Intervista esclusiva alla marciatrice azzurra che si racconta con la passione di sempre e chiarisce anche il suo pensiero su Schwazer
di Ferdinando Savarese© Grana/Fidal
Antonella Palmisano è la regina italiana della marcia nel mondo, reduce dallo splendido argento conquistato nel corso dei recenti mondiali di Tokyo sui 35 km, ma che tutti i tifosi italiani ricordano ovviamente anche per la vittoria nella 20 km olimpica di Tokyo 2021, disputata per quanto riguarda la sua disciplina sulle strade di Sapporo il giorno del suo 30esimo compleanno, oltre che per lo splendido successo nella stessa distanza agli europei di Roma 2024 sul tracciato creato intorno allo stadio dei Marmi, per gli altri prestigiosi podi quali il bronzo mondiale sempre sulla 20 km a Londra 2017 e Budapest 2023, e quello europeo di Berlino 2018.
Negli ultimi giorni, un suo profondo sfogo per il fatto che un post del comitato organizzatore degli europei di Birmingham 2026, in cui è stata dimenticata tra le medaglie mondiali italiane degli ultimi campionati propria la sua, sia stato diffuso dalla Federazione Europea e quella Italiana senza che nessuno se ne accorgesse, ha creato un movimento di grande solidarietà nei suoi confronti e riportato all'attenzione il crescente disinteresse mostrato negli ultimi anni dalle principali istituzioni mondiali nei confronti della marcia, evidenziata da continui cambiamenti sulle discipline agonistiche, in particolare con la rivoluzione del prossimo anno contraddistinta dall'introduzione delle due nuove distanze, 21,097 e 42,195 km, pari a quelle della mezza e della maratona, con il Comitato olimpico che ha già pure annunciato che a Los Angeles 2028 ci sarà invece solo una prova per i marciatori, quella dei 21,097 km.
Andando oltre a tutto, la tradizione della marcia italiana non potrà mai essere cancellata come la grande carriera di un'atleta che ha sempre onorato al meglio i colori azzurri, con anche enormi sacrifici e rinunce, e che non ha nessuna intenzione di fermarsi.
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Antonella, un'altra straordinaria medaglia da aggiungere al tuo ricco palmares. Sei soddisfatta di averla conquistata in una disciplina per te nuova quale la 35 km?
"È stata una grande soddisfazione perché inizialmente mi preoccupava la distanza così lunga, che presupponeva una diversa preparazione, ma Lorenzo (marito e tecnico ndr) che mi segue solo da un paio di anni mi ha convinto che era giusto provare, proprio per avere una libertà mentale diversa, nel senso che su questa disciplina non avevo riferimenti, e sono felice che abbia avuto ragione perché, ancora una volta, ho capito che molto spesso ci poniamo dei limiti solo per una resistenza di testa".
Hai dichiarato di aver sofferto nella 20 km la stanchezza della prova sui 35. Pensi che in condizioni climatiche più favorevoli, come quelle di Sapporo nel 2021 alle Olimpiadi di Tokyo, sarebbe stato diverso?
"In effetti la grandissima umidità mi ha creato dei problemi alla fine della gara, perché ho smesso di prendere integratori prima del 15esimo km e sono arrivata molto consumata dai crampi, ma penso anche che se le due gare fossero state invertite, come sempre accaduto nelle precedenti edizioni dei mondiali, con la 20 prima della 35, avrei avuto per la mia struttura fisica certamente meno problemi e sarei stata in grado di terminarle entrambe".
Quando e perché è nata la decisione di preparare per questa stagione sia la 20 che la 35 km?
"A Parigi, la sera stessa della gara in cui mi sono ritirata, Lorenzo mi ha detto che voleva propormi qualcosa di diverso in quanto ha subito capito che non sarebbe stato facile per me andare oltre la frustrazione di quanto accaduto, perché quella competizione olimpica dove mi presentavo da campionessa l'avevo preparata tre anni, tra mille problemi, ed era stato un colpo troppo duro. Così è nata subito in lui l'idea di crearmi un nuovo stimolo, fermo restando poi che mi ha convinto anche sulla possibilità di presentarmi ai mondiali su entrambe le distanze".
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Ha molto colpito il grande affetto da te mostrato verso Maria Perez, fenomenale doppia campionessa del mondo in due edizioni consecutive e argento olimpico a Parigi nella 20 km. Come nasce la vostra amicizia?
"Per me Maria è un talento straordinario, come ne nascono pochi al mondo, a livello di Bolt o Duplantis. Tra me e lei c'è sempre stato grande rispetto e lei ha avuto verso di me grande rispetto e ammirazione a iniziare dal 2021 quando ho vinto a Tokyo, poi nel 2022 mi è stata molto vicina quando ero infortunata e dalla fine del 2023, quando ho cambiato tecnico, abbiamo pure cominciato ogni tanto a fare dei periodi di allenamento insieme, per cui la nostra amicizia si è definitivamente consolidata".
Nella prossima stagione ci sarà una rivoluzione nel mondo della marcia con l'abolizione delle distanze tradizionali e l'introduzione delle due su 21,097 e 42,195 km, vale a dire quelle della mezza e della maratona. Sembra evidente come ogni atleta dovrà fare una scelta, hai già in mente a quale delle due vorrai puntare dopo l'esperienza di quest'anno?
"Il problema è che a Los Angeles 2028 ci sarà però solo una disciplina, la 21,097 km, per cui in ogni caso tutte dovremo puntare solo a quella prova e allora, visto che sono testarda e credo tantissimo nelle mie possibilità di continuare a fare molto bene anche sulla prova più breve, l'anno prossimo vorrei preparare proprio la 21 per gli europei di Birmingham".
