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Italia, Mancini punta in alto: "Vogliamo vincere gli Europei"

Per il ct azzurro lezione a Riyad di fronte a una rappresentanza di tecnici degli Emirati Arabi: "La fine di Supercoppa sarà un grande match"

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Da Riyad Roberto Mancini fissa l'obiettivo dell'Italia a Euro 2020i. "Noi dobbiamo partire per vincere perché siamo l’Italia - ha spiegato -. Riuscire a vincere gli Europei dopo non aver giocato i Mondiali non è facile, ma sta a noi". "Crediamo nelle nostre possibilità e vedremo come andrà - ha aggiunto -. Quando si inizia un torneo bisogna puntare al massimo specialmente l’Italia che ha avuto un grande passato e vuole avere anche un grande futuro". Poi sulla finale di Supercoppa tra Juve e Lazio: "Sarri e Inzaghi sono due allenatori validi con due sistemi di gioco diversi. Sarà un grande match e sarà bello rivederli dopo che si sono sfidati due settimane fa".

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"Chi fa l’allenatore deve credere nelle proprie qualità e pensare in modo positivo - ha proseguito il ct tenendo una lezione di fronte a una rappresentanza di tecnici degli Emirati Arabi -. Ho preso la Nazionale in un momento delicato e ho pensato che l’unico modo per uscire da una situazione difficile era puntare sui giovani, anche con poca esperienza, ma tecnicamente bravi". "Volevo riavvicinare i tifosi alla Nazionale ed è andata bene - ha aggiunto -. Sono stati bravi i ragazzi che hanno trovato una buona coesione e hanno iniziato a giocare bene. Poteva anche andare male, ma io ho creduto in questi ragazzi e loro sono stati bravi. E’ andato tutto bene". Quanto ai moduli, Mancini ha le idee chiare: "Abbiamo puntato su un tipo di sistema, il 4-3-3, che era buono per i giocatori tecnici che avevamo in mezzo e non volevamo lasciarli scoperti nella fase difensiva. Così difendiamo in maniera diversa da come attacchiamo: pressiamo alti e ci difendiamo alti. Il modulo può cambiare, ma la cosa fondamentale è la mentalità. Abbiamo provato a fare qualcosa di diverso rispetto al passato". "Ogni allenatore ha un suo sistema preferito, ma deve anche adattarsi alle caratteristiche dei giocatori - ha precisato  -. Un allenatore non può imporre un sistema di gioco se non ha i calciatori adatti. Un allenatore in un club cerca di far comprare i calciatori che uno vuole, mentre in Nazionale è più semplice perché uno può avere i giocatori che vuole prendendoseli da solo".

"Allenare la Nazionale è bello e importante, un grande onore. Non è semplice e banale arrivare su quella panchina e ho creduto molto nelle possibilità dei ragazzi che volevo chiamare - ha continuato il ct -. Le cose difficili sono le più belle da risolvere per me. Quando si fa una scelta si fa perché è una bella sfida da vincere, altre perché c’è un bel progetto del club, per costruire qualcosa che rimanga". "I segreti del successo per avere un rendimento costante? Bisogna avere buoni giocatori e poi un buono staff di preparatori atletici perché la stagione è lunga e i momenti difficili arrivano - ha spiegato il Mancio -. Avere uno staff esperto che conosce come si affrontano le difficoltà è una cosa cruciale: bisogna avere un ritmo buono, non accelerazioni e frenate, e questo si può ottenere solo se ci si allena bene e si lavora forte". E per raggiungere gli obiettivi Mancini bada sempre sia alla forma che alla sostanza. "La convocazione di Quagliarella? Era il capocannoniere del campionato e lo scorso anno poteva essere importante per l’Italia. Noi siamo aperti quando c’è da chiamare qualcuno che può darci una mano, anche se è esperto o non è con noi da tanto tempo". 

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Poi qualche riflessione sul passaggio da giocatore ad allenatore. "Se uno decide di fare il tecnico dopo aver fatto il calciatore non è facile all’inizio, ma poi l’esperienza ti aiuta a fare meno errori, a capire di più i giocatori - ha spiegato Mancini -. I primi anni dopo il ritiro da calciatore è complicato e non tutto è scontato perché all’inizio uno pensa sempre come un giocatore". "Poi attraverso gli errori migliori: aver giocato ti dà più sicurezza e ti garantisce più rispetto da parte della squadra anche se il rispetto te lo devi guadagnare sul campo", ha aggiunto. "L'allenatore che mi ha fatto crescere di più? - ha proseguito -. Io ho avuto Boskov ed Eriksson per molti anni, due tecnici molto diversi sia nel sistema di gioco che nel metodo. Poi ho avuto la fortuna di lavorare in Nazionale con Sacchi che ha cambiato il calcio in Italia. La somma di questi tre allenatori mi ha fatto migliorare".

 

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