CORSA IN MONTAGNA

Henri Aymonod a cuore aperto: “Mettersi in gioco per crescere, correre per visitare più posti”  

Running test ed intervista esclusiva con il verticalista valdostano vincitore della Coppa del Mondo di Mountain Running.

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Metti un sabato mattina di corsa al centro commerciale. Routine da inizio weekend? Nient’affatto! Un’occasione rara e preziosa, invece. Soprattutto imperdibile: quella di correre fianco a fianco – o quasi… - con Henri Aymonod (l’”Hombre Vertical” vincitore della Coppa del Mondo di corsa in montagna e testimonial The North Face) lungo i sentieri immediatamente alle spalle del megastore DF Sport Specialist di Bevera di Sirtori (Lecco). Provando a mettere alla frusta le innovative Vectiv Flight Series di TNF sulle primissimo pendenze prealpine. Vi raccontiamo com’è andata.

Non si poteva bypassare l’invito del brand statunitense del cui team Henri Aymonod è entrato da a fare parte la scorsa primavera e che poco più di un mese fa ha conquistato a Chiavenna la Coppa del Mondo di corsa in montagna sancita da WMRA (World Mountain Running Association): quella assoluta ma anche quella di specialità nel Vertical, disciplina nella quale il 25enne valdostano è praticamente imbattuto da tre anni. Il tempo di accomodarci in un angolo tranquillo del negozio per registrare l’intervista che leggete sotto e poi... via a cambiarsi, calzando le Vectiv Flight Series di TNF che - insieme e noi - una settantina di runners che si erano registrati per l’evento hanno potuto collaudare.

Una breve introduzione di ”Aymo” e poi del modello e delle sue caratteristiche innovative (che vi invitiamo a scoprire), i selfies del caso insieme al campione (non ce ne siamo sottratti neanche noi), poi via a passo di corsa, con Henri nelle prime posizioni ma poi spesso… a spasso nella pancia del gruppo a chiacchierare con noi “everyday runners”. Un’oretta scarsa di strada - poco asfalto e tanto sentiero! - interrotta da soste regolari (ogni due chilometri circa), necessarie a ricompattare il gruppo ed a scambiarsi le prime opinioni e sensazioni sulle Vectiv ed il loro comportamento ma soprattutto tante domande ad “Aymo”. Le nostre gliele avevamo già rivolte in precedenza appunto (conversando amabilmente sui sedili di prova del negozio) ma le riportiamo e per così dire ambientiamo… qui: lungo il sentiero. Iniziando dal bilancio della sua stagione running e dalle origini della sua predilezione (e predestinazione!) per le prove “only up”.

“È stata una bella stagione. Quest’anno sono particolarmente contento perché alla fine mi sono messo un po’ messo in gioco in specialità che non erano prettamente le mie. Nell’ultima tappa a Chiavenna ho raccolto quello che avevo seminato in tutta la stagione in una specialità a me più congeniale, che è il vertical. Però il lavoro è stato fatto tutto l’anno, già a partire dalla primavera, con una bella crescita credo anche sul piano e su terreni più corribili. Per quanto riguarda la mia specializzazione, credo che sia un questione di adattamenti che ho avuto con il tempo. Già da bambino mi piaceva cercare proprio le pendenze più ripide per arrivare in un punto. Quindi anche i sentieri a volte (stupidamente eh, oggi non ragiono più così) li reputavo non abbastanza diretti e quindi tendevo a tagliarli, cercando la strada più diretta per arrivare in un punto: credo che questo mi abbia aiutato con il tempo ad esprimermi al meglio sulle pendenze più ripide. Penso poi che anche i percorsi siano molto diversi tra di loro: ci sono vertical più duri e vertical meno duri. L’importante è sempre uscire dalla propria comfort zone e mettersi in gioco anche su cose che a volte non si ha voglia di fare ma sono poi quelle che ti permettono di crescere. Correre in pianura non mi fa impazzire ma è qualcosa che ho dovuto fare e che ho allenato tantissimo quest’anno, più che la salita”.

La seconda tappa dell’itinerario (che conosciamo bene perché terreno di gioco di tante “tapasciate” perlopiù invernali e… fangose) è anche la più dura perché coincide con le ultime rampe della salita del Lissolo, ben conosciuta da chi si diletta con la bici e da chi ne ha fatto una professione: è uno dei passaggi storici del Giro di Lombardia. Arrivati al nostro GPM di giornata, partono un paio di altre domande per l’”hombre vertical” Aymonod, ad iniziare da quella che lega le sue origini ed il suo presente al progetto di una multiforme evoluzione. Un lavoro complesso ed articolato che lasciamo sia lui a spiegare:

“Negli anni passati, tranne quest’ultimo, ho sempre staccato le due stagioni: d’inverno mi dedicavo allo scialpinismo mentre d’estate correvo. Già l’anno scorso ho capito che tutto non si può fare e quindi mi sono concentrato a correre di più ed anche in inverno, anche se abitando in Valle d’Aosta non è così semplice, perché c’è la neve (Henri è di Rhêmes-Saint-Georges, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, ndr). Però con un po’ di sacrificio ho cercato di mantenere il gesto della corsa perché il mio problema è sempre stato che – finita la stagione di scialpinismo - riprendere a correre mi creava sempre qualche acciacco ed impiegavo un mese a tornare al livello raggiunto alla fine della stagione precedente. Accelerare questa tappa e lavorare su me stesso in cose che mi piacciono un po’ meno mi ha comunque fatto molto bene poi per l’estate. Quindi quest’anno attuerò lo stesso tipo di ‘mindset’: correrò di più anche in inverno, senza però trascurare lo scialpinismo che è una disciplina che a me serve. Essendo molto magro, ho bisogno di forza e credo che lo scialpinismo sia lo sport migliore per me, per sopperire a questa mia mancanza”.

