L'intensità chiesta da Conte è ancora intermittente ma la retroguardia porta risultati: ora tocca all'attacco
L'allarme "Slavia Praga" era suonato forte in casa Inter e il secondo impegno infrasettimanale della stagione ha parzialmente confermato che i lavori sono ancora in corso, più sulla mentalità che fisicamente. L'intensità a tutto campo che richiede Antonio Conte non è stata interamente assimilata e, contro una squadra tecnica e organizzata come la Lazio, è normale soffrire anche più del dovuto: il nocciolo della questione nerazzurra (tenendo conto che siamo solo a settembre) sta tutto lì.
L'ingresso di Sensi ha dato una grossa mano ad una squadra più quadrata che qualitativa, ma la svolta mentale nella ripresa, grazie anche al calo biancoceleste e ai cambi infruttuosi di Inzaghi, hanno ristabilito quell'ordine che il tecnico interista ha visto solo a sprazzi nella serata che ha comunque consegnato la quinta vittoria su cinque partite di campionato.
Le buone notizie arrivano, una volta in più, dalla retroguardia: blindata, come recita il tabellino, ma pure aggrappata alle parate di Handanovic e alla capacità realizzativa considerando D'Ambrosio quinto di difesa. Bene anche la crescita di Barella, sempre più a suo agio nell'instancabile lavoro a tutto campo, al contrario della sterilità offensiva dove Politano e Lautaro Martinez sembrano trovarsi meglio a "ruoli" invertiti: il primo da subentrante, il secondo da titolare.
Passi avanti sono dunque necessari in vista dei match contro Barcellona e Juventus (che comunque non sono al massimo della forma) e sono necessari più che altro per la crescita complessiva del gruppo visto che un inizio di stagione del genere non è una novità assoluta, anzi. Il primo Spalletti aveva iniziato più o meno alla stessa maniera con 12 vittorie e quattro pareggi nelle prime sedici partite (alcune di misura, contando su Handanovic) prima del crollo invernale: quello che Conte vuole evitare per questa stagione.