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ATLETICA

Fabbri ha ritrovato il fuoco dentro e l'anno prossimo non vuole perdere niente

Intervista esclusiva al lanciatore azzurro reduce dall'eccellente bronzo nei mondiali di Tokyo

di Ferdinando Savarese
13 Ott 2025 - 11:25
 © Getty Images

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Leonardo Fabbri ha conquistato la medaglia di bronzo nel getto del peso dei campionati mondiali di Tokyo, terzo podio iridato della suo palmares dopo l'argento della precedente edizione all'aperto di Budapest nel 2023 e l'altro bronzo indoor di Glasgow 2024, chiudendo una stagione lunga e complicata da problemi di vario genere che gli hanno condizionato le grandi manifestazioni al coperto, ma che l'ha visto in ogni caso per la prima volta in carriera chiudere da primatista stagionale mondiale con la misura di 22.82, realizzata nel corso degli Assoluti di Caorle a inizio agosto.

Per il 28enne lanciatore toscano di Bagno a Ripoli in provincia di Firenze, un anno forse condizionato da quello precedente che aveva segnato la sua definitiva consacrazione tra i più forti specialisti al mondo, contraddistinto oltre al già citato bronzo mondiale al coperto in Scozia, dal titolo europeo a Roma, dalla conquista del trofeo della Diamond League a Bruxelles preceduta da tantissime vittorie nei più importanti meeting internazionali, dalla realizzazione del primato italiano 37 anni dopo il suo mito Andrei, con l'unica grande delusione provata nella finale olimpica di Parigi rovinata dalla sfortuna per un nullo iniziale di un lancio lunghissimo, oltre che dalla successiva pioggia improvvisa che ha alterato la gara.

Dopo il ritorno dal Giappone si sta rilassando in vista delle future prossime sfide della nuova stagione, cercando pure di promuovere l'immagine dell'atletica in vari eventi, come nei recenti campionati italiani cadetti svolti a Viareggio dove è stato testimone all'inaugurazione, ma anche nel Festival dello Sport di Trento, forte dell'ottimismo e della serenità che solo i grandi campioni sanno avere.

© Grana/Fidal

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Leo una stagione chiusa da leader stagionale mondiale come misura e un eccellente bronzo ai mondiali di Tokyo. Sei totalmente soddisfatto del tuo 2025 o hai qualche rammarico?

"E' inutile nascondere che dopo l'anno scorso sia io che il mio staff avessimo aspettative molto più ambiziose di quanto alla fine accaduto, ma in effetti il 2025 è stato sempre piuttosto in salita per vari problemi, tra cui soprattutto quello che in gara mi è venuta spesso la paura di sbagliare, derivante in particolare dal nullo nel primo lancio delle Olimpiadi di Parigi che ha poi condizionato la gara più importante di una stagione peraltro eccezionale. La verità è che molto spesso sono andato in pedana lanciando quasi senza forzare, avendo alla fine la sensazione di avere reso il 50% delle mie potenzialità, e questo è accaduto specie nelle gare internazionali più importanti dove avevo maggiore pressione psicologica".

Questo il motivo per cui hai definito la finale di Tokyo quale la tua miglior gara dell'anno?

"In effetti è così. Devo dire che verso la fine della stagione, dagli Assoluti di Caorle dove ho lanciato 22.82, ho iniziato a sentirmi mentalmente meglio ma poi anche la finale della Diamond League che avrei voluto rivincere dopo l'anno scorso, non è andata bene, per cui sono arrivato in Giappone con il terrore di chiudere l'anno senza neanche un podio nei più importanti eventi. Il bronzo conquistato, pur con una misura non eccezionale, mi ha reso quindi particolarmente felice e ho giudicato quella finale quale la miglior prova dell'anno per il carattere e lo spirito con cui l'ho affrontata".

Crouser si è confermato campione del mondo con 22,34, la stessa misura con cui due anni prima hai vinto l'argento a Budapest. Ti aspettavi la sua vittoria visto che era la sua prima gara dell'anno?

"Ryan è un atleta straordinario che non fallisce mai gli appuntamenti importanti per cui ero certo, benché fosse la sua unica competizione dell'anno, che sarebbe stato in grado di lanciare nella circostanza tra i 22.30 e i 22.50, altrimenti la federazione statunitense non avrebbero deciso di lasciare a casa Kovacs che aveva vinto da pochissimo la Diamond League. La misura con cui ha vinto era più o meno quella che pensavo servisse per vincere l'oro, ed era sicuramente alla mia portata anche benché l'avvicinamento ai mondiali mi aveva trasmesso ottime sensazioni, ma la stagione era stata in ogni caso altalenante e ribadisco di essere contentissimo di come è finita a Tokyo, senza alcun rimpianto".

© Getty Images

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Si dice sempre che l'anno post olimpico riservi delle insidie per tanti atleti. E' stato così anche per te ed è dipeso più da un aspetto fisico o mentale?

"L'anno scorso è stato un anno straordinario sotto tutti punti di vista, a parte chiaramente la delusione delle Olimpiadi, ma quello che mi ha contraddistinto è stato il fatto che ogni giorno mi svegliavo con una carica interiore straordinaria, una voglia di spaccare tutto e di battere qualsiasi avversario in gara, non a caso da maggio ho realizzato una serie di 12 vittorie consecutive con tantissimi lanci ben oltre i 22 metri, serie purtroppo interrotta proprio a Parigi. Credo che in tale senso si possa dire che ho subito il contraccolpo post olimpico per l'enorme rammarico di quanto accaduto, e devo ammettere che nel 2025 quel fuoco incredibile che avevo dentro l'anno scorso l'ho smarrito, salvo averlo adesso ampiamente ritrovato anche grazie alla grande emozione provata in Giappone".

