L'ex terzino rossonero intervistato dalla Gazzetta: "So di aver commesso errori, ma avrei meritato un trattamento migliore"
Un addio consumato in una estate tormentata, un rapporto chiuso per 'necessità', una situazione più subita che cercata o voluta. Da Riad, dove il Milan è passato per una veloce e deludente apparizione contro il Napoli nella semifinale di Supercoppa italiana, l'ex terzino rossonero Theo Hernandez è tornato per la prima volta a parlare della sua separazione dopo sei stagioni di vittorie, passioni, ma anche difficoltà. Lo ha fatto nel corso di una lunga intervista concessa alla Gazzetta dello Sport: "Qui sto da dio. È stata la scelta migliore. L'unico neo è il traffico: tremendo".
Detto questo, il campo. E il rapporto con chi all'Al Hilal lo ha portato, dopo gli accesi confronti milanesi nel corso di derby sempre molto caldi: "Inzaghi mi ha detto: 'Andiamo a vincere insieme?'. So che all’Inter lo chiamavano “demone”. In campo una persona, fuori un’altra: un gentleman. Ogni tanto mi ha fatto qualche battuta sul fatto che l’anno scorso gli ho fatto perdere la Supercoppa qui a Riad, ma anche lo staff mi ricorda i derby o i duelli con Dumfries".
Già, i derby. Il suo Milan: "Ci siamo incontrati prima della partita con il Napoli. Quando andai via non riuscii ad abbracciarli tutti come avrei voluto. Mi dispiace che abbiano perso. Ho detto “bravo” a Bartesaghi, che si merita tutto, e abbracciato Modric, con cui ho giocato a Madrid. Un genio: è di un altro livello. Ho visto Allegri, Tare e Ibra. Furlani non si è fatto vedere". Puntualizzazione non casuale: "Io non sarei mai andato via. La mia priorità era restare. La direzione che ha preso il club e alcune decisioni non rispecchiano i valori e l’ambizione che mi hanno portato qui. Quando sono arrivato c’erano Massara, Boban e Maldini, il mio idolo. Ibra è un top, ma dopo Paolo è cambiato tutto in peggio".
Come in ogni addio, gli strascichi sono sempre dolorosi e le posizioni contrastanti: "So che ho commesso degli errori, come le espulsioni con la Fiorentina o col Feyenoord, ma siamo umani. Non ero sereno mentalmente e avrei potuto fare meglio, ma i tifosi sanno chi è stato Theo al Milan". Si è parlato anche di presunte aggressioni: "Finalmente ho l’occasione di parlarne: c’è chi vuole rovinarti la vita e la carriera. Sono stato male nel leggere certe cose, ma la mia famiglia sa che non è vero".
La sensazione è che Theo si sia sentito abbandonato dal Milan: "Avrei meritato un trattamento migliore. Non me l’aspettavo. Alcuni compagni mi spingevano a restare, ma quando un dirigente ti chiama e ti dice “se resti qui ti mettiamo fuori rosa” io che cosa posso fare? Cerco altro. Dopo l'addio di Maldini mi sono sentito spaesato. L’anno scorso io e Calabria ci presentammo a Milanello con la maglia di Paolo, a qualcuno non andò bene. Hanno strappato una bandiera per nulla. A parte Ibra, la mancanza di milanismo di sente". Ma il cuore pulsa ancora e sempre per i colori rossoneri: "Se il Milan vincesse lo scudetto festeggerei in mezzo ai tifosi. Tornare? Ora voglio vincere qui. Ma finché ci sono certe persone non torno".