TRAILRUNNING

Snow Run, appuntamento al buio

La nostra esperienza alla prima edizione della Snow Run ai Piani Resinelli, balcone panoramico sopra la città di Lecco. La neve è mancata ma l'itinerario ha raccolto approvazione incondizionata da top runners ed amatori

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Centoundici”! La fotografa che scatta a raffica in cima alla rampetta asfaltata che sto attaccando grida il mio numero di pettorale al volontario che, appena lo raggiungo, mi consegna al volo casco e frontale, indispensabile lasciapassare per il tratto chiave della Snow Run Resinelli che occupa per intero il mio … sabato italiano. Siamo appena oltre la boa di metà gara. Ma sarà il caso di andare per ordine.

Maia divora uno dopo l’altro i tornanti che dal fondovalle della Valsassina “scalano” la montagna fino ai milleduecento metri di quota di Piani Resinelli. La giornata è spettacolare: cielo terso, la parete sud della Grigna Meridionale a fare da straordinaria “quinta” al panorama che dalle Prealpi Lecchesi si spinge fino alla Pianura Padana, che mi sono … piuttosto volentieri lasciato indietro un’oretta fa.

Già, la Grignetta: la colossale spaccatura del Canalone Caimi, la linea evidente della cresta Cermenati, le roccette che sostengono la cima e mi fanno tornare in mente il torrido finale della Vertical del 2018: con la “torcida” che ci spingeva letteralmente in avanti, lungo le catene ed i facili (ma ormai “esausti”) passi di arrampicata verso il traguardo. Sono nel mio elemento: concentrato e rilassato al tempo stesso. In una parola: impaziente. La Snow Run va in scena senza la neve ma il suo doppio anello da quattordici chilometri e seicentocinquanta metri di dislivello positivo, con passaggio intermedio dal via, non è comunque materia da prendere sottogamba. Come era avvenuto due settimane fa in Val di Mello. Perché, prive del manto bianco, queste Snow Run non troppo lunghe e non troppo ripide … finiscono per diventare prove veloci che, in questa fase della stagione, rischiano di mandare in fuorigiri chi (come me) non è avvezzo allo scialpinismo ed alla possibilità di mantenere un alto profilo di allenamento che questa specialità offre nei mesi invernali.

Insieme ai compagni di squadra Franco e Vittorio formiamo il tris di atleti che la Sportiva Lanzada (Valmalenco) schiera oggi ai Resinelli puntando (diciamo così …) sull’esperienza …! Personalmente invece, a contribuire ad attirarmi qui (oltre alla voglia di correre sempre, comunque e dovunque) è anche la possibilità di introdurre un inedito diversivo: la Snow Run odierna infatti, appena prima del finale, prevede il passaggio all’interno di una delle miniere scavate in questa zona fin dal Diciassettesimo Secolo e poi intensivamente sfruttate nella prima metà del Novecento. Oggi sono inattive ma, messe in sicurezza e debitamente attrezzate, svolgono un’importante funzione didattica come musei a cielo aperto (aperto fa per dire …).

Per attraversarle “agonisticamente” è però necessario prendere delle precauzioni, riguardo alle quali gli organizzatori stati sono scrupolosissimi, fin dagli articoli del regolamento che infatti prevede l’obbligo di indossare il casco (da mountain bike oppure da alpinismo) e di montarci sopra una bella lampada frontale. Mi viene in aiuto il mio sportivissimo nipote Tommaso che pratica entrambe le discipline di cui sopra … e che, di caschi, me ne presta un paio. Porto entrambi e poi scelgo quello da bici che trovo più comodo e (anche l’occhio vuole la sua parte) anche più “stiloso” nella sua colorazione giallo-arancione. Certo, l’abbinamento con il rosso-bianco-nero della divisa sociale e l’azzurro della maglia ufficiale della Maratona del Cielo/Sentiero 4 luglio 2019 non è proprio il massimo. Mi servirebbe un consulente di look, e prima ancora un preparatore atletico degno di questo nome, disposto a trattare un caso disperato …

A restare nel baule, anche questa volta, ancora seminuovi, sono quindi i ramponcini. Prima del riscaldamento, lascio casco e frontale già fissata sopra … ai box, a fianco della chiesetta dei Resinelli. Li ritirerò, come tutti, al passaggio da queste parti alla boa di metà gara. In pratica, un pit stop stile Gran Premio …!

Pronti via, dunque. Un chilometro di riscaldamento “cronometrato”, fino a raggiungere l’area del Parco Valentino, doppiare il piazzale delle miniere (dove riapproderemo, al ritorno , per la volata finale), superando il famigerato “grattacielo” ed è già ora di abbandonare l’asfalto ed il piano per entrare nel vivo. Si fa subito rotta verso il Coltignone, la modesta elevazione (non arriva ai millecinquecento metri di quota) che, insieme al San Martino ed alla Corna di Medale, forma la “triade” di cime che incombe sulla sottostante Lecco e ce la nasconde alla vista. Lo risaliamo in mezzo ai boschi, con salita regolare ma comunque impegnativa. Sono partito avanti, per non restare imbottigliato e magari inciampare facendo un danno. Quindi ora rientro nei ranghi. Tradotto: mi passano a destra e pure a sinistra.

