IL LIBRO

 Democrazia del trauma: "Vulnerabile", storie di riscatto attraverso la corsa e lo sport

Dodici esempi di rinascita possibile (più una, la sua) scovati e raccontati da Alberto Ferretto nel suo libro "curvo come la vita"

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 Democrazia del trauma: "Vulnerabile", storie di riscatto attraverso la corsa e lo sport - foto 1
© Archivio Alberto Ferretto

“Che può essere ferito, attaccato, danneggiato. E per estensione: fragile e sensibile”. A questa definizione classica (da dizionario) del termine “vulnerabile”, Alberto Ferretto ne aggiunge una tutta sua: “inevitabile”. Partiamo da qui per introdurre il nostro incontro con Alberto, avvenuto nel corso di una serata all’insegna di sport e amicizia negli spazi di Runaway. Molto più di un negozio di outdoor gear: un vero e proprio “covo” milanese del mondo running e soprattutto trailrunning. Corsa in natura che scatta dal centro di Milano. La luce si è accesa quando abbiamo sentito Alberto pronunciare quella parola: "inevitabile". Come lo è stato per noi collegarla automaticamente al titolo del suo progetto, ampliando liberamente la definizione del dizionario. Lui stesso runner agonista di qualità, organizzatore di gare, oggi nelle fila del reparto marketing di HOKA Italia, Ferretto ha presentato in quella occasione “Vulnerabile”: un progetto “non voluto” (prima che un libro) dal punto di vista grafico fuori dagli schemi: interessante e straniante. Prima ancora, un progetto di natura nel vero senso del termine salvifica, scaturito da un’esperienza fortemente traumatica (un’aggressione immotivata all’uscita da un locale il primo giorno di novembre del 2018) che è costata al runner vicentino dolore, dubbi, domande. Innescando però una reazione virtuosa e di rinascita: legata alla pratica sportiva (quella della corsa), alla condivisione (decisiva quella social) e alla personalissima e irrinunciabile esigenza di trovare - in quella di altri atleti pesantemente colpiti dal destino - la rielaborazione dello stesso e poi la via d’uscita (ma non la fuga) da una sorte altrimenti molto difficile da accettare. Quantomeno una convivenza possibile.  

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© Archivio Alberto Ferretto

Strada facendo, Alberto si è reso conto che la sua ricetta poteva essere di aiuto anche ad altri. O meglio, che quello che nel frattempo (da metà gennaio 2019) era già il progetto “Vulnerabile” poteva essere rielaborato in chiave personale dal prossimo. Perché vulnerabile è davvero - nella vita di ognuno di noi - prima o poi inevitabile. Secondo quella che, riascoltando le parole di Alberto nella nostra conversazione di fine gennaio a Runaway, ci sentiamo di definire una “democrazia del trauma” che ad Alberto impedisce di “preferire” una o l’altra delle dodici storie (tredici, con la sua) da lui raccontate e a noi permette di affrontare temi delicati che la corsa può aiutare a sviscerare, andando finalmente (eravamo da anni per curiosità professionale alla ricerca di questo senso) oltre la corsa stessa come competizione, esercizio fisico, sfogo e luoghi fin troppo comuni del tipo “tagliato il traguardo mi chiedo chi me l’ha fatto fare ma un’ora dopo non vedo l’ora di ricominciare”.

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© Archivio Alberto Ferretto

Ecco, la corsa (e per estensione lo sport) è questo. Alberto Ferretto opportunamente ce lo ricorda. Ragion per cui lasciamo a lui la parola, preferendola ad una semplice recensione di un progetto-libro. Intanto, dodici storie per dodici personaggi: alcuni di loro noti a chi bazzica il mondo running e quello degli sport outdoor (come Andrea Prandi, Yulia Baykova e Andrea Lanfri), altri meno, anche molto meno, per non dire sconosciuti: una ragione in più per conoscerli meglio. Ad iniziare dallo stesso Alberto, che noi abbiamo conosciuto alla fine dello scorso mese di maggio, nel corso di una interessante giornata di corsa sul terreno lavico del versante sud dell’Etna.