Si è ampiamente parlato del tuo post di accusa verso istituzioni sportive che spesso, per usare un eufemismo, appaiono distratte nei confronti della marcia e d'altra parte, c'è chi nel comitato olimpico vorrebbe addirittura togliere la disciplina dalle Olimpiadi al punto che, per Los Angeles, è prevista solo la prova sui 21,097 km. Cosa pensi si potrebbe fare in futuro per ridare la giusta attenzione alla specialità?
"Io ovviamente sarò sempre disponibile in un'ottica propositiva a dare il mio contributo, ma allo stesso tempo confido nel fatto che nella commissione degli atleti di World Athletics ci siano due marciatori, un giapponese e uno spagnolo, che potranno far valere la loro voce per provare a fermare questi continui cambiamenti sulle discipline della marcia, che certamente non fanno bene alla grande tradizione storica di questa specialità, oltre che destabilizzare i giovanissimi che vogliono approcciarla".
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Tutti gli sportivi sanno la tua età perché hai compiuto 30 anni nel giorno del tuo trionfo olimpico di Tokyo 2021. Hai lottato per poter arrivare competitiva sino a Parigi 2024 tra importanti problemi fisici, e hai fallito l'appuntamento solo per la sfortuna del Covid. Senti di avere ancora la voglia di lottare altri tre anni sino a Los Angeles 2028?
"Tra le due Olimpiadi di Tokyo e Parigi ho avuto tantissimi problemi fisici, addirittura in Giappone pur vincendo ero reduce da un anno complicato, per cui ci sono stati momenti in cui avevo perso ogni voglia di continuare specie quando dopo un intervento chirurgico non avevo risolto quasi niente. Poi però grazie anche a una serie di cambi, non solo a livello tecnico ma anche di supporto fisioterapico, nonché con l'introduzione di alcuni specifici lavori per la forza, tutto è cambiato e alla fine sono arrivata quest'anno a vivere una stagione senza intoppi reali. Quindi ora più che mai sono motivata ad andare avanti anche per ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine negli ultimi anni".
Hai parlato negli ultimi tempi anche della maternità a cui per adesso hai rinunciato, al contrario di altre tue colleghe, perché la ripresa sarebbe stata troppo impegnativa. Sei in qualche modo pentita di questa scelta o ritieni sia stata la migliore da prendere?
"Diciamo che sono sempre stata egoista verso l'Antonella donna a favore dell'Antonella atleta, ma d'altra parte ho dovuto essere molto realista a fronte anche di contratti personali non stellari che in qualche modo avrei perso, e ho fatto delle scelte a favore dell'atleta. Tra l'altro, come detto, mi è tornata un ulteriore enorme stimolo di puntare a nuovi traguardi visto che ho perso tante occasioni per motivi fisici, e quindi credo che questa strada sia ancora la più giusta".
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Sempre in tema di decisioni, due anni fa hai preso quella di lasciare il tuo storico allenatore, Patrizio Parcesepe, per essere seguita da tuo marito Lorenzo Dessi. Quanto è difficile conciliare l'affetto per il proprio compagno di vita con le quotidiane problematiche derivanti da un'attività agonistica ad altissimo livello?
"Quando ho scelto di farmi allenare da Lorenzo sapevo benissimo che sarei andata incontro a problematiche anche famigliari, perché in una coppia è difficile riuscire a prendere il comando con decisione, ed è chiaro che qualche contrasto c'è stato e c'è ancora. Però è stata certamente una decisione fondamentale, perché in qualche modo avevo perso fiducia anche per i tanti infortuni, per cui avevo perso l'indispensabile equilibrio tra corpo e mente che la collaborazione con mio marito mi ha fatto ritrovare, grazie a un lavoro paziente ma anche molto propositivo".
Lo sport, e la marcia in particolare, è stato fondamentale nella tua crescita da ragazzina in cui hai dovuto affrontare, come da te raccontato, forti conflitti con tuo padre che addirittura ti metteva in punizione quando scopriva che ti allenavi. Che messaggio vuoi trasmettere a che si trovasse nella tua stessa condizione?
"Sicuramente il rapporto con mio padre è stato molto conflittuale, ma ha anche forgiato il mio carattere e mi ha fatto diventare la donna che sono. Chi si trova nella mia stessa situazione deve reagire avendo sempre presente quali siano i suo obiettivi e dove voglia realmente arrivare, senza condizionamenti perché nessuno ci deve imporre il nostro destino. In ogni caso credo sia anche importante capire che un'esperienza negativa può tradursi in qualcosa di positivo".
La tradizione della marcia in Italia continua in ogni caso a dare importantissimi risultati, quali ovviamente il tuo ultimo ai mondiali di Tokyo, ma ci sono anche tanti giovani, sia a livello che maschile che femminile, che stanno crescendo molto bene. Cosa si può fare per spingere sempre più giovanissimi/e verso questa disciplina?
"La marcia è una disciplina stupenda e in merito io avrei delle idee per incentivarla per cui se la Federazione, e il presidente Mei in particolare, me ne daranno la possibilità sono disponibile a proporle e aiutare a realizzarle".
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Un'ultima domanda sul fatto che ieri molte testate giornalistiche hanno evidenziato una minima parte di un'altra tua intervista, dove parlavi di Alex Schwazer. Vuoi aggiungere qualcosa?
"Vorrei precisare che il mio è un pensiero di principio generale, e non specifico su Alex che non conosco. Credo che a nessun atleta, che venga riconosciuto colpevole di assunzione di sostanze dopanti, debba essere concessa una seconda possibilità, perché così facendo ha tradito i principi etici che sono alla base dello sport. Questo è quello che penso, che ovviamente vale per chiunque e credo che la mia opinione debba solo essere rispettata, come io rispetto quella diversa di altri".
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