Aneddoti e curiosità dei simboli della pallacanestro bolognese degli anni '90 ("Alla Virtus ho detto 3 volte no", ricorda Carlton), l'uno al fianco dell'altro
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Non potevano che rincontrarsi a Bologna, a 25 anni di distanza dalle sfide sul parquet del PalaDozza, Carlton Myers e Predrag "Saša" Danilovic. Le due leggende di Fortitudo e Virtus - Myers con la F dal 1995 al 2001, Saša con le Vu Nere per 6 stagioni dal 1992 al 2000 - sono state riunite al Macron Campus, base logistica dell'azienda produttrice di abbigliamento sportivo a Valsamoggia, per ricordare cosa hanno significato l'uno per l'altro nel corso della carriera e scavare oltre la semplice rivalità nata sul campo.
VIVERE A BOLOGNA NEGLI ANNI '90
MYERS: "Sia dentro che fuori dal campo, non era facile. Erano anni, per me almeno, abbastanza difficili dal punto di vista anche della pressione, perché poi i risultati dovevano arrivare e di là arrivavano da noi un po' meno. Siamo stati bravi a resistere".
DANILOVIC: "Per me era molto più facile: non uscivo fuori, stavo sempre chiuso in casa. Meglio di così, non potevo andare (ride)! Per me gli anni 90 a Bologna erano i più belli della mia vita, escludendo le nascite dei miei figli. Ma non solo per il dolore che ho fatto ai fortitudini, dico in generale... Abbiamo vinto, ci siamo divertiti, i tifosi si sono divertiti".
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L'AMICIZIA TRA DUE RIVALI
MYERS: "L'amicizia, forse non c'è sempre stata, ma c'è stato rispetto. È difficile per due atleti come eravamo noi, poter vivere ed essere amici in questo contesto. Era improbabile, sarebbe stato un simulare, non sarebbe stato vero e non era giusto che lo fosse. Il retaggio che abbiamo lasciato è rimasto impresso a tutti, indipendentemente dalla tifoseria. Se aggiungi il fatto che poi abbiamo questo rapporto che è evidente, spontaneo, evidente, sincero, credo che sia una cosa, innanzitutto che faccia bene al mondo dello sport, con i tempi che viviamo".
DANILOVIC: "C'è stato sempre gran rispetto fra noi due. Ho detto tante volte che c'è stato sempre rispetto, che è stato l'avversario più difficile per me. C'era e c'è stima. Quando stavi per smettere di giocare a pallacanestro mi hai chiamato, ci hai pensato subito. Mi hai chiesto "Sasha, com'è?". Io avevo smesso ormai da tanti anni (Myers si è ritirato ufficialmente il 30 marzo 2011, Danilovic nel 2000), ero presidente del Partizan: mi hai chiesto come mi sentivo io quando avevo smesso. Ti ho raccontato che quando ho smesso ero proprio... svuotato. Secondo me da lì l'amicizia è andata sempre in crescendo".
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COSA INVIDIARE ALL'AVVERSARIO
MYERS: "Di Sasha ho invidiato il fatto che, pur nella sua individualità, col suo carattere un po' particolare per usare un eufemismo, era in grado di gratificare i compagni. Li mortificava quando era il momento, ma sapeva capire quando era il caso di farlo. Se la partita era a punto a punto e un suo compagno sbagliava, non lo riprendeva aspramente, ma lo incoraggiava. Se erano sopra di 20, 30, e il compagno sbagliava, allora lo massacrava. È una grande differenza. Io ero sempre lì che inibivo i compagni già stressati, già stressati che non vincevamo, e poi dovevano giocare con me".
DANILOVIC: "L'unica cosa che io invidio a Carlton, e gliel'ho detto mille volte, è che è stato portabandiera ai Giochi Olimpici (Sydney 2000) per il suo paese. Questa è una cosa proprio... al massimo".
