una delle arterie principali del centro storico di Modena.

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"Fu un giorno surreale: ci fu un grande trambusto fuori dalla barberia, vennero arrestate due persone. Ferrari non capì subito cosa stava accadendo ma quando gli spiegammo tutto reagì con uno dei suoi paradossi: E se mi rapiscono, chi paga?, racconta l’autista. Un misto di ironia e paura che ben sintetizza il personaggio e il contesto.

Non fu solo quell’episodio a turbare gli ultimi anni del Commendatore. Il libro documenta una lunga stagione di minacce, culminata nel tentato furto della salma di suo figlio Dino nel 1979 e, quasi trent’anni dopo la sua morte, in un progetto criminale per trafugare il corpo dello stesso fondatore della Ferrari, sventato nel 2017 dai Carabinieri. Capitolo dopo capitolo, Cordovani esplora le implicazioni psicologiche, politiche e sociali di questa insicurezza permanente, raccontando anche l’evoluzione delle misure di sicurezza personali: pistole nel cruscotto, auto blindate, guardie del corpo armate, tragitti cambiati ogni giorno. Una vita da bersaglio che il Drake affrontò con orgoglio e silenzi.

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Accanto alla cronaca dei rapimenti, il libro ricostruisce con dovizia di particolari la stagione sportiva 1975 della Ferrari, quella che riportò il titolo a Maranello con Niki Lauda. La gioia delle vittorie si intreccia al timore degli agguati. I fasti della Formula 1, i pranzi al Cavallino, gli incontri con Clay Regazzoni e Niky Lauda fanno da contrappunto alle ombre che si addensano sulla figura del Commendatore. Non mancano le digressioni storiche e politiche, come il colpo di Stato fallito del generale Borghese, le stragi nere, il ruolo ambiguo della criminalità organizzata e le falle legislative che rendevano i sequestri un business quasi impunito. Una mappa criminale che spazia da Roma a Milano, dalla Calabria alla Sardegna, fino alle infiltrazioni dei marsigliesi, veri protagonisti del piano ai danni di Ferrari. 

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Nel suo insieme, "Il mito da rapire" è un tributo a Enzo Ferrari, ma anche un affresco dell’Italia che fu. Un Paese all'epoca ancora incapace di elaborare fino in fondo i propri traumi collettivi, ma anche un Paese che seppe reagire varando norme più severe, come il blocco dei beni familiari, e avviando una riflessione sui diritti civili. "Era l’Italia del peggio - scrive Tamburini nella sua prefazione - ma proprio da lì nacquero conquiste fondamentali, dallo Statuto dei Lavoratori alla parità di genere". Con la sua struttura a metà tra reportage e romanzo, il libro si rivolge non solo agli appassionati di motori, ma anche a chi vuole capire un’epoca in cui la paura era quotidiana, i confini tra lecito e illecito erano labili, e anche un mito vivente poteva finire nel mirino della malavita.

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L’AUTORE

Andrea Cordovani Classe 1967, maremmano di Follonica, giornalista, da nove anni direttore di Autosprint, narratore esperto del motorsport. Comincia la sua carriera giornalistica nel 1987 collaborando con il quotidiano “Il Tirreno”. Sport, cronaca nera e cronaca bianca i settori dei quali si occupa fino al 1995, quando decide di correre dietro a una delle sue grandi passioni: l’automobilismo. Si trasferisce dapprima a Torino al mensile Tuttorally e poi approda due anni più tardi a San Lazzaro di Savena (Bologna) nella redazione di Autosprint. Da trent’anni si occupa e scrive di motorsport. Dal 2021 è anche direttore de “Il Cuoio”, allegato del calcio vintage sul “Corriere dello Sport”. Ha scritto numerosi volumi sul rally e l’hockey su pista. Questo è il primo libro che pubblica per Minerva. Una grande occasione per scrivere una storia inedita, rimasta nel limbo per cinquant’anni.