Il poker di Denisa Dragomir e la prima volta di Daniel Antonioli in una skymarathon che "fa curriculum" e regala emozioni indimenticabili tra le montagne della Val Camonica
Scoprire il segreto del successo della Maratona del Cielo è stato tutt’altro che facile, anzi parecchio impegnativo ma ne è valsa la pena. Fino in fondo. Ci sono arrivato pochi minuti dopo aver “doppiato” il GPM di Cima Sellero, punto culminante della Skymarathon sul Sentiero 4 luglio, con partenza da Corteno Golgi, all’inizio della lunga cavalcata tutta in cresta che (a me!) avrebbe richiesto un’ora abbondante di corsa e marcia. Senza mai distrarsi, senza un attimo di relax o quasi. Ma è un “quasi” che fa la differenza, è il segreto di una classica che nel 2020 festeggerà il suo venticinquennale. Si perché la Skymarathon pretende tutto ma regala “distrazioni” imperdibili, che ti puoi concedere con il contagocce ma che proprio per questo sono preziosissime. Come l’irrompere all’orizzonte, dietro l’ennesimo cambio di versante, del Piz Bernina e dell’intera testata della Valmalenco: una muraglia immane lunga una quindicina di chilometri e distante una trentina in linea d’aria. E poi come rimanere senza fiato poche decine di metri sotto Cima Sellero, appunto, davanti all’occhieggiare di una macchia di genziane alate, di un color blu pervinca da togliere il fiato. Il che, in una gara che ne richiede parecchio, non è proprio un dettaglio!
La giornata era iniziata presto, molto presto. Anzi era iniziata … il giorno prima. Approfitto senza esitazioni del privilegio di cenare con l’organizzatore Gianluigi “Tom” Bernardi, con il direttore di gara Adriano Greco, con l’intramontabile Adriano Salvadori (che inaugurò nel 1994 il sentiero dedicato a Davide Salvadori) e con l’onnipresente Maurizio Torri di sportdimontagna.com, il mio “Virgilio” nel multiforme modo della corsa in montagna, al quale (ne sono più che certo) mancano ormai solo pochi bollini per passare a ritirare il dono dell’ubiquità. Poi non rimane che preparare tutto l’armamentario ed infilarsi a letto per qualche ora di “sonno” prima della fatidica alba.
Non sono ancora le sei del mattino e già la piazza del municipio di Corteno Golgi brulica di skyrunners. Voglia incontenibile di mettersi in marcia ma anche di prolungare il piacere di questi preziosi momenti di attesa e di tensione positiva. Partono per prime le ragazze: un manipolo, coraggiose, fortissime. Noi ci muoviamo un quarto d’ora più tardi rispetto a loro ma lungo il percorso riuscirò a riprenderne solo cinque o sei. Prima meta Sant’Antonio, dove si dividono le strade di chi ha scelto la maratona e di chi invece si mette alla prova sulla “mezza”. Ci ritroveremo molto, molto più avanti, ormai in vista del Piz Tri che segna l’attacco della lunga discesa verso il traguardo. Per noi della “lunga” inizia il percorso sul crinale della Valle di Campovecchio. Poi, superato il Zappello dell’Asino, inizia il lunghissimo traverso a mezza costa, per certi versi più scomodo di una rampa verticale, perchè trasversale al versante della montagna, dove inizia a farsi “sentire” la caviglia destra infortunata tre settimane fa a Livigno e da allora mai più tornata alle dimensioni … originali. Non me ne curo più di tanto anche se il rischio è quello di fare troppo affidamento su quella “sana” … Retropensieri che spariscono all’attacco della salita verso il Passo Telenek dove raggiungo Tatiana, una “celebrità” da queste parti. Da ammirare perché sulla gamba sinistra porta un “massiccio” tutore. Dalle morene si passa al nevaio che difende il valico. Un “grazie” sottovoce ai volontari che ce lo hanno completamente “gradinato” come neanche gli sherpa con i clienti sull’Everest ed è già ora di alzare lo sguardo verso le roccette che portano a Cima Sellero, il GPM della corsa. Per la prima volta nella mia breve e trascurabile carriera di skyrunner mi trovo alle prese con un cancello orario da rispettare e nessuna garanzia di riuscirci: quattro ore e dieci minuti dal via la “tagliola” da evitare. Il mio collega dalla maglietta blu è preoccupatissimo: “Quanto manca alla cima? Ma ce la facciamo, ce la facciamo??? Sarà l’urgenza, sarà l’adrenalina che scorre a fiotti ma andiamo su imprevedibilmente “leggeri”. Missione compiuta: dieci provvidenziali minuti di anticipo sulla deadline ci permettono di proseguire e nella testa scatta subito il prossimo “clic”: al traguardo in otto ore e trenta. Siamo a metà strada, possiamo crederci, anche se il difficile deve ancora venire.
