"Non sarà più pazza Inter, sarà regolare e forte", disse Antonio Conte la scorsa estate all'inizio della sua avventura sulla panchina nerazzurra. Più di un anno dopo ed ecco riemergere quel dna che la caratterizza e che la rende folle, imprevedibile, un attimo prima all'inferno e quello dopo in paradiso. La partita contro la Fiorentina, che segnava il debutto in campionato dopo il rinvio della prima sfida in casa del Benevento, ha detto questo. E ha detto anche tanto altro. Che la difesa - già priva dello squalificato De Vrij - ha bisogno anche di Skriniar, lasciato in panchina da Conte ma "non sul mercato a meno di offerte" e che lo schieramento a tre dietro è ampiamente da rivedere. Da incubo l'inizio del trio D'Ambrosio, Bastoni, Kolarov (l'unico nuovo arrivato a partire titolare): squadra decisamente più equilibrata con il modulo a quattro.
Che Eriksen resta ancora un grosso punto interrogativo. Conte lo schiera dall'inizio dietro la coppia Lautaro-Lukaku ma il danese sembra sempre un corpo estraneo a questa squadra. Con Sensi in campo al suo posto al 19' della ripresa ed è tutto un altro ritmo, è tutta un'altra Inter. Che le risorse dalla panchina saranno fondamentali in questa stagione. I cambi sono stati decisivi: non solo Sensi ma anche Hakimi, lasciato a sorpresa fuori dalla formazione iniziale, per Young e Sanchez per Perisic (male nel ruolo di esterno). Il marocchino regala l'assist per Lukaku, il cileno in sette minuti ne confeziona uno e... mezzo. D'Ambrosio ringrazia. E nell'incredibile rimonta c'è stato spazio anche per la grinta del cavallo di ritorno Nainggolan e per quel Vidal che Conte ha finalmente ritrovato. Facce che sono una certezza - Lautaro Martinez e Barella - facce appena arrivate, facce che forse partiranno. Come quella di Brozovic, da uomo mercato a titolare spentissimo. Gli uomini ci sono, il carattere anche. Serve equilibrio e ordine a questa Inter. Conte lo sa. Subito al lavoro, mercoledì c'è il Benevento di Pippo Inzaghi.
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