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L'INTERVISTA

Ibrahimovic e il nuovo rapporto con il Milan: "Voglio tornare a vincere, ma preferisco essere più soft con i giocatori"

Il campione svedese ha parlato del proprio ruolo in società: "C’è un allenatore, se posso aiutare senza disturbarlo lo faccio. Ma non vai sopra l’allenatore, lo metti solo in difficoltà"

10 Ott 2025 - 09:01

Zlatan Ibrahimovic è cambiato, forse soltanto un poco: più lavoro dietro le quinte, più spazio al gruppo, ma sempre con il chiodo fisso di vincere. Il campione svedese non ha mai smesso di seguire il Milan e, dopo averci messo spesso la faccia, ha deciso di proseguire in qualità di consulente di RedBird lasciando soltanto in parte l'onere di andare davanti alle telecamere a parlare.

"La società ha aggiunto quello che mancava, adesso c’è una figura che sta sempre a contatto con giocatori e allenatore, è Igli Tare e lo fa bene. Io vengo qui a Casa Milan, a volte vado a Milanello: parlo tutti i giorni con Furlani e con Gerry che è molto coinvolto, studiamo cosa serve per migliorare il Milan, facciamo delle strategie, alla fine decide Gerry, però si fida molto di chi è in società - ha spiegato Ibrahimovic in un'intervista a La Gazzetta dello Sport -. E poi sono coinvolto anche nella parte corporate e nell’area entertainment di RedBird. Sono una persona che, se non conosce una cosa, sta zitta, guarda e impara. Certo in altre aree ho più esperienza e parlo di più, o molto di più". 

Ciò che non è sicuramente cambiato di Ibrahimovic è il carisma e quella voglia innata di vincere. Nonostante sia ancora cauto sul parlare di scudetto, l'ex attaccante rossonero vuole che la sua squadra torni in vetta e lo faccia a lungo, per regalare nuovi successi: "Il Dna del Milan è vincere, soprattutto in Europa, e là dobbiamo tornare. Nessuno vuole cambiare il Milan, la sua cultura o la sua tradizione. Anche perché le do una regola: nessuno cambia il Milan, è il Milan che cambia te. A Milanello senti profumo di vittoria, dopo che sei stato lì non resti lo stesso calciatore. A Milanello, dal cuoco al giardiniere tutti fanno in modo che Allegri e la squadra possano esprimersi al meglio".

A proposito di Allegri, Ibra non ha alcuna intenzione di interferire sulle scelte dell'allenatore, eppure dopo la sfida di Torino contro la Juventus nello spogliatoio era presente, per una volta non attaccando l'ex collega di reparto Rafael Leao: "C’è un allenatore, se posso aiutare senza disturbarlo lo faccio. Ma non vai sopra l’allenatore, lo metti solo in difficoltà. Io posso essere più amico di lui dei giocatori, ma sono sempre Ibra con l’esperienza di Ibra. Prima avevo solo una modalità strong, col tempo ho imparato che per entrare nella testa dei giocatori a volte devi essere più soft. E devi insistere - ha aggiunto Ibrahimovic -. A Torino ero nello spogliatoio. Erano tutti arrabbiati, tutti, Allegri, perché si poteva vincere. E anche Leao che aveva sbagliato due gol. Ricordiamoci che durante la preparazione era il migliore, poi è stato fuori due mesi, ora deve tornare in forma. Chiaro che ci aspettiamo la magia, perché Leao è magia! Chiaro che parleremo sempre di lui, perché è uno dei giocatori più forti al mondo e non lo dico per marketing, ma perché ho giocato a calcio. L’ho visto ragazzino, adesso ha due figli: è un percorso. Dicono che ha già 26 anni, ma io sono diventato maturo a 28 anni. E comunque quando abbiamo vinto lo scudetto posso dire che lo ha vinto da solo...".

Da vero campione infine Ibra sa comprendere chi ha stoffa e per questi ha rispetto, come nel caso di Luka Modric che si sta prendendo il Milan sulle spalle nonostante sia giunto in rossonero da pochi mesi. Un grande rispetto nonostante un carattere opposto rispetto allo svedese: "Siamo diversi, lui è leader in campo, fuori si prende poco spazio, ma ha portato l’esperienza che mancava. Anche se non avesse giocato da 'wow' solo standogli vicino ti avrebbe dato qualcosa. In campo gli abbiamo detto 'entra e fai tu'. Se sono stupito di come sta giocando? No, lui gioca così da vent’anni. Molti restano al top due anni poi non li vedi più. Altri stanno in alto per vent’anni e sono i veri campioni anche se non vincono il Pallone d’oro: uno ce l’ha di fronte".