TRAILRUNNING

L'estate sta finendo, la corsa sui sentieri invece è appena ripartita: il racconto della "nostra" Valzurio Trail

La nostra esperienza alla Valzurio Trail sulle Orobie in provincia di Bergamo, una delle prime gare di corsa in montagna dopo il lockdown.

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Domenica 13 settembre 2020: una data da ricordare, un… assembramento - finalmente privo delle recenti connotazioni negative del termine – di eventi running. Su strada, sui sentieri, su pista. L’occasione attesa per mesi di tirare fuori le spillette ed appuntarsi finalmente un nuovo pettorale. Noi di Sportmediaset abbiamo scelto la Valzurio Trail ed ora ve la raccontiamo. Per filo (quello del discorso che finalmente riannodiamo) e per segno (quelli che la prova ci ha lasciato addosso).

Non c’è niente da fare, correre ha senso sempre, a prescindere. Ma se di mezzo c’è la sfida tutto cambia, si eleva, si sublima. Basta anche uscire in allenamento, “puntare” chi corre davanti davanti a te, tentando di ricucire lo strappo. Oppure sputare sangue per allungare il passo, quando capisci che sei tu la preda, la lepre. Non è un’ossessione: è lo spirito competitivo. Proprio quello che mi mancava da mesi, da questi mesi. Sabato 22 febbraio scorso: Resinelli Snow Run (però senza… snow) alle falde della Grigna Meridionale. Poi più nulla, si ferma tutto, riprende lentamente a parire dal mese di maggio. Metto però insieme solo tre uscite di corsa in montagna durante l’estate (così metto le mani avanti...  e i piedi pure). Intanto seguo attentamente gli sviluppi, gli sforzi di organizzatori, gruppi sportivi, enti di promozione. E il miracolo si compie. Prende forma un minicalendario di gare trail (pure qualche sky) per l’autunno e l’inverno. In cima alla lista c’è la Valzurio Trail di domenica. Ci penso ogni giorno: anche in redazione ad agosto, anche davanti alle costine ed alla polenta di Ferragosto nella baita di famiglia, al centro della Valmalenco. SI tratterà solo della gara numero cinque della stagione: a questo punto dell’anno, di solito (e così metto di nuovo le mani avanti), dovrei avere già messo uno sopra l’altro almeno una ventina di pettorali sgualciti e sudati. Stropicciati oppure strappati.

Accetto con grandissimo entusiasmo l’ospitalità di Mario Poletti che con la sua Fly-Up, il GS di Nasolino e le autorità di Oltressenda Alta, è riuscito a mettere in piedi la terza edizione della "Valzurio", spostandola dalla tradizionale data del 25 aprile a questa domenica di fine estate. Ed è così che sabato pomeriggio smaltisco le incombenze motoristiche (Formula Uno e MotoGP sono di scena al Mugello ed a Misano) e raggiungo rapidamente la Val Seriana, Orobie Bergamasche. La scelta non è caduta per caso su questo trail da ventitre chilometri e 1300 metri di dislivello positivo. Questi sono i luoghi nei quali la scorsa primavera il coronavirus ha colpito duro, durissimo. Ricominciare proprio da qui (prefendo questa prova ad un paio di possibili alternative) è il mio modo di mostrare vicinanza e fiducia. Ben poca cosa forse, ma siamo in duecentocinquanta e credo che tutti la pensino così. Questo fa già una certa differenza. La Valzurio è un solco laterale della Val Seriana stessa: molto profondo e poco conosciuto (anzi, segreto), ricchissimo d’acqua (e lo constaterò piacevolmente nell’arsura del giorno di gara). Porta dritto fino ai piedi della Presolana, la regina delle Orobie. Mario Poletti è un quattro volte vincitore del Trofeo Kima in Val Masino, una delle skyraces più ricche in assoluto  di fascino, tradizione, contenuto tecnico e sportivo. Ceniamo insieme sabato sera nella sala ristorante della Baita Valle Azzurra, gestito dalla compagna di Paolo Salvoldelli, due volte vincitore del Giro d’Italia (2002 e 2005), che ci onora della sua presenza e che domani sarà starter "di lusso"della gara. Con noi anche il giovanissimo Mattia Tanara del Team Scott che chiuderà la prova in seconda posizione alle spalle del vincitore Iacopo Brasi. Al femminile invece la tostissima Samantha Galassi farà tre su tre nella Valzurio Trail, chiudendo con la vittoria un periodo personale piuttosto tormentato.

