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SERIE A

La trattativa, la testata e il Triplete: l'interista Chivu pronto al salto di qualità

Mancini lo volle a tutti i costi, Mourinho lo portò sul tetto d'Europa, con la Primavera ha già vinto uno scudetto 

di Enzo Palladini
05 Giu 2025 - 15:21

Dall’Inter morattiana sono passati tantissimi giocatori, ma pochi hanno mantenuti impressi nell’anima quei colori e quel senso di appartenenza che Christian Chivu ha voglia di ridistribuire nello spogliatoio nerazzurro. Pillole di interismo che riavvolgono il film della memoria, riportano a quella trattativa infinita per portarlo a Milano, a quella testata che ha rischiato di rovinargli la carriera se non addirittura la vita, alla gioia della magica notte di Madrid e alle prime esperienze di allenatore con i giovani nerazzurri. Sempre con quel garbo, quell’educazione che nel calcio è sempre stata merce rara. Ha un credito da spendere nel mondo nerazzurro e questo può aiutarlo ad affrontare una sfida di quelle che possono anche spaventare.

Era il 2007 quando Roberto Mancini lo volle e a tutti i costi in maglia nerazzurra. Era partito dalla Romania nel 1999 dopo una stagione da titolare nell’Universitatea Craiova, destinazione Ajax. Faceva bene il terzino sinistro, venne convinto a fare (altrettanto bene se non meglio) il difensore centrale, divenendo capitano a 21 anni. La Roma lo prese dall’Ajax e nonostante qualche infortunio di troppo, Chivu mostrò di essere uno dei migliori difensori del campionato italiano. Da qui l’insistenza di Mancini, impressionato dalla sua personalità, dalla sua capacità di costruire gioco partendo da dietro con quel suo sinistro così educato. Due mesi di trattative, risolte da alcune telefonate tra Massimo Moratti e l’allora presidente della Roma, Franco Sensi. Operazione totale da 13 miliardi di lire. Nelle due stagioni seguenti, risulterà uno dei giocatori più utilizzati nell’Inter biscudettata, sia con Mancini che con Mourinho. 

Ma la sfortuna era lì dietro l’angolo. E come spesso accade nel calcio, si nascondeva in un luogo che non sembrava affatto insidioso. Il 6 gennaio del 2010, l’Inter stava costruendo la fantastica galoppata del Triplete e a Verona contro il Chievo dopo il primo tempo stava vincendo 1-0 con il gol di Balotelli. Ma proprio all’inizio della ripresa si sfiorò il dramma: Chivu ebbe la peggio in uno scontro aereo con Pellissier e furono attimi di paura. Il romeno venne portato d’urgenza all’ospedale di Verona e ricoverato in terapia intensiva. Subì un trauma cranico in regione parietale a destra, che provocò delle fratture con l'affossamento della teca cranica verso l'interno e un sanguinamento, un ematoma di dimensioni contenute. Alle 18 di quel pomeriggio era già stato operato dall’equipe del professor Sergio Turazzi che poi diede la grande speranza di un ritorno in campo nemmeno troppo lontano: “La parete celebrale appariva indenne, la scatola cranica è stata ricostruita con l'osso del paziente e ha riacquistato un profilo normale”.

Due mesi e mezzo dopo, il 24 marzo, Chivu tornò in campo contro il Livorno indossando un caschetto che non si sarebbe mai più tolto. A fine carriera ha confessato di essere stato terrorizzato dai colpi di testa e di avere preso dei farmaci che in qualche momento ne avevano un po’ alterato la tenuta nervosa. Tutto nel nome dell’Inter, che il 22 maggio gli regalò la gioia più grande: la Champions League vinta a Madrid contro il Bayern Monaco e il Triplete che è rimasto nel cuore di tutto il popolo nerazzurro.

Con l’Inter ha chiuso la sua carriera di calciatore nel 2014 e ha anche iniziato quella di allenatore (patentino acquisito il 15 dicembre del 2017). Partito dall’Under 14 nerazzurra, è passato poi all’Under 17 e dal 1° luglio 2021 ha guidato la Primavera. Con i suoi ragazzi ha vinto subito il campionato 2021-22, mentre ha perso una semifinale nel 2024, annunciando subito dopo la sua intenzione di lasciare la panchina. Il resto è storia recente: qualche mese sabbatico, poi la chiamata del Parma per sostituire Fabio Pecchia.

Di lui i giocatori allenati esaltano l’innata capacità di creare empatia con tutto il gruppo, la sua attenzione alle storie dei singoli, alle loro preoccupazioni e ai loro problemi. Una specie di fratello maggiore più che un allenatore, che però nella sua funzione principale ha centrato in pieno l’obiettivo prefissato, quello della salvezza con il Parma. Adesso è pronto a un salto di qualità, a sfide ben più elevate. Ha quel credito in valuta interista da spendere, anche se sa benissimo che non durerà in eterno.

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