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Spalletti: "Italia forte, fiducia per il Mondiale 2026. Sarò felice quando smetterò"

Il ct ricorda lo scudetto di Napoli: "Ringrazio De Laurentiis ma non ci permise di festeggiare con la città: ho sofferto per questo"

12 Mag 2025 - 09:20

Lunga intervista di Luciano Spalletti al Corriere della Sera, il ct azzurro parla dell'obiettivo che attende l'Italia, qualificarsi ai Mondiali da dove manchiamo dal 2014: "Siamo tutti consapevoli dell'importanza delle qualificazioni. Ci è capitato un girone con una nazionale forte come la Norvegia ma io ho fiducia nei miei ragazzi. Siamo una squadra forte e abbiamo voglia". Sarà importante mettersi alle spalle l'eliminazione dagli ultimi Europei per mano della Svizzera: "Ho capito di aver caricato i ragazzi di troppe responsabilità, ho esagerato nella pressione. Li ho messi al cospetto, forse con troppa forza, della storia dei campioni e delle squadre che avevano portato gioia all'intero Paese. E così i giocatori hanno perso leggerezza. Ho sbagliato io, me ne sono assunto la responsabilità, per tutti".

Spalletti, parlando a Walter Veltroni, ricorda lo scudetto vinto due anni fa a Napoli: "Ho girato moltissime società, moltissime città, ma non ho mai visto, in molti anni, un popolo che sappia essere così felice e così malinconico come quello napoletano. Io per questo sarò sempre grato al presidente De Laurentiis per avermi fatto fare quella esperienza. Poi è finita male e mi dispiace. Ho sofferto perché dopo lo scudetto il presidente non ha telefonato a nessuno di noi, non ci ha fatto gioire su un pullman scoperto insieme a quel meraviglioso popolo. Io amo Napoli e il Napoli. E ora spero che la città possa essere ancora molte volte felice". Nei giorni del tricolore, continua il ct, "ho provato la terribile felicità che si sente quando si regala felicità ad altri, qualcosa che ti fa vibrare in sintonia con persone che non conosci. Ma l'altro momento più bello sarà quando smetterò e non sentirò più sulle spalle questo peso, un peso scelto, ma che spesso mi toglie il fiato".

Uno degli incontri decisivi della sua carriera è stato quello con Francesco Totti. I rapporti con l'ex capitano giallorosso si sono, però, complicati durante la seconda era di Spalletti alla Roma. Ma i due, negli ultimi tempi, si sono rappacificati: "Gli voglio bene. Lui è il calcio, per me. Istinto, classe, intelligenza pura. Quando lo allenavo, mi rassicurava pensare che il mio futuro dipendesse proprio da quei piedi lì. E mi piacerebbe, ora che tra noi tutto è chiarito, che pensassimo a qualche esperienza professionale, anche fuori dal calcio, da fare insieme".

Se però il ct dovesse scegliere un personaggio del calcio con cui andare a cena insieme opterebbe per "Luca Vialli. Grande giocatore e grande persona. Basta vedere come ha affrontato il male. Ci ho giocato contro solo una volta, in un Sampdoria -Spezia. Era forte. Mi diede due brandate pesanti, ma poi mi aiutò subito a rialzarmi. Ecco, il suo modo di vivere, e di morire, ci aiuta a rialzarci, sempre".

Infine, il ricordo della carriera da calciatore, che iniziò "dai bambini dell'Avane, una zona di case popolari in periferia di Empoli. Poi mi notò la Fiorentina ma lì ci fu la prima delusione, quando mi dissero che non rientravo nei loro programmi". Dopo il verdetto dei viola avevo deciso che "avrei giocato solo tra gli Amatori, ma poi un mio zio mi convinse a riprovare. Insomma ho indossato le magliette di Volterrana, Castelfiorentino, Cuoiopelli, Entella Chiavari, Viareggio, Empoli. Dove ho finito la mia onesta carriera". 

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