La sveglia suona prestissimo nel minuscolo borgo di Valzurio: ho l’argento vivo addosso. Faccio tutto di corsa, zaini in macchina, caffè e crostata, via, fuori in mezz’ora scarsa. Il campo base della gara si trova nella caratteristica piazzetta di Nasolino: un gioiellino . Ritrovarsi di nuovo tutti insieme è un piacere (condiviso, appunto) che ci mancava da mesi e che aggiunge significato a significato. Ce ne sono di comuni e di molto personali, privati, da tenersi dentro. Cosa che faccio anche ora, che ognuno di noi ha fatto. Tutto avviene nel rispetto delle regole ma niente ci pesa, viene tutto naturale e spontaneo. Gesti conosciuti, procedure mandate a memoria, il conto alla rovescia verso il via, il riscaldamento. Sono di nuovo (e finalmente) strizzato dentro la divisa fasciante della Sportiva Lanzada: bianco, rosso e nero. Poi il “flash” giallo delle mie affidabilissime Scott Supertrac RC2. Mi permettono di “sentire” il terreno come piace a me ed al tempo stesso mi fanno sentire protetto dalle insidie sempre dietro l’angolo nella corsa su sentieri.

Doppio nodo alle scarpette e via!

Le ragazze partono dieci minuti prima di noi: sono una quarantina, un incoraggiante venticinque per cento del totale. Dopo cinquececento metri (da regolamento) possiamo infilare la mascherina nel primo taschino della divisa che troviamo libero da gel e barrette. Le difficoltà dell’itinerario sono concentrate nei primi sette-otto chilometri, quelli che portano a Colle Palazzo: tutti in salita con solo brevi tratti meno ripidi (persino in falsopiano) per tirare il fiato. Faccio mente locale (intanto che la testa mi assiste…) al punto panoramico che Mario mi ha segnalato la sera precedente: vista spettacolare ed inconsueta della Presolana:“di taglio”, davvero… inedita. Forse ero ancora preso da quel "miraggio" quando, all’ingresso in una pineta, appoggio male il piede sinistro e la caviglia mi ricorda dolorosamente la sua esistenza. Si tratta di “Gressoney”, come la chiamo io dopo la distorsione al Walser Trail 2019 (per la cronaca, per lo stesso motivo la destra si chiama “Livigno”, a partire dalla Skymarathon sempre del 2019 nel Piccolo Tibet). Soffoco a fatica gli improperi, poi mi ricompongo: ormai ho una certa esperienza. Riesco a mettere giù il piede. Non sembra grave. Avanti a passo di marcia, come un escursionista parecchio allenato per un chilometro. Sono caldo, non sento male, casomai stasera si gonfierà. "Stasera puoi fare quello che ti pare (arnica e ghiaccio a volontà, casomai), ma non mollarmi ora". Tutto passabilmente bene: riconfortato, riprendo a correre. Senza esagerare. Nel frattempo (causa caviglia malmessa, lunga assenza dalle gare, leggero aumento di peso con annessi sensi di colpa) sono stato risucchiato nelle retrovie del gruppo. Mica una novità assoluta, peraltro. Mi adatto alla situazione, cerco di difendermi come posso ma soprattutto non mi perdo nulla del piacere di questa bellissima, caldissima domenica orobica di metà settembre che sembra ancora agosto pieno. Oltrepasso Remescler, le Baite di Moschel (luoghi che non conosco ma ai quali mi sono già affezionato), scendo a Valzurio passando davanti alla baita ("Ciao, chi si rivede") che mi ha ospitato la notte scorsa.

Un breve ma rovente tratto asfaltato (ormai è l’ora di pranzo, al traguardo scoprirò di avere sfuorato per una cinquantina di secondi il “muro” delle quattro ore…) mi porta all’attacco di un altro muro, questa volta reale: quello in discesa - ripidissima - nel bosco che porta agli incantevoli laghetti azzurri che occupano il fondovalle. Subito prima però noto con la coda dell’occhio una farfalla bianca che vola nella stessa direzione nella quale io sto “correndo”. La sfida dura lo spazio di pochi metri e di pochi secondi ma non sto a dirvi chi abbia vinto la volata… Completo la “verticalina” al contrario giù verso i laghi, attaccandomi ai rami quando serve e pensando che è andata bene: con la pioggia (e quindi il fango) sarei… arrivato giù in un attimo ma non so bene in quali condizioni. Poi ancora una rampetta nel bosco che lascia presto spazio al selciato tra le prime case di Nasolino e all’arco del traguardo. Il tempo di riprendere fiato ed ecco che mi trovo ad impiegarlo tutto quanto per rispondere al microfono dello speaker Tony Tranquillo. La voce tonante che rimbombava già a gennaio il giorno dello Scaldagambe Winter Trail di Carvico. Ne approfitto per presentare i miei due compagni di squadra Gloria Lucchetta (ventesima di quaranta ragazze) e Vittorio Pedrazzoli che si piazza 36esimo nella generale (su 241 classificati), precedendo di una quarantina di secondi la Galassi. Sono arrivati qui dalla Valtellina, partendo ben prima dell’alba, facendo praticamente… il Giro di Lombardia. E pensare che Sondrio dista in linea d’aria una quarantina di chilometri scarsi!

 

 

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