TRAILRUNNING

Valtellina Wine Trail Experience: l'euforia del rientro alle gare nel "running party" al profumo di mosto

L'ottava edizione del classico evento valtellinese raccontata dalla pancia del gruppo ma con... vista sulla prova dei campioni.

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I pizzoccheri sono già là che ci aspettano: buoni, tanti e fumanti! Ma ce li dobbiamo guadagnare e - almeno per oggi - il modo giusto per farlo è timbrare uno dopo l'altro i chilometri - quelli della maratona per i più in forma - di Valtellina Wine Trail, l'evento "apparecchiato" (tanto per restare in tema) da Marco De Gasperi e dal suo staff a duemilaottocento trail runners. C'eravamo anche noi, alle prese con il rientro corsa - anzi gara - dopo una lunga pausa forzata.

Give it everything you've got
Just one more time for me
Move in from the dark

Le note e soprattutto i versi di “All Of This And Nothing” mi aiutano a disegnare curve e controcurve dei pochi chilometri che separano Lanzada (l’ombelico… della Valmalenco) dal centro di Sondrio, dove mi sto recando per prendere parte all’ottavo “episodio” di Valtellina Wine Trail. Più di Dave Gahan&The Soulsavers però ad accompagnarmi nel tragitto sono i pensieri leggeri e vagamente trasognati del ritorno alle gare a cinque mesi esatti dall’ultima, sofferta e rimasta a metà strada al Gran Trail delle Grigne, quando la fascite plantare mi aveva costretto all’abbandono per la seconda volta in otto giorni (la prima era stata a metà strada della DoppiaW di Tirano). E proprio da Tirano mi sarebbe piaciuto partire anche questa volta, come nel 2018 e nel 2019. Non ho però ancora nelle gambe la maratona. Quindi mi adatto e mi adeguo: la “mezza” al via da Chiuro fa al caso mio ed è l’ultima voce della tabella di marcia che mi ha preparato coach Giovanni Bonarini, che mi è stato assegnato da Stefano Punzo dopo un’intera estate di fisioterapia nel suo studio (con tanto di lunghe ed importanti sedute di “compiti a casa”) e che seguo dalla fine di settembre con incontri regolari al centro sportivo Saletti di Nembro (BG) ed un piano di rientro corsa che sta dando frutti incoraggianti e, prima ancora, significativi. Non bisogna però forzare, cedere alla tentazione di accelerare i tempi, insomma abbassare la guardia. Eccomi quindi qui (o meglio là), su un’altra pista di atletica: quella di Chiuro, che ospita il via della mia “ventunokappa” (ma ne conteremo tutti ventidue abbondanti, metro più metro meno…).

 

Prima ancora del conto alla rovescia, dell’incespicante sciamare fuori dall’impianto per poi affrontare il primo chilometro e mezzo di gara in piano e … nella direzione sbagliata (verso Tirano invece che verso Sondrio!), mi godo tutto l’avvicinamento e la preparazione: il breve viaggio in treno da Sondrio a Chiuro, la camminata fino alla pista, la vestizione all’aperto sulla tribuna di cemento, la barretta prima… della birretta, la ricerca di un angolo tranquillo per l’immancabile pipì nervosa pre-gara, il riscaldamento che ti senti un leone ma poi sotto il gonfiabile al via sai già che ti verranno le gambe di gelatina. Tutte cose che so già ma che ritrovo con piacere. Tutte cose che avete già letto, ma che - anche di questo sono più certo - sottoscrivete volentieri.

Parto sulle ali dell’entusiasmo, cerco più che altro di non finire per terra nella calca e di iniziare da subito da spalmare lo sforzo lungo l’intero itinerario. Non ci riesco però subito. Corro per il cronometro, non per la bilancia. Anche se ci salgo sopra ogni sera, perché la disciplina - alla mia età - conta, eccome se conta! Corro per la classifica e la sfida: quella con gli altri runners, non con me stesso. Non mi interessano le albe buie, gelide e invernali, quelle da duri e puri: se non per raggiungere il via di una corsa. Non amo la pioggia e il “ma cosa vuoi che siano quattro gocce”, a meno che non mi cada sulla testa (allora sì, anche torrenziale) tra un arco della partenza ed una linea del traguardo. Tutto all’interno dei miei limiti e delle mie possibilità (che raramente si spingono oltre il centroclassifica), sia ben chiaro! Però con il gusto di provare ogni tanto ad andare appena oltre. Tutto questo. Anzi: All Of This (And Nothing).

