LO SFOGO

Mazepin: "La Formula Uno non è un capitolo chiuso. Mi terrò pronto, in modo da poter cogliere ogni possibile occasione. 

Videoconferenza-sfogo dell'ex pilota della Haas  licenziato dal team USA dopo la rottra del contratto con il main sponsor Uralkali.

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Nikita Mazpin (e Uralkali) vanno all'attacco: l'ex sponsor principale del Team Haas preanuncia l'intenzione di chiedere i danni alla squadra USA per la decisione unilaterale di rompere gli accordi in essere. Il 23enne pilota moscovita denuncia a sua volta il metodo utilizzato dal team per licenziarlo e rivela di non essere ancora disposto a rinunciare alla Formula Uno. Nel frattempo, Nikita si occuperà di una fondazione da lui creata a sostegno degi sportivi discriminati per ragioni geopolitiche.

"Puntavo a gareggiare da atleta nautrale, come la FIA aveva inizialmente stabilito. La sera precedente al mio licenziamento però è arrivata la lettera della FIA (che imponeva a piloti russi e bielorussi di denunciare le azioni dei rispettivi Paesi, ndr). Mentre la stavamo studiando a fondo per capire come muoversi - visto che conteneva molte clausole - è arrivata la notizia della rottura del mio contratto. Non c'è stato tempo per fare nulla, ho saputo del mio licenziamento direttamente dai mezzi di comunicazione. La rottura del contratto non ha base legali. Non era pronto a quello che è successo. Non avevo più parlato con Guenther Steiner da quando avevo lasciato Barcellona dopo i test. Non avevo idea della decisione che sarebbe poi stata presa. Fino a quando è stato diffuso il comunicato stampa. Meritavo più sostegno da parte della squadra. In ogni caso la Formula Uno non è un capitolo chiuso. Mi terrò pronto, in modo da poter cogliere ogni possibile occasione. Al momento resto concentrato sulla Formula Uno. Non mi vedo in altre categorie e non intendo impegnarmi in altri campionati.  Ho apprezzato molto l'interessamento al mio caso da parte di colleghi come Bottas, Leclerc e Russell, che si sono fatti vivi con me". 

"Mi rendo conto che il mondo non sia più quello che era due settimane fa. Sono tempi molto dolorosi e chi non vive in questa parte del mondo o che non vi è nato vedrà solo una parte della situazione. Il mio caso è importante alla sua maniera ma non è ovviamente nulla in confronto a quello che sta accadendo".

"Sappiamo tutti che la carriera di uno sportivo è piuttosto breve e che sono necessari anni di sacrifici per raggiungere il vertice. Quando ti viene portato via ciò che avevi conquistato, ti senti devastato. Mi impegnerò in una fondazione che si occupa del sostegno - finanziario ma non solo - di atleti che hanno speso la loro esistenza preparandosi per le Olimpiadi, le Paralimpiadi ed altri eventi internazionali e ne sono ora esclusi indistintamente a causa del loro passaporto. La ragione per la quale ho deciso di istituire questa fondazione è che io ritengo che le persone - non solo gli atleti - abbiano il diritto di rimanere neutrali. Lavoreremo per risarcire gli sportivi che hanno perso sponsor e premi, formiremo asistenza a livello legale ed anche psicologico". 

 

 

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