Bayern, Ancelotti e uno spogliatoio contro: i motivi dell'esonero

In Baviera non è scattata la scintilla. Il tecnico italiano ha fallito nel suo punto di forza

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Carlo Ancelotti non è più l'allenatore del Bayern Monaco. In Baviera il tecnico di Reggiolo ha collezionato il primo esonero a stagione in corso della sua carriera, ma se la pesante sconfitta in casa del Psg in Champions è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, i motivi della rottura sono da scovare più a fondo, direttamente dentro agli armadietti di uno spogliatoio mai così pesante sotto la sua guida.

Chiamato a sostituire Guardiola per riportare la Champions in Baviera, Carletto si è scontrato con l'ermetismo della squadra tedesca, fallendo in quello che per anni - tra un successo e l'altro - è stato il suo marchio di fabbrica: la gestione dei fuoriclasse. 

Arrivato al Bayern per piazzare la propria bandierina dei successi anche in Germania, Ancelotti è riuscito nell'intento soltanto in parte conquistando la Bundesliga e due supercoppe tedesche, senza però riuscire a superare l'ostacolo quarti di finale in Champions League, eliminato dal Real Madrid e in maniera discutibile. Se i risultati sul campo non sono mancati, ciò che non è mai sbocciato in un anno abbondante di rapporto è l'amore reciproco. Dei giocatori e della società, ancora prima che dei tifosi.

Col passare dei mesi le scene di stizza al momento dei cambi o i musi lunghi in panchina o in mixed zone a fine partita, si sono moltiplicate. Una rarità nei precedenti venti anni di carriera del tecnico. Prima Mueller, poi a turno Ribery e Robben, uniti ai mal di pancia continui di Lewandowski e Boateng. Non proprio gli ultimi arrivati, anzi, i volti vincenti del Bayern degli ultimi anni. Un problema ingombrante che Carletto, capace in passato di gestire e farsi amare da spogliatoi anche più prestigiosi, non è riuscito a sormontare. Col passare del tempo l'insofferenza generale si è ingigantita sfociando nella disfatta di Parigi contro il Psg con una squadra slegata e poco propensa a seguire le indicazioni tattiche del tecnico. Nel postpartita il requiem di Robben: "Se appoggiamo Ancelotti? Non risponderò a questa domanda. E' stata una sconfitta dolorosa e possiamo parlare di questo. La formazione scelta dal tecnico? Non dirò nulla a questo proposito perché ogni parola sarebbe di troppo".

Prima di lui Mueller, forse ancora più simbolo degli altri essendo cresciuto a Monaco rispetto all'olandese e al francese. Con un rendimento decisamente inferiore alla media sotto la guida di Ancelotti, a inizio stagione il numero 25 non aveva usato giri di parole per attaccare il tecnico: "Non so che qualità Ancelotti voglia vedere, ma evidentemente le mie non sono quelle che piacciono a lui". In Champions, invece, è toccato a Ribery una volta sostituito al 78' della sfida contro l'Anderlecht a risultato acquisito, con tanto di gesto di stizza e maglietta scaraventata in panchina. Una reazione che aveva colpito Ancelotti, chiaro segnale che il polso della situazione l'italiano lo aveva perso da un po' con tutta la società, eccezion fatta per Kalle Rummenigge, mai troppo convinta del suo gioco. Per non parlare della stampa e degli addetti ai lavori come Kahn che dopo Parigi ha sentenziato: "Questo Bayern non ha idee, non ha meccanismi in fase difensiva. Non so se Ancelotti riesce a farsi capire dai giocatori".

A conti fatti però, il fallimento può ritenersi più gestionale che tecnico con un punto interrogativo sul reale motivo dello scarso feeling con i giocatori simbolo del Bayern Monaco. Una rivoluzione mancata, probabilmente, con la volontà di costruire un post Ribery-Robben che non è stato appoggiato pienamente da società e critica con la naturale conseguenza di gettare il tecnico in pasto ai suoi giocatori.

Ora per Ancelotti, a 58 anni, si riaprono le porte di mezza Europa, ma anche della Cina. Ovviamente è presto per parlare del suo futuro, ma una figura come la sua non potrà rimanere ai margini troppo a lungo se non per scelta propria. C'è chi parla di Milan, visto il mare burrascoso in cui potrebbe presto venire a trovarsi Montella dopo le ultime sconfitte in campionato. Ma all'orizzonte c'è anche una Nazionale che rischia di non qualificarsi a Russia 2018 e che, come ha ammesso Allegri, resta comunque una meta ambita.

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