TRAILRUNNING

Snow Run Resinelli experience: quel pomeriggio di un giorno... da lupi tra neve, boschi e caverne

Doppio anello adrenalinico con passaggi indoor e tifo da stadio sulle Prealpi del Lecchese

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Snow Run Resinelli experience: quel pomeriggio di un giorno... da lupi tra neve, boschi e caverne - foto 1
© Giacomo Meneghello

Più freddo di così… si corre! Lontani da me pensieri sinistri, è l’azione sui sentieri la modalità che scelgo per combattere l’odiata stagione fredda (con buona pace degli amanti del genere). I sentieri in questione sono quelli della terza edizione di Snow Run Resinelli Winter Trail. Il nome della prova non fa che richiamare colori e clima invernali, appunto, ma la sostanza è ben più calorosa e accogliente. Ad iniziare da quella che trovo al mio approdo sull’altopiano che sovrasta Lecco e nel quale la Grignetta affonda le sue radici di roccia! Siamo in duecento a riscaldarci tra le macchine parcheggiate ovunque in attesa del segnale di partenza di questa prova: un doppio anello da quattordici chilometri e seicento metri circa di dislivello positivo, con la particolarità del passaggio al via a metà distanza circa per un velocissimo pit stop, necessario per aggiungere casco e lampada frontale alla dotazione di ramponcini, montati in pratica fin dal via sotto le scarpe da trail.

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© Giacomo Meneghello

Sì perché Snow Run Resinelli si svolge su terreno quasi completamente coperto di neve e (da qui casco e frontale nel materiale obbligatorio) il penultimo chilometro è una sorta di vertical indoor: nella pancia della montagna, dentro una miniera di galena argentifera in attività fino ad una settantina di anni fa, recentemente messa in sicurezza come itinerario storico e turistico.

Ho accettato con grandissimo entusiasmo l’invito di Daniel Antonioli, campione di primissimo piano e per l’occasione frontman di un comitato organizzatore che - caso rarissimo, che rende onore ai soggetti coinvolti - coinvolge nell’allestimento e nella buona riuscita dell’evento tre società del Lecchese e della Valsassina: Team Pasturo, GSA Cometa e Falchi Lecco. Tre sodalizi storici del territorio - non solo quello lecchese e prealpino - uniti nel progetto di rilancio dei Piani Resinelli.

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© Massimo Brancher

È la mia seconda Snow Run da queste parti. La prima tre anni fa e mooolto diversa, nel suo svolgimento e nel contesto: terreno di gara all'epoca completamente asciutto e… lockdown in agguato. Avrei riattaccato il pettorale solo quasi sette mesi dopo, alla Valzurio Trail di fine estate. Nelle fasi preparatorie della gara sono raggiunto da Vittorio e Gloria, miei compagni di squadra nelle fila della Sportiva Lanzada. Mi fanno presente che alla loro partenza dalla Valtellina le temperature erano addirittura siberiane. La cosa non mi conforta: ho freddo a prescindere e conto - alla rovescia - i minuti che ci separano dal via. Anzi in questo caso dalla partenza controllata: una sorta di chilometro zero, come quello che nelle gare di ciclismo porta il gruppo in una sorta di neutralizzazione fuori dalle città, prima… dell’accensione delle polveri. Così è stato deciso: tutti in convoglio per il primo chilometro (che poi percorreremo in senso inverso nel finale), in modo da lasciare la strada carrozzabile e fermarci all’altezza del gonfiabile della partenza vera, all’ingresso del Parco Valentino per montare i ramponcini che “a tutta” sull’asfalto avremmo forse disintegrato.