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© Archivio Alberto Ferretto

VULNERABILE: NON VOLUTO E NON FINITO

Ho definito “Vulnerabile” un progetto, non un libro. Perché un progetto possono farlo in tanti, un libro è qualcosa che resta: è scritto, è stampato, ha maggiore consistenza di un progetto. Oltre che questo, per me “Vulnerabile” è una sorta di diario, iniziato come ricerca di risposta alle domande che mi ponevo e che tutte le persone che subiscono traumi si pongono. La domanda principale è: perché a me? Subito dopo viene quella legata al perché io ho reagito in una certa maniera rispetto ad altre persone che ho sentito dopo la pubblicazione sui social di un’immagine del mio volto ferito, che mi ha portato a un fitto scambio di messaggi con persone da tutta Italia che mi dicevano di essere chiuse, come bloccate e mi vedevano come un esempio, ringraziandomi per la forza che avevo dimostrato. Cosa ho fatto? Ho sostanzialmente spostato tutto il peso della questione sul mio percorso sportivo e a quel punto ho avvertito l’esigenza di avere una conferma alla mia scelta. Così mi sono messo alla ricerca di persone accomunate da queste due cose: il un trauma e la corsa.

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© Archivio Alberto Ferretto

INEVITABILE, LA DEMOCRAZIA DEL TRAUMA

La scelta è avvenuta grazie al mio percorso nella corsa come pratica. Grazie alla mia attività come organizzatore di gare e al mio attuale lavoro ho potuto creare una fitta rete di contatti in tutta Italia. Poi ho banalmente fatto ricerche su internet, ma soprattutto ho chiesto in giro a persone che reputavo sensibili al tema, che a loro volta mi hanno indirizzato ad altri, fino ad intercettare i soggetti finali. Nessuno di loro mi ha colpito di più o in maniera diversa dagli altri: ho messo il massimo rispetto in tutte le interviste. Mi hanno dato tutti la massima disponibilità. Sono entrato nelle loro case, sono stato loro ospite, ho mangiato insieme a loro e alle loro famiglie. Questo mi ha portato a tenere una linea uguale per tutti. Mi sono reso conto che - per me, almeno - il trauma non ha un peso specifico. Può assumerlo dal punto di vista visivo. I traumi più difficili però sono quelli mentali, senza dimenticare però che è sempre tutto solo soggettivo.

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Ho scritto che “Vulnerabile” è progetto non finito, mai concluso. Perché poi sostanzialmente è proprio così: sfortunatamente ci sono tantissimi casi di persone che hanno subito traumi, che però anche grazie allo sport sono rinate. Nel libro c’è un sottotitolo che recita: basta correre. Lo dico in modo un po’ provocatorio perché per me - oltre a non esistere un trauma superiore a un altro - non c’è la corsa come fine ultimo o come regola universale. Esiste invece la corsa che ha coinvolto me e i soggetti del mio progetto, ma ognuno di noi deve personalmente trovare qualcosa che banalmente lo smuova dal divano o comunque in generale nella vita. Da questo punto di vista il progetto è strapieno di spunti e mi auguro possa aiutare ognuno a trovare la sua via.

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CURVO E STORTO, COME LA VITA

Dal punto di vista della formazione scolastica (ma anche dal punto di vista lavorativo), io arrivo dalle arti visive. Ho ruotato attorno a questo mondo fin dalle scuole superiori, quindi per me la comunicazione non è solo verbale e testuale ma anche colore, sensazione (come quella tattile della carta) e anche percezione visiva. Per “Vulnerabile” mi sono messo alla ricerca di uno studio grafico che avesse caratteristiche particolari, anche bizzarre e fuori dagli schemi. Abbiamo studiato insieme una veste grafica inconsueta, che ti porta anche a ruotare il libro con dei testi curvi, stimola con certi colori determinate sensazioni e - in sintonia con quella dello studio - corrisponde alla mia visione generale del mondo grafico.

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BASTA CORRERE

All’inizio dell’anno sono diventato padre di Adele che sta benissimo, mangia e dorme... tanto! Come genitori siamo fortunati. La nostra esistenza è stata stravolta da questa grande gioia. Lavoro nel mondo che ho frequentato per anni: quello dello sport, reparto marketing di HOKA Italia. Mi occupo di movimento: non solo di corsa come performance in senso sportivo ma di corsa a trecentosessanta gradi. Il libro mi sta impegnando parecchio, e ne sono molto contento. Certo, mi porta via molto tempo: per la promozione, le serate come questa di Milano ma anche per la spedizione. Perché ho deciso di farmene carico in prima persona, senza avvalermi di intermediari, così da non erodere le entrate, che sono tutte destinate alla Croce Rossa Italiana e al Comitato di Vicenza i particolare. E poi…, beh poi corro! Eh sì, trovo anche il tempo di correre: devo farlo, altrimenti…vado fuori di testa!

“Se la odiate perché preferite altro è ok,

ma se la odiate per pigrizia state attenti”

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