L'Inter di Mancini come quella del Trap: solida, cinica, cattiva. E vincente

I nerazzurri sinora inarrestabili: autostima e entusiasmo i fattori in più

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Gioca male, dicono i critici. Ha avuto solo un calendario favorevole, fa molta fatica a segnare e vive sulle iniziative dei singoli, aggiungono. Eppure è lì, in testa, a punteggio pieno. Dopo cinque giornate, che proprio poche poche non sono. E allora, per chi ha ormai qualche anno, sembra quasi di tornare indietro all'ottobre del 1988 (sì, ottobre, perché allora il campionato iniziò in pieno autunno per via delle Olimpiadi di Seul), a un'altra Inter, quella di Trapattoni, quella che iniziò il suo cammino tra mille perplessità (e dopo cinque turni aveva fatto comunque peggio di questa visto che collezionò 4 successi e un pari) e poi però, fatto il pieno di entusiasmo e autostima, non si fermò più.

Ieri come oggi squadra nuova, rivoluzionata in estate, con tanti volti nuovi (Brehme, Matthaus, Berti, Bianchi, Diaz) e una fisionomia in via di progressiva definizione. Ieri come oggi, però, stessa solidità a supplire le iniziali difficoltà e medesima esuberanza e prepotenza fisica. Mancini come il Trap dunque? Molto presto per dirlo, per il momento però al tecnico nerazzurro vanno riconosciuti i meriti che gli spettano. Quindici punti su quindici non possono essere un semplice caso: un solo gol subito (e hai voglia a parlare di calendario agevole: siamo poi così sicuri che le avversarie candidate allo scudetto ne abbiano avuto uno tanto più complicato?), sei reti messe a segno con quattro uomini in rete (Jovetic, Guarin, Icardi, Melo), squadra feroce nei contrasti (Felipe Melo), abile nel recuperare palla (Kondogbia) e nel ripartire (Jovetic e Perisic), puntuale ed efficace in difesa (Medel).

Insomma, c'è sicuramente tanto ancora da fare ma già tanto è stato fatto: più sei su Milan e Lazio, più sette sulla Roma, più nove sul Napoli, più dieci sulla Juve. Non certo inezie. E domenica, a San Siro, arriva la Fiorentina, la più vicina di tutte, a meno tre: aspettiamo ancora, dunque, ma nel frattempo sia dato al Mancio ciò che al Mancio va dato. Se quest'Inter è prima non è certo solo per le difficoltà delle avversarie: non sarà bella (avrà tempo per diventarlo) ma viaggia con una marcia in più delle altre. Come in quell'ottobre ormai lontano. Come quell'Inter targata allora Trapattoni.

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