L'ANALISI

Napoli, Spalletti non abita più qui, ma si può vincere anche in altri modi

La squadra di Garcia segue altre vie per arrivare al gol, meno spettacolari rispetto all'era dell'allenatore precedente, ma comunque efficaci

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Il Napoli commissariato, e con quella sorta di precarietà che circonda l'atmosfera della squadra dopo il sondaggio per Conte, alla fine è solo a sette punti dalla vetta e in piena corsa per prendersi gli ottavi di Champions. Difficile aspettarsi di più dopo la rivoluzione tecnica della scorsa estate. Spalletti che se ne va non ti costringe solo a cercare un nuovo allenatore, ma si porta dietro un cambio di prospettive, di visione, di filosofia che, fatalmente, ha bisogno di tempo per essere assimilato.

Scegliendo Garcia, De Laurentiis ha voluto affidarsi a un allenatore poco dogmatico e abbastanza intelligente da capire che l'unica strada da percorrere sarebbe stata quella di non toccare troppo le logiche tattiche che hanno portato al tricolore. Evitare insomma quello che, per esempio, era successo all'Inter post triplete, quando un tecnico carismatico e accentratore, con un gioco ben definito, è stato sostituito da qualcuno (Benitez) che ha voluto cancellare il passato cercando di vincere seguendo altre logiche. Rigettato dal gruppo, il cambiamento ha portato a un fatale addio.

Garcia, invece, con i toni pacati di chi riesce a essere autorevole senza diventare autoritario, ha voluto metterci del suo. La costruzione dal basso insistita, la ricerca della manipolazione degli spazi, il pressing alto e costante, l'insegnamento delle giuste letture da parte dei giocatori, sono i concetti che hanno reso il Napoli di Spalletti riconoscibile e vincente (oltre che, spesso, spettacolare). Il nuovo allenatore ha diminuito la percentuale di possesso, enfatizzando la ricerca della profondità, alternando le fasi di pressing a quelle di attesa. I problemi di Osimhen hanno complicato la qualità delle verticalizzazioni ma Garcia è riuscito, dopo una fase di inevitabile spaesamento, trovare una logica al gioco dei suoi. Anzi, si può dire che la partita di Salerno abbia finalmente realizzato, sul campo, i dogmi del nuovo Napoli.

Lo spettacolo non sarà di prima qualità ma arrivano i punti. La scelta di puntare su Raspadori ha portato gli azzurri ad alternare la ricerca della profondità, anche sugli esterni, a un calcio associativo, in fase di possesso consolidato in zone alte del campo, che avvicina i giocatori di qualità che possono fraseggiare in pochi metri sfruttando la tecnica individuale per superare avversari che serrano le linee difensive. In questo modo torna efficace anche Lobotka, un po' spaesato, all'inizio, dal cambio di guida tecnica. Il Napoli 2.0, insomma, sembra aver visto la luce, anche se andrà valutato contro squadre di livello più alto. 

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