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© HLM Photo

Decido di avviarmi con pantaloni lunghi, maglia termica bella calda e divisa ufficiale coperta da antivento, scaldacollo e guanti. Outfit vagamente… pipistrellesco insomma ma tant’è: oggi la mia capacità di sopportazione dei rigori invernali è senza speranza ai minimi termini! Pronti via, i ramponcini fanno subito presa sulla neve, mordono alla grande il terreno e ci incolonniamo sbuffanti come ciminiere sotto i pini altissimi del Parco. Pendenza costante ma soprattutto implacabile fino alla spettacolare passerella panoramica a sbalzo sul ramo lecchese del Lario, la città, i “monti sorgenti dall'acque” e la Pianura Padana sullo sfondo. La Brianza e appena oltre Milano che sfumano in una tonalità sinistramente arancione e rugginosa (inquinamento!) tra i vapori nebbiosi del pomeriggio. Mi sorprendo a pensare come da queste parti sia… prassi comune scattare dalla gabbia di partenza in orario pomeridiano e inconsueto: accade anche nel "superclásico” della ResegUp di inizio giugno (ah, il caldo infernale di Lecco ai primi di giugno, non vedo l’ora).

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© Carlotta Colombo Totta

Doppiata la passerella, brusca inversione di rotta verso nordovest per rimontare la cresta boscosa del Monte Coltignone e di Cima Paradiso che sbarrano a sud l’altopiano dei Resinelli, poi giù a tutta velocità in direzione del campo-base, con solo più un tratto di falsopiano e poi anche un po' di salita in mezzo al bosco. Visto che non sono certo impegnato in sfide all’arma bianca per una posizione di prestigio (mi barcameno come al solito nella pancia del gruppo), faccio un po’ di “scouting location”: in parole povere mi distraggo pensando che questo primo anello della Snow Run - casomai anche in versione “dry” estiva o autunnale - si presterà molto bene come terreno per una recensione oppure un test-materiali.

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© Snow Run Resinelli

Un paio di sorsate di tè, caldo al punto giusto, al primo ristoro e inizio a mettere nel mirino il passaggio in zona partenza-arrivo per ritirare casco e frontale in vista della missione-miniera. Mentre rimonto il pendio inizio a sentire la voce dello speaker Delio Fazzini (me lo ricordo al passaggio sul pratone di vetta del Monte Rai al Trofeo Dario&Willy) che inizia a farsi incalzante, perché Luca Del Pero sta già raggiungendo il traguardo (incredibile!), seguito a pochi secondi da Cristian Minoggio. Non mi cadono neanche più le braccia: ormai ho metabolizzato il fatto che - in questo genere di gara - il tempo che i top runners impiegano per completare la missione è poco che dimezzato rispetto al mio…

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© Snow Run Resinelli

Sulla rampa dritto-per-dritto che conduce… ai box mi porto avanti e al volontario che cerca di leggere il mio pettorale per velocizzare le operazioni di consegna (il fiato lo conservo per avanzare…) faccio segno con le dita: uno… sei… nove. Trovare il mio casco non è difficile, per gli addetti: non ne sono rimasti tantissimi! Agguanto al volo l’elmetto d’ordinanza e la frontale già fissata sopra, ma le dita intorpidite dal freddo nonostante i guanti non riescono a chiudere il cinturino. Non insisto neanche, lo sapevo già: mi guardo intorno e coopto una ragazza lì nei pressi, chiedendole di pensarci lei, per favore. Poi via, lungo il chilometro asfaltato che dobbiamo percorrere necessariamente (o forse no, un’alternativa appena più a monte ci sarebbe e renderebbe questo tratto più interessante) per smarcare il settore più “urbano” dei Resinelli. Si procede però in piano ed in leggera salita, puntando lo scenografico sperone roccioso del “Nibbio”, quindi per noi amatori a ritmo blando e non si corre il rischio di rovinare le punte dei ramponcini. Io comunque appena posso concedo loro un po’ di… tregua, andando a cercare neve e ghiaccio a bordo strada, come fanno i piloti di Formula Uno quando - per non surriscaldare gli pneumatici da bagnato sull’asfalto che va asciugandosi - zigzagano fori traiettoria per cercare le “pozzanghere”. Il parallelismo ci sta: in fondo non abbiamo appena lasciato i box dei Resinelli dopo un rapido pit stop casco e frontalino?