Punterai come sempre nel 2026 alla stagione indoor e poi agli europei dove c'è da confermare il titolo di Roma 2024?

"Assolutamente si, tra l'altro il prossimo anno sarà leggermente meno impegnativo per quanto riguarda le gare all'aperto, non essendoci una primaria manifestazione mondiale, ma ci saranno appunto a Birmingham in agosto gli europei, che voglio assolutamente rivincere, ma sicuramente vorrò anche rifarmi al coperto della stagione 2025 piena di contrattempi puntando a un grande risultato nei mondiali indoor di Torun, senza naturalmente dimenticare la Diamond League che ho già vinto sempre nel 2024 e che rappresenta un altro mio obiettivo".

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Tu gareggi tantissimo, in quanto nella tua specialità qualsiasi gara anche minore può essere intesa quale allenamento, ma alla fine è pur sempre una competizione agonistica. Tutto questo non crea alla lunga uno stress mentale che può essere negativo?

"Fare tante gare in realtà è molto utile per due motivi, da un lato è un modo concreto per verificare la bontà di quanto fatto in allenamento e misurare la propria forma, dall'altro è lo strumento migliore per entrare nella miglior condizione scaricando le intense sedute tecniche di preparazione. L'unico problema che un tempo pativo era l'eccessiva adrenalina accumulata durante la competizione, per cui sino all'anno scorso mi capitava spesso dopo la gara di non riuscire a dormire la notte successiva e questo era un po' debilitante, ma da quest'anno questo unico aspetto negativo l'ho risolto e adesso riesco a riposare abbastanza bene anche dopo la gara".

Si parla spesso di pedane e di adattabilità alle stesse. Ma che differenza ci può essere di fatto tra una e l'altra e quali problemi può comportare?

"In realtà il problema delle pedane è veramente molto importante e di fatto non se ne parla, ma il punto è che al di là delle dimensioni standard per tutte, il materiale cambia di volta in volta nel senso che viene realizzata con diversi tipi di cemento, senza una specifica regolamentazione da parte della federazione mondiale. Il problema nasce dal fatto che il gesto tecnico rotatorio, ormai utilizzato quasi da tutti, prevede un giro del corpo quasi a 360 gradi con i piedi che devono trovare una stabilità indispensabile che non sempre viene garantita se la pedana stessa viene costruita con materiali non idonei. In Italia c'è una grande attenzione in tal senso, e il mio stesso tecnico Paolo Dal Soglio fa spesso da consulente nel rifacimento di alcune pedane per impianti nazionali, ma ribadisco che ci vorrebbe una regola uguale per tutte".

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L'anno scorso alle Olimpiadi di Parigi abbiamo assistito a diverse scivolate sulla pedana a causa della pioggia improvvisa, e quest'anno a Tokyo voi pesisti siete stati graziati nella finale, ma tutti hanno visto cosa sia successo nella gara del disco. Anche la pioggia quindi rappresenta una variabile?

"Di fatto è un problema sempre riconducibile al materiale della pedana. Ce ne sono alcune in Italia, come quelle di Savona e di Lucca, dove addirittura i piedi fanno ancora più presa se si bagna consentendo una rotazione perfetta e ancor più veloce, mentre se prendiamo quella di Parigi l'anno scorso alle Olimpiadi o quella dei recenti campionati in Giappone, sortiscono l'effetto contrario se bagnate, vale a dire di estrema instabilità e rallentamento. Devo confessare che in Giappone, dopo le qualificazioni sotto la pioggia, ero terrorizzato nei giorni prima della finale che potesse piovere, ma per fortuna pur essendosi disputata in una giornata quasi sempre piovosa, c'è stata una pausa proprio durante la nostra gara".

Il settore dei lanci in Italia, a parte qualche raro esempio come su tutti il tuo, sta soffrendo da tanti anni e non riesce ad emergere. Cosa pensi si potrebbe fare per incentivarlo e portare più giovani a praticarlo?

"Sicuramente in Italia ci sono tanti bravi tecnici, ma a mio avviso serve un progetto più strutturato che parta da un centro federale che possa accogliere giovani promettenti per periodi più o meno lunghi, e dove siano presenti allenatori esperti che possano trasmettere la propria esperienza sia agli atleti che ai loro tecnici. Una volta c'era quello di Schio e adesso c'è quello di Tirrenia, ma alla fine sarebbe necessario investire per incentivare e questo non mi sembra accada, per cui tutto rimane ristretto alle singole situazioni che per tantissimi non sono certo ideali, e questo fa si che tanti atleti promettenti poi si perdano per strada e abbandonino perché non raggiungono i risultati sperati".

Se dovessi firmare su qualcosa per il prossimo anno sceglieresti una medaglia d'oro o un record internazionale, quello europeo per cominciare?

"L'anno prossimo non c'è niente che io non voglia vincere, neanche se gioco a briscola, per cui certamente non scelgo e punto il più in alto possibile in ogni direzione, sia di piazzamento che di prestazione tecnica con l'obiettivo anche di superare i 23 metri e il record europeo di 23.06, perché il fuoco dentro è più caldo che mai".

© Grana/Fidal

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