L'ANALISI

Italia ancora fuori dal Mondiale: ma il problema non sono "i giovani"

Mancini ha puntato dall’inizio sulla linea verde, ma il coraggio del ct non è lo stesso dei nostri top club

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I giorni dopo un’eliminazione sono i più difficili, soprattutto se è stata dolorosa e inaspettata come quella dell’Italia dai Mondiali, e i giorni dopo sono quelli dei processi, delle analisi e delle dita puntate: “La Serie A è un campionato per vecchi” (in effetti ha la quarta età media più alta, quasi 27 anni, dopo i campionati di Cipro, Ungheria e Turchia, ndr), "C'è poco materiale umano selezionabile", "Ci sono troppi stranieri nelle giovanili" e altre frasi più nazional-popolari come “Abbiamo smarrito il talento” o “Non sappiamo più insegnare calcio”. In questi giorni si è sentito di tutto, ma la causa del secondo flop mondiale consecutivo degli Azzurri non è lo scarso utilizzo dei giovani, anche perché proprio la Nazionale di Roberto Mancini ha avuto il merito di intercettare e poi di lanciare diversi ragazzi cresciuti nei nostri vivai come Zaniolo o Chiesa ma anche Raspadori, Tonali, Scamacca e molti altri.

Tutti esempi concreti del coraggio avuto dal ct, che dopo la sbornia di Euro 2020 in questi giorni riflette sul suo futuro sulla panchina azzurra (sembrano esserci buoni spiragli per continuare). Quel coraggio che però manca ai top club italiani, troppo legati alla ricerca di un posto Champions (e dei successivi introiti) per permettersi un impiego costante dei ragazzi formati nei settori giovanili. Il risultato è che i nostri giovani resteranno tali per sempre, perché non faranno mai l’esperienza internazionale necessaria per affrontare partite come quella del Barbera.

La vera differenza con le altre grandi nazionali, che sono tutte un mix di giovani di talento e campioni già affermati, non sta tanto nell’età media dei giocatori ma soprattutto nel numero di presenze in Europa che hanno collezionato. Non è un caso che a Palermo Verratti, che gioca da anni da titolare nel Psg, sia stato per distacco il migliore in campo e il fatto che nelle prime sei squadre del nostro campionato non giochi neanche un attaccante da Nazionale (solo Insigne che a giugno andrà a Toronto) deve far suonare forte l’allarme.

Gli attaccanti della nazionale italiana (e il problema della sterilità offensiva è stato il principale motivo dell’eliminazione degli Azzurri, incapaci di segnare anche alla fragile Macedonia) non possono giocare nel Sassuolo che non fa le coppe, devono poter fare la necessaria esperienza internazionale e quindi le big devono puntarci, anche a costo di fare sforzi importanti a livello economico. Juve, Inter e Milan devono tornare ad essere la base da cui attingere pewr il ct, le big devono puntare forte sugli italiani: solo così la Nazionale potrà avere un futuro vincente.

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