L'ex centravanti brasiliano: "Arrivai all'Inter all'improvviso, fissai Ronaldo che mi disse: ma come c... mi guardi?"
"Ho sempre detto che avrei potuto fare di più, però le cose non sono andate così e ne sono successe altre che mi hanno fermato. Questa è la cosa di cui mi pento di più. L'Adriano ventenne con la testa di oggi forse avrebbe vinto il Pallone d'Oro. Ma ormai è andata: voglio però dire che non ho fatto ciò che ho fatto perché volevo fare festa o chissà cosa, l'ho fatto perché avevo un peso sul cuore": così Adriano, ex centravanti brasiliano, in un'intervista a Luca Toni a Prime Video.
Si parte dall'arrivo all'Inter. "L'ho scoperto una mattina dopo essermi svegliato. Non sapevo che sarei andato all'Inter. Una mattina mi sono svegliato e il mio procuratore mi ha detto che sarei andato a giocare in Italia. Mi sono svegliato alle dieci, alle cinque stavo andando in aeroporto. Non mi immaginavo che sarei arrivato in Europa così presto. Quando incontrai Ronaldo mi disse ridendo: 'Ma come cazzo mi guardi?' E io gli risposi: 'Sei Ronaldo, un anno fa ero nella favela e ora sono a casa tua'. Avevo la pelle d'oca quando gli parlavo".
"Se potessi cambiare una scelta nella mia vita? L'Inter mi aveva proposto di farmi aiutare e andare in una struttura dedicata perché ero caduto in depressione. Ci sarei potuto andare per un certo periodo, non so per quanto tempo, non so nemmeno se avrei avuto la possibilità di continuare ad allenarmi o no. Non ho accettato perché non capivo che ne avevo bisogno, pensavo che ciò che facevo fosse la normalità, ma non era vero. È stato un mio sbaglio. Sono un essere umano come tutti", ha dichiarato ancora l'Imperatore.
Sull'addio all'Inter e l'aiuto di Moratti. "Non volevo approfittarne Dopo la morte di mio padre non c'ero più con la testa. Chiamavo a casa e non sentivo la sua voce, non riuscivo ad accettare la cosa e lì ho iniziato a essere un'altra persona. Il calcio mi era sfuggito di mano - ha raccontato - andavo in giro per non pensare e il giorno dopo era sempre peggio. Nel 2009 dissi alla società e ai compagni che se c'era la possibilità di tornare in Brasile non sarei più tornato, e così fu. Non era giusto che rimanessi, anche per rispetto dei compagni e del club: parlai con Moratti, non volevo approfittare di lui e di uno stipendio alto, senza giocare".
"La mia famiglia mi ha sempre insegnato a fare le scelte giuste, quindi dissi che accettavo tutte le multe previste, ma io non avevo la testa per continuare e non me la sentivo. Cosa mi mancava era la mia famiglia e non il calcio, tanto che quando sono tornato in Brasile per due mesi non ho giocato. E così ho lasciato l'Inter. Moratti mi ha sempre dato e offerto tutto l'aiuto possibile - ha concluso - che io non ho accettato, sbagliando. Sono tornato in Italia alla Roma perché lo dovevo al calcio italiano: volevo chiedere scusa per come lo avevo lasciato. Speravo di dimostrare ancora qualcosa, ma non ci sono riuscito".