Intanto i top runners sono già al traguardo o ci si stanno avvicinando a grandi passi ... Al suo debutto nella corsa, Daniel Antonioli centra subito la vittoria, sfiorando il record del mitico Mario Poletti ed aggiudicandosi il titolo italiano skymarathon davanti a William Boffelli ed a Daniele Cappelletti. Fa addirittura poker Denisa Dragomir. La campionessa rumena si mette alle spalle Daniela Rota (suo il titolo tricolore di specialità) e la colombiana Catalina Beltran.
Giù per la cresta: non si tira mai il fiato. Davanti ho Carla. Affrontiamo un paio di salti di roccia piuttosto verticali: arrampicata in discesa, faccia alla parete. Difficoltà non elevata ma non conosco il posto, non vedo granché sotto di me. Per di più, l’abbigliamento da skyrunner è quello che è … Senza contare che, andando piuttosto di fretta, non ci lasciamo molto spazio a vicenda: tra strattoni delle catene e qualche piccolo calcetto preso da chi sta sopra e rifilato a chi sta appena sotto, raggiungiamo la base … della paretina e via.
Le raffiche di vento lungo i tratti più esposti della cresta ti spostano di peso e danno tregua solo in qualche punto appena più riparato. Raggiunto il Bivacco Davide, le difficoltà si attenuano decisamente ma la fatica accumulata in queste sei ore di gara … compensa ampiamente. Finisce però che un calo di tensione mi costa caro: senza quasi accorgermene rallento il ritmo e non c’è verso di salire di marcia. Me ne rendo conto solo quando i miei compagni d’avventura iniziano irrimediabilmente a staccarmi. Troppo tardi. Alessia mi cade proprio davanti tra le imprecazioni ma non riporta danni. Anzi, alla ripartenza dal successivo ristoro accende i postbruciatori e ciao … Scompare alla distanza pure lei … Tempo di reagire!
Sotto la vetta del Piz Tri decido di farla finita con tutta questa arrendevolezza e mi lancio giù più forte che posso: la caviglia tiene bene. Anzi è ormai come “anestetizzata”. Ci posso fare affidamento. Speriamo bene. Il resto lo fa la testa, più lucida di altre volte. Ne riprendo quattro o cinque negli ultimi chilometri di strada bianca in mezzo ai rododendri e poi di sentiero nel bosco. Poi sbuco tra le viuzze di Santicolo. Finalmente il traguardo. Otto ore e quindici: sono in classifica! Nelle retrovie ma in classifica. Maurizio mi dice che questa “fa curriculum”. Gli credo sulla parola. Anzi no, gli credo a ragion veduta. E ventiquattr’ore dopo, compilando la scheda di iscrizione alla ormai vicina VUT (Valmalenco Ultradistance Trail), nel campo “curriculum agonistico”, la Maratona del Cielo Skymarathon Sentiero 4 luglio si compone da sé sul monitor del computer.