Il presidente nerazzurro ha parlato a margine del 'Festival della Serie A' in corso a Parma: dal nuovo tecnico alle tempistiche dell'addio di Simone
Dopo giorni sulle montagne russe, Beppe Marotta torna a parlare e provare a fare chiarezza sugli ultimi 5 giorni che hanno scombussolato il mondo Inter. Il presidente nerazzurro ha aprlato così a margine del 'Festival della Serie A' in corso a Parma. Il numero uno del club ha commentato così lo scetticismo di tifosi e stampa sulla decisioni post Monaco: "La risposta è semplice: è normale. Nel calcio se vinci sei bravo, se perdi molto di meno. È rimasto l'amaro in bocca a tutti per la nostra debacle di sette giorni fa, ma fa parte del calcio. Essere arrivati secondi non è un fallimento ma motivo d'orgoglio; essere arrivati in finale di Champions, che è la competizione più importante per club, è straordinario. Ed è ancora più straordinario averlo fatto per due volte in tre anni. Bisogna esaminare anche questo. Vero, c'è amarezza e profonda delusione, ma dico con decisione che la nostra stagione, che non è ancora conclusa perché ci sarà il primo Mondiale per Club dove noi e la Juve rappresenteremo l'Italia, è motivo d'orgoglio".
Poi Marotta entra nel dettaglio della scelta di Simone inzaghi di dire addio e delle difficoltà di trovare un sostituto: "Il calcio è un mondo dove tutto si brucia con velocità estrema, ma martedì noi abbiamo assistito ad una dichiarazione del nostro allenatore (Inzaghi, ndr), che è stato l'attore principale, il quale ci ha detto 'Credo di ritenere finito il mio ciclo nell'Inter e preferisco fare una nuova esperienza'. Molti sostengano che ce lo potessimo immaginare, ma non è così perché l'avvicinamento alla finale ci ha portato a non toccare questo argomento nella settimana precedente. Dico con altrettanta schiettezza che Inzaghi ha preso questa decisione solo il lunedì successivo alla sconfitta col PSG".
Leggendo i giornali si parla di scettiscismo e confusione, ma abbiamo semplicemente incassato questa decisione che ci ha trovato parzialmente preparati, perché non c'era la certezza dell'addio, e ci siamo mossi. I giornali hanno dato i nomi più svariati, ma tutti profili completamente diversi. La prima cosa che va identificata quando si cambia un allenatore è identificarne il profilo, che è conseguenza di una strategia e delle linee guida. Dopo che il management ha delineato la strategia, allora si va sul profilo adatto: ci serviva un allenatore giovane che sposasse in pieno le linee guida della società e che mettesse in atto una valorizzazione del patrimonio giovanile. Chivu non è un ripiego, vista l'indisponibilità di Fabregas abbiamo optato per la seconda possibilità che avevamo in mente. Grazie anche alla disponibilità del Parma abbiamo accelerato, incontrato lui e fatto i programmi. Mi auguro che in un giorno o due di arrivare all'ufficialità.
L'Inter è un grande club e ha l'obbligo di partecipare alle competizioni tentando di vincere, e per questo sono necessarie tante qualità. Qualità che abbiamo ritenuto ci fossero nel caso di Chivu, di cui non posso dare ancora l'ufficialità perché c'è un aspetto burocratico sul tesseramento da superare con il Parma, ma chiuderemo con lui. È il profilo adatto per gli obiettivi che ho elencato. Non è una forma di confusione, ma di coraggio, che è insito nei leader. L'importante è che ci sia una società forte, una proprietà forte e un programma ben definito".