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L'OPINIONE

Olimpia Milano, la chiave è (sempre) Pangos

Rimasto in estate anche perché vincolato da un contratto pesante, il play canadese è chiamato a dare una svolta

di Enrico De Santis
25 Set 2023 - 14:55
 © ipp

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Come l’anno scorso l’Olimpia Milano archivia la Supercoppa senza sorrisi e si porta a casa qualche dubbio. Anzi, a dire il vero lo stesso dubbio di dodici mesi fa. Riuscirà Kevin Pangos a prendere per mano la squadra e guidarla in alto in Italia e in Europa? Lo scorso anno non andò bene: gli infortuni condizionarono la stagione del play canadese che, una volta rientrato, scivolò nelle gerarchie dietro a Napier fino a guardare dalla tribuna l’intera serie finale contro Bologna. Rimasto in estate anche (soprattutto? solo?) perché vincolato da un contratto pesante, è ora chiamato a dare una svolta.

Perché l’Olimpia, che ha alzato il livello con il sensazionale colpo Mirotic e il rinnovo pluriennale del ritrovato Shields, ha l’obbligo morale di centrare i playoff di Eurolega, al limite anche attraverso i nuovi play-in.

Messina, oltre ai citati Mirotic e Shields già protagonisti in Supercoppa, ha tra le mani un reparto lunghi da far invidia a tutta Europa. Melli è un totem a cinque stelle, Voigtmann un lungo atipico con punti nelle mani e fresco campione del mondo con un ruolo di assoluto protagonista. Le aggiunte di Poythress e Kamagate, oltre alla conferma di Hines, disegnano un reparto profondissimo che regala tante soluzioni. Tutte però passano da chi dovrà mettere in ritmo i compagni. Lo stesso problema che condizionò pesantemente l’ultima Eurolega dell’Olimpia, problema risolto solo con l’arrivo di Shabazz Napier quando però era troppo tardi per agganciare i playoff.

Ora tanto è nelle mani di Pangos. O forse più nella testa. Perché la prima gara ufficiale della stagione con la Virtus ha confermato la versione 22/23 del play, condizionato da quel blocco mentale che aveva frenato il suo impatto in maglia biancorossa al di là dei guai fisici. Anche a Brescia sono emersi i noti limiti di KP, incapace di prendere il controllo del gioco (2 punti, 1 assist, 2 perse in 23’ sono un fatturato scadente) e con un linguaggio del corpo che lascia pochi dubbi. Sguardo incerto, pochissime iniziative personali, scarsa connessione coi compagni. Il classico giocatore non in fiducia, e sappiamo bene quanto conti esserlo nel basket per riuscire a fare quello che si vorrebbe. Servirebbe una scintilla, una prova finalmente positiva su cui costruire quella successiva con una convinzione diversa.

Altrimenti, dopo esser finito dietro Napier, quest’anno rischia di diventare il backup di Maodo Lo (che non è stato preso per essere il primo violino). A proposito: basteranno Pangos e Lo per guidare l’Olimpia a lottare con le grandi di Eurolega? In fondo è lo stesso dubbio di dodici mesi fa. Con il vantaggio – qualora la storia si ripetesse – di conoscere in anticipo la soluzione del problema.

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