Gigi Radice, patrimonio del Toro

Il ricordo commosso dell'uomo dell'ultimo scudetto granata

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È il 16 maggio del 1976, si gioca Torino-Cesena. Finisce 1-1 e appena dopo il fischio finale si vede Gigi Radice, l'allenatore granata, dirigersi molto seccato verso il suo difensore Mozzini chiedendogli perché si era avventato goffamente di testa su un innocuo pallone spiovente in area facendo autogol e consegnando di fatto il pari ai romagnoli. Nulla di strano, normale che un mister si arrabbi per un errore in difesa, per giunta così grossolano. Ma c'è un però: nonostante quel pari casalingo, il Toro allo scadere si laureò Campione d'Italia. Non succedeva da quasi trent'anni, e quello rimane ancora oggi il primo e unico scudetto vinto dai granata dopo Superga. Eppure lui, Radice, invece che darsi alla pazza gioia si era arrabbiato per quel gol preso così stupidamente. "Mister siete campioni d'Italia", gli ripete microfono in mano il giornalista (un giovanissimo Paolo Frajese) dopo la strigliata a Mozzini. "Sì però mi spiace per questa partita... l'avevamo sbloccata bene", risponde Radice, che poi viene travolto dall'abbraccio di Paolino Pulici e dall'invasione di campo dei tifosi. E solo in quel momento il suo perfezionismo e la sua voglia di vincere ogni partita vengono sopraffatti dalla felicità.

Non ce ne vogliano i tifosi del Milan, dove vinse da giocatore scudetti e una coppa dei Campioni, e neanche quelli di Roma, Bologna, Fiorentina e delle altre squadre dove ha allenato con alterne fortune in trent'anni di carriera, ma Gigi Radice, Giggiradix, il mister dagli occhi di ghiaccio, è patrimonio del Toro.

In granata arrivò nel 1975, sostituendo il dimissionario Edmondo Fabbri che non era riuscito a farsi amare come il suo predecessore, Gustavo Giagnoni. Rispetto all'esuberante allenatore col colbacco Radice era però tutta un'altra pasta. Schivo, rigoroso, poco amante delle chiacchiere, non partì benissimo. Poi, il miracolo. Il suo Toro, un misto di tremendismo e calcio all'olandese, fantasia, concretezza e pressing, vinse uno scudetto memorabile bruciando i cuginastri bianconeri. Un Toro giovane e gagliardo, elastico ma compatto, un equilibrio tra classe e potenza. E' il Toro del giaguaro Castellini, dei due Sala -Pat e Claudio- di Zaccarelli e Pecci, degli immensi gemelli del gol Pulici e Graziani.

La stagione successiva i granata fecero anche meglio della precedente. Cinquanta punti su 60 disponibili, in qualunque altro campionato a sedici squadre con quella cifra avrebbero vinto uno scudetto. Ma il Toro è pur sempre il Toro, la jella è sempre in agguato, anche perché lassù, nell'Olimpo del calcio, c'è sempre qualcuno che ha amato di più l'altra squadra di Torino, che quella stagione riuscì a fare un punto in più.

Radice restò in granata fino al 1980, ci tornò quattro anni dopo e fu un'altra stagione memorabile. Della squadra dello scudetto era rimasto solo Zaccarelli, intorno a lui era stata costruita una squadra che fondeva giovani di belle speranze a gente di esperienza. La stella era il brasiliano Junior, mente e piedi sopraffini al centro del campo, ma brillarono anche Dossena, Schachner, Serena e una giovane coppia di terzini "made in Filadelfia", Francini e Corradini, gente che oggi sarebbe tranquillamente in nazionale. In quel campionato incredibile che incoronò il Verona il Toro giunse secondo a quattro punti dagli scaligeri. I tifosi granata imprecano ancora per lo scontro diretto perso in casa 2-1 contro la squadra di Bagnoli. Partita sfortunatissima, con un paio di pali e qualche miracolo di Garella. Ci fosse stato Mondonico avrebbe sollevato un'altra sedia al cielo.

La stagione fu tuttavia esaltante, con due vittorie simbolo: un derby rimontato allo scadere (Serena di testa su angolo di Junior) e il successo al ritorno in casa del Verona (col primo gol, bellissimo, su rovesciata sempre di Serena).

La seconda vita granata di Radice durò fino al 1989 e non finì benissimo, ma poco conta, perché ormai l'uomo dagli occhi di ghiaccio il posto nel cuore dei tifosi granata lo aveva già conquistato. Come prima era successo a Giagnoni e qualche anno dopo accadrà a Mondonico. Non è stata una bella annata per chi ama il Toro, tutti e tre i mister sono scomparsi nel giro di pochi mesi in questo 2018.

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