F1

F1, Grosjean dopo lo schianto: "Non sono più lo stesso. Ho visto la morte da troppo vicino"

"Ho bisogno di tornare in macchina per sapere cosa sono capace di fare, se voglio ancora farlo e se non ho paura"

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Romain Grosjean è stato dimesso dall'ospedale dopo il terribile schianto di domenica scorsa, ma l'incidente ha lasciato un segno indelebile nei suoi ricordi e non solo. "Fisicamente va bene, ma ho visto la morte troppo da vicino - ha raccontato ad Afp -. Non si può viverla ed essere la stessa persona". "La mano sinistra è abbastanza danneggiata mentre la destra va meglio - ha aggiunto -. Poi c'è una distorsione alla caviglia sinistra e il ginocchio sinistro è gonfio, ma non e' una grande preoccupazione". "Il dolore è molto sopportabile, sono sotto antidolorifici - ha continuato il francese -. Ora la priorità è prendermi cura delle mani per cercare di essere al via del Gp di Abu Dhabi ma anche per i 50 o 55 anni che mi rimangono". 

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Poi qualche parola sulla terribile esperienza vissuta dopo l'incidente. "L'impatto non è il più violento che abbia mai conosciuto nella mia carriera, anche se le g lo indicano perché la decelerazione è stata di 53 volte il peso del mio corpo - ha raccontato Grosjean -. Mi slaccio subito la cintura di sicurezza, provo a uscire dall'auto ma mi sento bloccato e decido di aspettare. Vedo però subito il fuoco e penso a Niki Lauda". "'Non posso finire così, non ora', mi dico. Provo ad uscire di nuovo, non funziona, mi siedo e vedo la morte, non da vicino, ma da troppo vicino - ha proseguito -. E' una sensazione che non auguro a nessuno." "Mi chiedo dove comincerò a bruciare, se avrebbe fatto male - ha aggiunto Grosjean, rivelando di aver preso forza dal pensiero dei tre figli -. Mi dico che non posso lasciarli, e lì trovo la risorsa per tirarmi fuori fuori dall'abitacolo". "Quando esco sento un gran sollievo, vivrò", ricorda il pilota.

"Ora seguo le indicazioni dei medici per riprendermi il più rapidamente possibile - ha spiegato il pilota -. Non ho incubi, pensieri, lampi o paura, ma questo non significa che non arriverà ed è per questo che continuo a lavorare anche con un psicologo dello sport" "Ho detto alla mia famiglia che ho anche bisogno di tornare in macchina per sapere cosa sono capace di fare, se voglio ancora farlo, se la passione c'e' ancora e se non ho paura", ha concluso. 

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