MOTOGP

Dalla MotoGP alla Moto2: cosa ha insegnato la domenica a tinte forti di Spielberg

L'incidente Zarco-Morbidelli ha fatto passare in secondo piano il successo Dovizioso, riaprendo il dibattito sui confini del rischio accettabile

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L'immagine del relitto della M1 di Franco Morbidelli che attraversa come un missile lo spazio tra le moto gemelle di Maverick Vinales e Valentino Rossi è destinata a rimanere a lungo impressa negli occhi di tutti ed ancora più in profondità nell'anima dei diretti interessati: gente disposta - per mestiere - ad accettare rischi enormi al tornantino del Red Bull Ring come in qualsiasi altra curva del Motomondiale, ma non a farlo senza il rispetto (dovuto e richiesto) da parte dei propri colleghi. 

 

Più drastico Morbidelli, altrettanto esplicito ma con più argomentazioni Valentino. I giudizi sulla manovra di Johann Zarco al Gran Premio d'Austria sono stati unanimi ma il nove volte campione del mondo, coinvolto in prima persona, ha dimostrato anche in questa occasione di essere ancora oggi - a quarantuno anni (e mezzo ormai) - un vero e proprio faro per la specialità e per i proprio govani colleghi. Per sua stessa ammissione, tra le montagne della Stiria il "Dottore" si è trovato faccia a faccia (e con lui il compagno di squadra Vinales) con il "near miss" più clamoroso della sua intera carriera. Si discute sui centimetri e sui millesimi di secondo (in più o in meno), che hanno separato incolumità ed esiti quasi certamente fatali (pensando anche all'altra tragedia sfiorata nella Moto2 con il decolo di Yafizh Syahrin sulla moto di Bastianini). In realtà, oggi (o quantomeno da oggi) ed a maggior ragione nei prossimi giorni, in attesa del ritorno in pista venerdì per "gara-due" di Spielberg, occorre rivolgere l'attenzione a questioni e ragionamenti "macro" che riguardano innanzitutto i provvedimenti da prendere nei confronti di Zarco.

A restare millimetrico e per di più indistinto (e indistinguibile) è il confine tra determinazione e calcolo, aggressività e lucidità, cattiveria agonistica e rispetto. Una sorta di "zona grigia" (ineliminabile) nella quale abita, si muove e agisce chi ha scelto il mestiere del pilota. Ma bisogna saperlo fare ... alla maniera di Valentino che ce lo ha dimostrato ieri. Pienamente consapevole del rischio corso (emblematico il gesto delle mani ... tra i capelli al suo ritorno ai box) Rossi ha poi corso e chiuso il quinto posto il Gran Premio d'Austria. Per lasciarsi presto alle spalle l'ombra metallica che gli passa davanti. Per poi togliersi il casco e riflettere davanti ai microfoni sull'accaduto: senza mezzi termini ma con l'autorità dei suoi quarantuno anni, dei suoi nove titoli, dei suoi venticinque anni di carriera nel Motomondiale. Lasciando ancora una volta il segno. Senza nulla togliere ad Andrea Dovizioso, Valentino è il vincitore morale del Gran Premio d'Austria. Un patrimonio di esperienza. lucidità e passione del quale l'intero movimento non è ancora pronto a fare a meno.

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