La prima parte della prova offre subito ai top runners la possibilità di fare selezione, mentre mette tutti noialtri di fronte alla consueta e pure accettabilissima realtà: voi siete dei campioni, noi no … Ma ci divertiamo uguale! E non smettiamo di inseguirvi, di corrervi dietro, di trarre ispirazione da voi. Di ispirarci tanto da … restare molto presto … senza fiato. Ogni volta, anche se ogni volta è sempre più tardi. Soprattutto per chi (come me) ha da tempo fatto il proprio ingresso negli “anta” … e neanche nella prima decina di ”anta” che si timbra nella vita!

Scolliniamo sul Coltignone senza percepire più di tanto il passaggio “in vetta” (quando non si supera la quota della vegetazione ho sempre questa strana sensazione), e poi ci tuffiamo in una velocissima discesa su sentierino singletrack. Corriamo a gruppetti e si tratta sempre di lasciare qualche metro libero da chi ti precede (se gli fossi troppo a ridosso non vedrei per tempo pietre e radici) ma con l’accortezza (se si chiude la fila) di non nascondere a mia volta eventuali ostacoli a chi mi ha messo nel mirino. Il tempo di prendere un minimo di confidenza con il terreno, come mi succede sempre, e provo a mettere in qualche modo a frutto la mia vaga predilezione per le discese. Guadagno qualche posizione, consapevole che poi magari la riperderò sulle prossime rampe …!

Esaurito il tratto più impegnativo della discesa, l’itinerario prevede il rientro alla zona di partenza/arrivo lungo ampi prati e sentieri dal sapore di corsa campestre. Per (mia) fortuna finisce presto e si torna nei boschi. Qualche baita, le prime case, poi finalmente la rampetta di cui all’inizio di queste note e la ... sosta ai box a fianco della chiesetta. Acchiappo al volo il casco e provo a tirare subito dritto tenendolo nella destra, ma mi rendo conto nel giro di poche decine di metri che è meglio allacciarmelo subito in testa, anche se verrà buono solo tra qualche chilometro, dopo aver “doppiato” Il Corno del Nibbio. Intanto la voce dello speaker sta già annunciando l’arrivo dei top runners sul traguardo: già primo quindici giorni fa in Val di Mello, Luca Del Pero porta a casa un altro successo per i Falchi di Lecco che occupano anche il terzo gradino del podio con Lorenzo Beltrami. Insieme a loro l’intramontabile Marco De Gasperi (Team Nortec) che chiude la prova a nemmeno due minuti da Del Pero, il cui tempo finale supera appena l’ora di gara …! A me serviranno quarantadue minuti di più, per "portarla a casa", ma pazienza …

Dalle mie parti, intanto, il traverso in mezzo al bosco si interrompe all’improvviso con … l’ingresso nella pancia della montagna. Accendo la frontale e mi ci tuffo dentro, all’inseguimento di chi mi precede. Mi aspettavo una comoda galleria, dritta e scorrevole ma … niente di tutto questo! La miniera è sufficientemente illuminata da lampade fissate ad una volta piuttosto bassa che costringe molti di noi a piegare la schiena e la testa, per evitare … le capocciate.

Metro dopo metro, come testimoniamo le immagini di Martina Folco Zambelli (HLMPHOTO), la galleria diventa sempre più ripida e contorta, salvo aprirsi di tanto in tanto in qualche ambiente appena più ampio e “luminoso”. E se l’ingresso della galleria era un po’ da film western, ora a venirmi in mente sono certe scene di Sylvester Stallone nel primo episodio della saga di Rambo …! Ammetto di preferire di gran lunga il cielo sopra la testa ma riesco comunque a trovarmi a mio agio in questo tratto potenzialmente claustrofobico. Anzi, me lo sto godendo fino in fondo. Per certi versi, mi sembra una versione “primordiale” dei passaggi nelle cantine del Valtellina Wine Trail di novembre …

Intanto anche le più forti tra le ragazze hanno completato la loro fatica. Giovanissima e promettente, Irene Mantica (27esima assoluta, tra l’altro) regala la vittoria al Team Pasturo che, “copiando” l’exploit dei Falchi al maschile, si prende anche il terzo posto con l’esperta Debora Benedetti. Non solo, come con il “Dega” a livello maschile, pure al femminile il secondo gradino del podio è … appannaggio (non si scriveva più dal 1975 o giù di lì …) di una campionessa intramontabile e valtellinese: Lucia Moraschinelli (GP Talamona).

Una specie di imbuto bello ripido lascia intuire i primi raggi di luce naturale. Spengo la frontale appena prima di sbucare all’aria aperta in pieno bosco. La salita non è terminata. Si risale a svolte regolari e finalmente si raggiunge la strada all’altezza del piazzale delle miniere. L’ultimo chilometro, su asfalto, è identico al primo, lungo via Escursionisti. Corro a slalom tra famigliole alle prese con la camminata post-prandiale. Per quanto trascurabile, la posizione al traguardo è assicurata. Mi godo gli ultimi metri con vista sulla Grignetta, i “cinque” dei bambini appena prima del traguardo, le mani sulle ginocchia ed il respiro che piano piano torna regolare. Mi incammino ancora un po’ stranito ma soddisfatto, sotto il sole, verso la macchina. Picchietto sulla tastiera qualcosa di rassicurante per Elisa: l’unica urgenza che ho addosso, adesso. Il resto è un tranquillo "terzo tempo" assolato tra amici sulla terrazza del Ristorante 2184, pensando già … alla prossima. Come sempre!

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