Al Meazza terzo incrocio stagionale tra il tecnico campione d'Italia e il suo successore. Azzurri senza Osimhen
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La grande domanda, sul rettilineo che porta a una serata di Champions tutta italiana, è cosa si inventeranno quei due. Già, perché Milan-Napoli, quale che sia il modo in cui la si vuole vedere, è e resta la sfida tra gli allenatori che hanno segnato gli ultimi due campionati e si sono immaginati un sogno grande divenuto realtà da una parte e promessa dall'altra. Pioli contro Spalletti è una partita nella partita, la più affascinante per chi si nutre di pallone allo stato puro, dove l'atletismo lascia spazio alle dinamiche, alle corse negli spazi, alla copertura del campo. A Napoli, una decina di giorni fa, il tecnico del Milan alzò il sipario su un mezzo capolavoro finito in trionfo. A Milano, in una data ormai persa nel tempo, quello del Napoli diede il la a un campionato diventato poi trionfale. Minimo comun denominatore? Che chi gioca in casa, da tre anni a questa parte, è meglio che faccia gli scongiuri perché di punti, fin qui, non se ne parla.
Certo, la Champions è tutta un'altra musica e non solo perché si passerà dalla nostrana e abbastanza terribile 'o Generosa all'inno dei campioni, ma perché, innanzitutto, il campo si allunga di novanta minuti almeno e allora tocca ragionare su una distanza più ampia che permette qualche calcolo a meno di non finire come il Benfica contro l'Inter, abbagliato dentro il suo Da Luz dalla luce altrui.
Sotto dunque con le strategie, i pensieri larghi, l'immaginazione, di nuovo, di quei due mezzi visionari del nostro pallone. Pioli e Spalletti, un saluto prima del via e poi nemmeno uno sguardo, perché così, semplicemente, si fa. La distanza, almeno in Europa, è tutta in quei cinque metri che dividono le panchine. Non è un modo per sminuire l'abisso che il Napoli si è creato alle spalle in campionato. Piuttosto un'analisi più attenta di quanto accaduto negli ultimi faccia a faccia: grande equilibrio, sempre, e cazzottoni senza troppi retro-pensieri. Attaccare, in ogni caso, perché è un mode de vie, un'attitudine.
Quindi Lucianone se la giocherà anche senza Osimhen e Pioli non starà a guardare. Si dice: stesso Milan di dieci giorni fa a Napoli. Già, ma siamo sicuri che sarà poi così? Non è solo una questione di uomini, è proprio lo studio approfondito di una partita che sarà certamente diversa dall'ultima. Lo hanno ripetuto tutti e c'è da crederlo. Anche perché qualcosa, quei due, se lo inventeranno certamente.
L'emergenza, ad esempio, potrebbe spingere Spalletti ad azzardare la carta del falso nove. In linea teorica, ma si saprà qualcosa di più nelle ore che porteranno al match, il favorito per un posto da titolare là davanti è Raspadori. Ma Jack non sta benissimo, e allora Elmas ha già provato a recitare in quel ruolo con l'intento, magari, di portare fuori i centrali rossoneri e favorire gli inserimenti dei centrocampisti. Pioli, dal canto suo, avrà magari lavorato sulla ricerca della superiorità sugli esterni, con il solito centrocampista ad aggiungersi alle batterie formate da Theo e Leao da una parte e Calabria e Diaz dall'altra. Anche qui, in fondo, l'intento è identico: allargare il centrocampo altrui e crearsi spazi al centro. Lo vedremo, e forse ci stupiranno ancora.
Al momento le certezze sono due soltanto. La prima: non c'è un vero favorito. La seconda: chi uscirà vincitore dalla doppia sfida si guadagnerà l'Inter in semifinale (a meno di imprevedibili disastri nerazzurri nel ritorno contro il Benfica). Questo non basta per considerare Istanbul più vicina, ma per colorarla di verde, bianco e rosso sì.