“Il mio prossimo obiettivo è quello di diventare competitivo un po’ in tutte le gare di corsa in montagna. Nel mio futuro mi piacerebbe essere un atleta completo, quindi competitivo su ogni tipo di terreno, su ogni tipo di gara che ha… un inizio e una fine. Non mi reputo ancora - per il momento - un ‘ultradistancer’, diciamo così. Quelle sono cose che verranno più in là: adesso finchè sono giovane cerco di sforzarmi a fare delle belle gare di corsa e di andare forte nelle gare storiche che mi intrigano molto. Non lunghissime però, tipo Sierre-Zinal, prove che possono arrivare diciamo alla maratona come distanza. Quelle sono le gare nelle quali attualmente c’è il livello più alto. Io amo tantissimo confrontarmi con gli atleti più forti del mondo e quindi… quindi voglio arrivare lì!”

Doppiato il giro di boa del Lissolo ed imboccata la strada del ritorno proviamo a concentrarci su “Aymo” e sulla sua tecnica di corsa. Cercando di non perdere di vista il terreno che le nostre Vectiv mordono: piuttosto accidentato e dagli ostacoli nascosti da un tappeto di foglie. Non si tratta di rubargli qualche segreto. Sarebbe pretenzioso, come lo sarebbe pensare di aver messo davvero alla frusta le Vectiv stesse, “bocche da fuoco” che solo atleti professionisti o quasi possono pensare di portare davvero al limite ma che anche a noi possono regalare grandi soddisfazioni. Cerchiamo intanto di trarre ispirazione dalla leggerezza di Henri, dal suo talento. Come lui forse ha fatto ispirandosi a modelli che è poi riuscito ad imitare. Gliene chiediamo conto alla terza ed ultima sosta, ormai di ritorno sull’asfalto brianzolo ed in vista del “traguardo”:

“Beh chiaramente non si può non citare Kilian Jornet. Lui è un atleta molto particolare, difficile da imitare perché ha al suo attivo una serie di volumi secondo me insostenibile da qualsiasi persona, ma questa è una storia che lui si è creato dal suo passato e dalla sua capacità di adattamento. Vincere come ha fatto lui l’UTMB e poi Sierre-Zinal ed essere competitivo sui vertical è una cosa molto molto difficile da ottenere e credo che questo a Kilian venga facile perché riesce a sopportare dei volumi che… io per esempio mi infortunerei il giorno dopo! Oltre a Kilian poi, chiaramente su distanze più corte, ci sono tanti atleti africani che io ammiro tantissimo perché… boh, è impressionante la loro facilità di corsa, la loro elasticità. Un esempio può essere Petro Mamu che io reputo uno degli atleti più forti di sempre nel panorama internazionale. Come atleti storici, per me un grandissimo riferimento è invece Jonathan Wyatt (il 49enne ex atleta neozelandese sette volte campione del mondo ed otto volte vincitore della Coppa del Mondo di corsa in montagna, nonché attuale presidente della già citata WMRA, ndr). Credo che lui - insieme a Kilian - si possa definire l’atleta più forte di tutti i tempi. Una persona che va ad Atene alle Olimpiadi e corre i diecimila in ventotto minuti, poi torna e vince il Challenge Stellina (storica gara di Mountain Running che Henri ha vinto quest’anno, ndr) ed il Mondiale di corsa in montagna è qualcosa di incredibile”.

Pochi minuti ci separano dal piazzale del DF Sport Specialist dal quale eravamo partiti, nel quale torneremo presto per i prossimi eventi con i protagonisti degli sport outdoor organizzati dal marchio italiano e dove ora ci aspetta un ricco ristoro, del quale approfittiamo volentieri. Rifocillati e ripreso fiato, ecco l’ultima domanda per Henri, quella ancora più proiettata nel futuro, da pianificare anche grazie al supporto di TNF: 

“Mi sento molto ben rappresentato da The North Face. Loro hanno una filosofia molto puntata sull’esplorazione e questa è un cosa che a me piace moltissimo. Così credo che sfrutterò le mie capacità nella corsa per esplorare nuovi terreni, nuove regioni, nuovi Paesi e per farlo con il mio stile. Rimango dell’idea che, se riesco a correre, semplicemente riesco a visitare ed a conoscere più posti rispetto ad una persona che cammina e quindi utilizzo questa mia dote per realizzare dei progetti con questo brand e per mettermi in gioco anche in nuove avventure, assolutamente sì!”

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