Il tradizionale appuntamento di Carvico è un importante banco di prova in vista dei grandi appuntamenti sky e trail dell’estate.
di Stefano Gatti© Cristian Riva
Le voci del gruppetto che mi sta braccando si fanno più presenti e minacciose, quindi scarico sullo... schuss finale della Sky del Canto tutte le energie residue, prima della “esse” che porta sul traguardo ed è qui che mi imbatto in un collega che - mani contro il muro - è in preda agli spasmi dei crampi. Fermo a centocinquanta metri dalla linea d’arrivo! La gente in fondo alla strada lo incita a riprendersi. Lo faccio anch’io: rallento e mi fermo, dicendogli che - se ce la fa - lo tiro fino alla fine. Ma niente, ha bisogno di qualche altro istante ed allora mi avvio al traguardo della mia settima gara di un anno iniziato bene!
Qualcosa sta finalmente cambiando: invece che rantolare verso la linea d’arrivo, svuotato di tutto, alla Sky del Canto di Carvico (Bergamo) metto in atto lungo le ultime centinaia di metri di sentiero ed il rettifilo finale asfaltato un rush conclusivo tutto sommato dignitoso. Me ne rendo conto quando nell'ultima parte di gara riesco addirittura (come detto sopra) a guadagnare qualche posizione, mettendo a segno due o tre sorpassi, che poi non sono neanche tali in quanto resi molto semplici dai crampi altrui. Mi dispiace per i colleghi ma è il segno che la mia condotta di gara è stata invece azzeccata e che il lavoro degli ultimi mesi inizia a pagare!
Il primo sprint lo avevo fatto qualche ora prima, per raggiungere la zona della partenza pochi secondi prima del via della prova da 39 chilometri che fa quest’anno il suo debutto nel programma della prova organizzata da Carvico Skyrunning. A mio rischio e pericolo, mi addentro nel mucchio (tra poco selvaggio) per salutare Andrea, uno dei quattro compagni di squadra della Sportiva Lanzada al via (gli altri sono Gloria, Vittorio e Pasquale) e faccio appena in tempo a togliermi di mezzo prima di… essere travolto dal gruppo che si muove al segnale dello start! Un po’ mi dispiace, non essere già in azione ma gli impegni professionali del pomeriggio-sera questa volta non mi lasciano alternativa. Senza contare che - traccia gps alla mano - ho pensato di scegliere la classica distanza dei ventidue chilometri che mi sembra offrire il giusto compromesso tra logicità dell’itinerario e portata fisica e mentale dell’impegno. Magari sbaglio ma, a livello di scelte, ultimamente assegno importanza crescente alla qualità della prova, rispetto al semplice macinare chilometri a testa bassa e basta.
© Cinzia Corona
Le voci ed i suoni del… Canto sono echi ormai lontani ma non abbastanza da non provare a fare silenzio e riascoltarli, prima di andare oltre, verso i prossimi appuntamenti. Sì perché la Sky del Canto non si scorda facilmente e continua - anno dopo anno - ad essere un appuntamento al quale rimanere fedeli. Per la gara, naturalmente, ma anche per le atmosfere… di cui sopra. Una montagna spazialmente ben delimitata, alta settecento metri, che fa da cerniera tra la pianura e le Prealpi e - proprio per questo - rappresenta ad inizio primavera il primo gradino di una rampa (e qui ce ne sono tante) verso i grandi appuntamenti sky e trail dell’estate. Mi muovo tra le vie di Carvico come se scendessi a prendere il pane sotto casa e probabilmente sarà così lungo il percorso ma… sarà invece meglio fare molta attenzione, una volta in gara. Perché il terreno sul quale si svolge la "Sky" è parecchio vario ed impegnativo, con continui saliscendi, rampe “assassine” e discese da massima concentrazione. Sia quelle su sentierini single track, sia quelle su mulattiera. Per non parlare dei veloci traversi nel bosco (specialmente quelli sul versante nord di questo rilievo isolato) e dei tratti di acciottolato. Mi ricorderò tra l’altro solo al momento di affrontarle - per fortuna - che le due salite più dure e la discesa più insidiosa si trovano nella seconda parte di gara: anzi proprio nel finale!