 

Invertita la rotta (barra dritta su Sondrio, dritta si fa per dire), il ritmo si fa più regolare. Si corre spesso ed a tratti si cammina speditamente: le mani sui fianchi oppure appoggiate sull’avancoscia (si dice? Boh...!), a spingere ed a sbuffare spensieratamente. Nel senso che è meglio non pensare. Un gara... bastarda, la Wine Trail, è risaputo. Perché… la traccia impone in qualche modo di correre tutto il tempo ma poi, sul terreno, non è tutto così scontato! Sezioni asfaltate si alternano ai sentierini ed all’attraversamento dei filari di vigne: i tratti rettilinei alle svolte secche, le salite alle discese, le rampe tra un terrazzamento e l’altro alla corsa a tratti equilibristica sul margine superiore dei muri che separano una terrazza vitata da quella successiva. La giornata è spettacolare, il cielo terso e la temperatura sale minuto per minuto. Non amo particolarmente il cosiddetto foliage, che poi fino ad uno o due anni fa tutti lungo lo Stivale chiamavamo autunno. Ed a me l’autunno non piace molto: mi mette tristezza e nostalgia, tranne che in rare occasioni: come questa. Prendo come punto di riferimento l’amico Ivan, conosciuto lungo i sentieri del Monte Canto, sopra Carvico: non ricordo se in occasione dello “Scaldagambe” di gennaio o della “Sky” d’inizio primavera. Lui e poi Andrea, il Falco di Lecco, in piena ripresa dopo un gravissimo incidente in allenamento sul Resegone. Da ammirare e appunto prendere ad esempio di tenacia ed ostinazione. Taglierò il traguardo un minuto esatto dopo di lui ed è un risultato del quale vado molto fiero.

Le incursioni nelle cantine delle aziende vitivinicole che interrompono i vigneti sono un’esperienza sensoriale a trecentosessanta gradi: colori e profumi, corridoi tra i silos e le botti e passaggi angusti, rampe, scalini e soffitti bassi da castello medioevale. E quell’odore di mosto umido e intenso, contro il quale sbatti subito e piacevolmente e che ti fa sentire brillo senza neanche avvicinare le labbra ad un calice. Tra un’ubriacatura “a secco” e l’altra, siamo già oltre metà distanza. Arrivano i miei scorci preferiti: l’edificio imponente della Santa Casa di Loreto, dove l’amico Azize ci incoraggia ed al tempo stesso ci mette in guardia (“Dai che ora c’è la discesa ma occhio che poi sale ancora!") e i ruderi di Castel Grumello, porta d’ingresso al paradiso o forse invece all'inferno: in ogni caso al tratto finale della prova. 

 

Giù a capofitto verso Sondrio ma è breve illusione. Come diceva Azize, le difficoltà non sono ancora finite. In un bel tratto in discesa avvisto Andrea, detto "il Kazako", appostato in attesa dei top runners della maratona from Tirano che ci stanno superando. Mi ricompongo alla bell'e meglio e faccio bene perché (aspettando Danilo Brambilla, che è quinto e sta scendendo come un treno), Andrea si mette a corre davanti a me con la GoPro dotata di stabilizzatore: quello che mi servirebbe per non rischiare tutto il tempo di "spiaggiarmi" faccia in giù nelle discese come questa e che invece Andrea sembra avere incorporato, visto che mi corre davanti spalle alla direzione di marcia eppure più rapido di me! Come riesca a non sfracellarsi per terra ancora non l’ho capito! Poi si ferma e dopo nemmeno una trentina secondi mi sposto per lasciar passare il “Falco” (di Lecco) Brambilla... di cui sopra. Prima di lui mi ha raggiunto, lanciatissimo verso il traguardo, il britannico Tom Owens (nome, physique du rôle e divisa da “Giorni di Gloria”) che scende a velocità doppia ma ad ognuno di noi chiede strada dicendo educatamente “Scusa!” (noblesse oblige!) e poi ogni tanto si gira indietro per controllare il vantaggio su Andrea Rota che lo sta inseguendo: non sarà più raggiunto.

