Alex Txikon: "Per Nardi e Ballard una morte crudele"

L'alpinista basco a Marca: "Sapevamo che erano morti, ma fino all'ultimo abbiamo sperato il contrario"

  • A
  • A
  • A

Dopo tre mesi trascorsi in Pakistan (in pratica l'intero inverno), Alex Txikon è tornato in Spagna e al suo arrivo all'aeroporto madrileno di Barajas “Marca” lo ha subito intercettato per un'intervista dalla quale emergono particolari di prima mano sulla missione di soccorso e ricerca di Daniele Nardi e Tom Ballard che l'alpinista basco e il suo team hanno condotto al Nanga Parbat, abbandonando per diversi giorni la loro spedizione al K2, tesa a realizzarne la prima salita assoluta nella stagione invernale.

Questi i passaggi salienti del racconto di Txikon sull'argomento:
“Siamo stati tre giorni senza dormire, puntando lo sguardo sulla parete anche di notte in cerca di qualche segnale luminoso. Non si perde mai la speranza. Sapevamo che erano morti ma fino all'ultimo il subconscio non ti permette di abbandonare l'idea che possano essere ancora in vita. Poi, scrutando la parete, abbiamo notato le sagome. La loro è stata una morte crudele. Attaccati alle corde fisse. Daniele e Tom sono morti di ipotermia. Una morte dura, in solitudine. Hanno anche fatto dei segnali di soccorso verso il campo base. L'unico errore che hanno commesso è che in inverno, dopo le cinque del pomeriggio, se il vento cambia direzione la temperatura può scendere da trenta gradi sottozero a sessanta gradi sottozero. Questo fattore, unito alla stanchezza che i due avevano accumulato, ha fatto da detonatore”.

Nuovi dettagli quindi sulla causa della morte di Nardi e Ballard, o meglio la conferma delle voci che già erano filtrate nei giorni scorsi dal Pakistan, ma ora precisate meglio, nel clima confortevole della redazione di “Marca”. Txikon, che prima di lasciare il Pakistan aveva incontrato l'ambasciatore italiano Stefano Pontecorvo (con il quale aveva lavorato a stretto contatto nei giorni della missione di ricerca) ha confermato di non avere avuto esitazioni circa la decisione di interrompere la sua spedizione per raggiungere il Nanga Parbat: “Chiaramente no. Con Nardi eravamo stati sul Nanga nel 2016. Un'esperienza finita male. Mi sono sentito colpevole. Avrei voluto risolvere le cose altrimenti: questo rimpianto me lo porterò dentro per il resto della mia vita. Se fossi riuscito a mediare tra Nardi e Simone Moro, chissà, forse Daniele sarebbe ancora vivo”.

Nell'intervista, Txikon cerca di andare oltre, pensando al prossimo tentativo al K2 nella stagione fredda. Si dice certo che l'ultimo “Ottomila” non ancora salito in inverno possa cadere anche prima del previsto. La sua ricetta poggia su alcuni pilastri certi: la velocità, l'accuratezza delle previsioni meteo per poter sfruttare al cento per cento le “finestre” di bel tempo e la possibilità di attrezzare un paio dei campi alti con igloo al posto delle tende, per combattere il vento fortissimo che lo ha costretto quest'anno alla rinuncia. Un riferimento, questo, ancora alla tragedia di Nardi e Ballard. Che torna inevitabilmente a galla quando a Txikon viene infine chiesto cosa rimanga della sua recente avventura: “La meraviglia di svegliarsi e vedere i cristalli di ghiaccio dentro l'igloo. Porterò sempre nel cuore per il resto della mia vita la felicità per i nostri successi però anche la tragedia di quest'anno. L'inverno in Himalaya è molto duro e può essere letale. Non perdona errori”.

Commenta Disclaimer

I vostri messaggi 0 commenti