Mi piacerebbe tentare una sorta di “negative split” di manica larga e molto personale: completare il secondo anello ad un ritmo più veloce del primo ma, tralasciando il fatto che il primo giro era più lungo, il tentativo stesso riesce solo in parte.Il tratto che segue è dal mio punto di vista il meno coinvolgente ma me lo faccio andare bene perché conduce alla bocca d’ingresso della miniera Anna, da un certo punto di vista il clou della giornata. Inizia a vedersi già una decina di minuti prima di raggiungerla, complice il lungo giro che fa il sentiero, assecondando l’andamento della montagna. 

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© Giacomo Meneghello

Ci siamo! All’ingresso del tunnel sfilo via rapidamente i miei ramponcini Nortec (operazione facilissima e veloce, sembra il cambio d’assetto di una gara di skialp) mentre faccio un po’ fatica ad accendere la frontale perché - per fissarla al mio casco da bici - l’ho bloccata sotto la visiera e raggiungere il pulsante con i guanti non è operazione immediata. Il tratto in miniera è spettacolare: alterna tratti in piano e rampe ripide, gallerie di un certo respiro e passaggi un po’ più… angusti. Non soffro di claustrofobia in senso "stretto" (per restare in tema) ma di un certo timore reverenziale (anzi, istintivo ed ancestrale) per i luoghi chiusi forse sì, ma solo se affollati. Non è questo il caso! Infatti rimonto il camino inaspettatamente accogliente della miniera bello sereno e tranquillo. Fin troppo! Tiro due capocciate contro il soffitto irregolare: la prima epocale, la seconda più leggera (un buffetto...) ma un po’ da somaro, ormai in vista dell’uscita e davanti agli uomini del Soccorso Alpino che la presidiano… Grazie San Casco e sante frontali tutte!

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© Massimo Brancher

Mi lascio alle spalle la miniera pensando che io la attraverso - di corsa o quasi e comunque per sport - una volta all’anno, mentre un secolo fa qui degli uomini si guadagnavano il pane (per il proprio sostentamento e per quello delle proprie famiglie), lavorandovi duramente e pericolosamente lungo i giorni, le settimane e gli anni. Per necessità, non per scelta o per diletto come noi oggi. Correre va bene, divertirsi anche meglio, ma se si fanno entrambe le cose consapevolmente, rendendosi conto di dove ci si trova (non solo dal punto di vista del luogo ma del contesto), secondo me riescono pure meglio.

 

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© Snow Run Resinelli

Siamo fuori, alla luce del pomeriggio ormai inoltrato (la mia prova si chiude cinque minuti sotto le due ore) e sul sentiero a zig-zag che rimonta gli ultimi cento metri di dislivello verso l’asfalto del chilometro finale. Non vale nemmeno la pena slacciare il casco, che poi dovremmo ugualmente tenere in mano, dove peraltro già tengo i ramponcini che ha ancora meno senso rimettere! Gli ultimi mille metri sono in controllo. Le mie sfide di giornata le ho già definite: alcune le ho vinte, altre le ho perse. Mi avvio senza ulteriori patemi e “pressioni” verso il traguardo ed è così che mi piace: godendomi la soddisfazione di averla finita… prima ancora di averla finita.

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© Snow Run Resinelli

 

Taglio il traguardo con la solita antiestetica smorfia di fatica e di sollievo insieme, mi faccio largo verso il ristoro per sentire il tè caldo che mi scorre dentro. Poi vado a mettermi addosso qualcosa di caldo ma più che altro di asciutto. Prima di tornare all’arrivo per una doppia razione di polenta taragna ed una ancor più provvidenziale birra, per la quale faccio una deroga alla mia antipatia per le basse temperature e me la bevo fresca, freschissima, tendenzialmente fredda. Poi ci metto un croce sopra, ma solo nel senso che tolgo il pettorale per appuntarmi addosso un’altra coccarda: duecentoquarantasette gare in sette anni e mezzo. Caro Daniel, cari amici di Team Pasturo, GSA Cometa e Falchi Lecco, tenetemi il posto perché ho tutte le intenzioni di tornare!

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© Giacomo Meneghello

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