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Industria

Cina contro Europa: l’auto premium è a rischio (e non ce ne siamo accorti)

Marchi come BYD e Xiaomi - specializzato in telefonia - stanno offrendo lo stesso livello tecnologico a metà del prezzo: il valore percepito crolla e i costruttori europei rischiano di perdere una generazione di clienti.

di Tommaso Marcoli
10 Nov 2025 - 09:23
 © Getty Images

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Quando nel 2007 Apple presentò l’iPhone, il prezzo al pubblico di 499 dollari sembrava un azzardo. Un produttore di computer che si mette a fare telefoni sfidando i colossi del settore con una tecnologia inedita: il touchscreen. Sostituire le tastiere con lo schermo sembrava impensabile. Eppure, non solo oggi non riusciamo a immaginare uno smartphone altrimenti, ma spendiamo oltre 1.200 euro per l’ultimo modello senza battere ciglio. Apple ha riscritto il valore della percezione: ha insegnato ai consumatori cosa merita un prezzo premium. Nel settore automotive sta accadendo l’opposto. La Cina sta abbassando l’asticella, convincendo il pubblico che le auto possono costare molto meno. E improvvisamente l’Europa appare fuori mercato.
Il modello che spiega tutto
La Harvard Business School lo chiama “Value Stick”: tre linee — costo di produzione, prezzo di vendita e disponibilità a pagare del cliente — e due spazi strategici. Le aziende vincono abbassando i costi o aumentando il valore percepito. Per anni i marchi europei, Mercedes in testa, hanno dominato questa seconda via. Tecnologia superiore, cura maniacale dei dettagli, un’aura di prestigio che giustificava listini più alti.
La strategia cinese funziona già
La Cina ha fatto ciò che le riesce meglio, la leadership di costo. Integrazione verticale delle batterie (BYD produce internamente fino al 90% dei componenti), filiere iper-compatte attorno agli stabilimenti, sviluppo di un modello accelerato e una scala produttiva senza paragoni. Milioni di veicoli elettrici venduti in patria, contro numeri molto più modesti in Europa. Risultato: auto dal 20 al 50% più economiche. Ma la sorpresa è che non sono più così tanto peggiori. Sicurezza, software, finiture. In buona parte il prodotto è allineato ai concorrenti occidentali. Il caso Xiaomi SU7 è emblematico: tecnologia da super-premium a un quarto del costo di una Porsche Taycan. Certo, le prestazioni pure non sono l'unico elemento d'acquisto e in termini di qualità di guida l'automobile europea resta nettamente superiore.
Il crollo della narrazione premium
Quando offerte così aggressive arrivano sul mercato, cambia la psicologia del consumatore. E la domanda diventa inevitabile: vale davvero la pena spendere di più per il solo marchio? Se la tecnologia e l’esperienza d’uso si equivalgono, il sovrapprezzo europeo appare sempre più immotivato. Questo ragionamento vale, soprattutto, per le automobili elettriche ed ibride plug-in. In questo specifico campo d'applicazione, la Cina ha investito molte delle sue risorse costruendo un ecosistema produttivo efficiente ed efficace. La continua penetrazione nel mercato europeo (e la conseguente difficoltà dei nostri marchi) è anche dovuta a un'azione politica comunitaria miope e ideologica che ha fortemente contrastato il motore a combustione - qui l'Europa resta e resterà imbattibile - per favorire la diffusione di una mobilità "sostenibile". Essa coincide, secondo loro, con l'automobile elettrica il cui primato produttivo, come detto, è della Cina.  
La Cina impara il valore del brand
Per decenni la forza dei costruttori occidentali è stata l’immagine, non solo il prodotto e i produttori europei si sono goduti gli allori senza avvertire il pericolo. Ora però la Cina sta recuperando terreno anche su questo fronte con tecnologia avanzata e prezzi accessibili che generano fiducia e reputazione. Il timore dell’industria europea è chiaro perché se Pechino unisce brand forte e costi imbattibili, la partita è chiusa prima di cominciare.
L’Europa corre ai ripari
Investimenti urgenti in software e digitalizzazione per recuperare valore percepito, drastici tagli ai costi per difendere i margini, fuga verso l’alto — concentrarsi sul lusso — queste le contromisure messe in atto dall'industria dell'auto UE. Ma è una strategia che rischia di tagliare fuori una generazione di acquirenti e ridurre la scala, proprio quando servirebbe l’opposto. La battaglia del futuro dell’auto si gioca sul valore, più che sul prezzo. E stavolta l’Europa non ha più la certezza di essere in vantaggio.

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