© Cinzia Corona
La partenza è come sempre bella adrenalinica ed affollata ma bastano le prime impennate della strada per sgranare il gruppo ed in buona sostanza assegnare a ciascuno di noi la propria posizione nella corsa. Cerco di impormi un avvio “cauteloso” ma poi in fondo è l’inerzia stessa della gara che ti trascina in avanti e non ti permette subito di trovare il tuo ritmo. La prima notizia buona arriva dalle condizioni del tracciato: la perturbazione che ha colpito tutta l’Italia settentrionale qui non ha infierito più di tanto. Niente fango, insomma! Primo passaggio in vetta al Canto, poi già a tutta, per un altro giro di giostra! Dopo pochi chilometri mi raggiunge l’amico Ivan Crippa che ho conosciuto proprio un anno fa da queste parti, quando la gara - causa restrizioni legate all’emergenza sanitaria - era andata in scena nell’insolita collocazione di metà maggio: ben più calda e ben più...verde! Nel senso della vegetazione, naturalmente. Scambiamo qualche battuta insieme, condividiamo un paio di chilometri di gara, poi alla prima occasione gli cedo… volentieri il passo. Raggiungiamo grossomodo la boa di metà gara al termine del tratto di acciottolato (che a me fa sempre l’effetto-lavatrice o meglio - beh, insomma - frullatore) che “atterra” nello slargo davanti all’Abbazia medioevale di Fontanella.
© Cristian Riva
Il successivo ma purtroppo breve tratto di asfalto bello liscio mi rimette in squadra ma è solo la premessa di nuovi sentieri e nuovi saliscendi. Per raggiungere il ristoro di Torre San Giovanni dobbiamo affrontare una secca rampa a base di lastre di pietra che prendo al centro, dove la pavimentazione è appena più agevole, in qualche modo risucchiati verso l'alto dall’incitamento della “torcida” orobica. È uno dei momenti più impegnativi della giornata: ripensandoci a freddo, ero convinto di essere a mezzacosta sulla montagna. Invece mi trovavo alle porte della pianura e del paese di Sotto il Monte Giovanni XXIII, noto appunto per aver dato i natali al "Papa buono", anzi a San Giovanni. Ed è proprio subito dopo aver lasciato il ristoro - rincuorato da un bicchierone di tè caldo - che l'onnipresente amico fotografo Cristian Riva mi strappa un sorriso ed una battuta:
-"Non te ne perdi una, eh?"
-"Certo, contro... ogni logica!"
© Cristian Riva
Mica è finita. Raggiungiamo al termine dell’ennesimo saliscendi il Santuario della Madonna delle Caneve. Siamo di fatto ad un chilometro in linea d’aria dal traguardo ma… veniamo inesorabilmente invitati ad ignorare l’invitante strada in discesa per imboccare invece una nuova salita: quella che - lungo una rampa senza sconti - porta di nuovo in quota. Mi impongo di salire in modo il più possibile fluido e progressivo e di evitare pericolosi "fuorigiri". Sotto i primi e per fortuna rari fiocchi di una breve precipitazione nevosa, scolliniamo per la seconda volta nei pressi della vetta del Canto. È uno dei tratti di gara che ricordo con maggior piacere, forse anche perché ormai oggettivamente non troppo lontano dalla meta. Rigenerato dalla prospettiva, affronto in condizioni decenti la picchiata finale su Carvico, che prendo però con mille cautele. La spia della riserva non si accende ancora: molto bene! Ne ho ancora abbastanza per viaggiare in scioltezza lungo gli ultimi tre chilometri in falsopiano o quasi. Metto a segno quei due o tre sorpassi senza troppo merito di cui all’inizio (ai danni dei colleghi assaliti dai crampi), poi provo a tirare fuori un sorriso stiracchiato per il passaggio davanti alla fotocellula della linea d’arrivo e per l'intervista... di rito dello speker ufficiale (e buon amico) Tony Tranquillo. Stanco sì, esausto neanche per idea. Sette gare in otto settimane, non mi posso lamentare. La stagione è ancora lunga, ho intenzione di farmela tutta di corsa!
© Cristian Riva