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IL SENSO DEL LAVORO DI SQUADRA
MYERS: "L'ho realizzato non quanto avrei dovuto, ma quando ho fatto il record di punti in A2 (26 gennaio 1995, 87 contro Udine con la maglia di Rimini): i miei compagni si sono sacrificati, violentati, affinché io potessi raggiungere un risultato. Hanno rinunciato chi a un tiro, chi ha a fare dei punti, per consentire al sottoscritto di ottenere un risultato. Lì ho avuto un'idea di cosa vuol dire spirito di sacrificio per il proprio compagno. Purtroppo non l'ho capito, apprezzato, quanto avrei dovuto, se no mi sarebbe servito anche negli anni a seguire, l'ho capito dopo, quanto volesse dire anche rinunciare a se stessi per il bene della squadra".
DANILOVIC: "L'ho capito dopo essere tornato dall'NBA (1995-97, Miami Heat e Dallas Mavericks). Non ero più affamato di fare 35 punti di media. Quando ho cominciato a giocare, quando sono entrato nella squadra nazionale della ex Yugoslavia, era una squadra importantissima. Ero giovane e avevo questi incoraggiamenti da persone tipo Divac, Petrovic, Kukoc, Radja; nel Partizan, da ragazzino, c'era Djordjevic che mi incoraggiava quando facevo delle cose sbagliate. Me lo sono ricordato benissimo e questa cosa l'ho fatta mia".
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LA FORMAZIONE IN ITALIA E NELL'EX JUGOSLAVIA
MYERS: "Ho iniziato tardi e ancora sto crescendo, sto provando a crescere ma sono rimasto ancora un bambino, un ragazzino. È stato un percorso solitario: sono cresciuto in palestra, e mi hanno spiegato cos'è che bisogna fare in questo sport. Bisogna fare canestro, quindi per me esisteva soltanto quel concetto lì, che mi sono portato avanti per tanti anni: fare canestro. Mi sono chiuso in palestra da solo: ha contribuito anche alla mancanza di condivisione, di responsabilità, di spirito di squadra, quindi mi sono messo lì per anni, d'estate, anche d'inverno, a tirare, a tirare, a tirare. Mi sono portato dietro questo individualismo anche all'interno della squadra. Soltanto con gli anni, nel 99, con l'Europeo, con la Nazionale, avendo avuto Boscia Tanjevic - coach carismatico, con forte personalità -, ho capito che non avrei potuto ottenere nessuna vittoria se non avessi condiviso le responsabilità, le emozioni, le sconfitte, le vittorie, il dolore. Anche il dolore delle sconfitte lo tenevo per me, lo tenevo per me".
DANILOVIC: "Io ho avuto la fortuna di aver giocato con giocatori straordinari, sia nella Virtus che nel Partizan, poi con la Nazionale, sia con la ex Jugoslavia che poi con la Serbia. E ho imparato: mi allenavo tanto da ragazzino, mi hanno insegnato che il nostro obiettivo è di fare canestro, però anche di giocare con buona difesa, di fare un bell'assist... Non è che io mi sono presentato un giorno alla pallacanestro e ho detto "Adesso si fa così": mi hanno insegnato a fare queste cose".
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IL 1998
MYERS: "Se io fossi stato Carlton Myers a giocare a Roma e Sasha Danilović che giocava a Trento, non saremmo mai stati ricordati così come siamo oggi. Quindi sicuramente il contesto ha contribuito in maniera esponenziale a questa rivalità, a questa energia, negativa a volte, ma poi anche positiva. È chiaro che, così come disse Gianluca Basile tempo fa, la pressione che avevo io o che aveva Sascha all'interno della sua squadra, gli altri se la sognavano. Ma andava bene così: io ero pagato profumatamente, ero esaltato, ero visto in una certa maniera. C'era un "prezzo da pagare", ma fossero questi i prezzi da pagare, parliamo di niente, ci mancherebbe. Ah, vorrei dire una cosa, visto che si parla di Fortitudo... Per ben 3 volte ho detto di no a questi (la Virtus Bologna)... Ma non sarei stato ricordato così, perché se fossi andato di là avrei vinto tutto".
DANILOVIC: "Quell'anno lì è stata una cosa insopportabile come pressione da parte della gente, degli spettatori, dei tifosi: era bello ovviamente, per fortuna è finita bene per la Virtus, però la pressione che sentivo tutti i giorni... Il prezzo da pagare? L'abbiamo pagato, l'avrei pagato, lo pagherei di nuovo, però bisogna sapere anche che era molto molto difficile, molto stressato".