Dobbiamo stare attentissimi e presenti a noi stessi per non ostacolarli, rallentarli o anche peggio. Aiutano, in questo senso, le indicazioni dei volontari e del pubblico lungo il percorso (li vedono molto prima e molto meglio). Aiuta anche il passaparola tra di noi, che risale il gruppo più veloce del nostro stesso passo e addirittura quello dei top runners. Senti dire appena dietro alle tue spalle “occhio a quello in rosso”… e quello in rosso ti raggiunge solo un minuto dopo o giù di lì. Ad un certo punto mi sfreccia accanto come una furia ma con una leggerezza che gli invidio ancora adesso il portoghese di origini mozambicane Helio Fumo: una massa di muscoli, treccine ed appunto eleganza: una via di mezzo tra Edgar Davids e… Predator! Sarà terzo sulla rampa d'arrivo. L’ultimo degli atleti élite che mi sfila è Moreno Sala, che quattro mesi fa ha vinto la VUT (Valmalenco Ultradistance Trail) nella classica versione da novanta chilometri e seimila metri di dislivello positivo. Superandomi, mi saluta con un filo di voce. Arriverà ottavo, di lì a pochi minuti. Io ne impiegherò invece ancora una decina o forse di più, e dopo aver corso metà dei chilometri che ha coperto lui!

Siamo ormai entrati nel finale di gara. Oltrepassato Castel Grumello puntiamo dritti verso Sondrio. In realtà la prendiamo un po’ alla larga, perché quest’anno gli ultimi chilometri di gara sono inediti. Invece di vagare sulle prime alture sopra il capoluogo, si fa rotta sulla spettacolare Passerella delle Cassandre - appena inaugurata - che unisce Ponchiera e Mossini, le due frazioni alte di Sondrio all’imbocco della Valmalenco, un centinaio di metri sopra il selvaggio canyon naturale (le Cassandre, appunto) formato dal torrente Mallero a due passi dalla cittadina. Superato il ponte, non ci resta che scendere a rotta di collo verso la città ed il traguardo di Piazza Garibaldi. Ad ogni metro che passa il pubblico ai lati della strada cresce per numero e "calore" ed il finale tra le viuzze del centro storico prima del red carpet riserva a tutti quanti un’accoglienza da vincitori. A dieci metri del traguardo, ormai in modalità "È finita!" mi tira la volata (e mi brucia sull'arrivo) il tizio che ho superato due chilometri fa alle Cassandre: take it easy, man... siamo solo 480esimo e 481esimo!

Non resta che un veloce passaggio al ristoro, giusto per preparare lo stomaco al ricco pranzo che ci aspetta: a base di pizzoccheri, vino rosso e specialità valtellinesi. Prima però raggiungo il punto di ritiro di borse e zaini con il cambio di vestiario, all’insegna della più spensierata promiscuità. Gente più o meno in mutande disinibitamente a spasso per il centro di Sondrio! La soddisfazione è tanta, l'anima (del runner) è salva, il fisico provato ma rilassato. Alleata durante le due ore e tre quarti di gara, la fatica è ora semplicemente amica, complice, dolce compagna. Mai perso, il piacere di correre ha oggi ritrovato il suo senso pieno nell’agonismo e nella competizione. Ed è tutto ciò che mi serve, per dirla ancora con Dave ed i suoi “salvatori dell’anima” (appunto): 

I'm all of this and nothing
I'm the dirt beneath your feet
I'm the sun that rises
While you're sleeping
I'm all you need.

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