La compagna del procuratore ha raccontato le difficoltà quotidiane causate dalla SLA: "Penso a quanto sta male, ma soprattuto a quanto voglio che lui sopravviva"
"La malattia sta galoppando, è velocissima. Lui sta molto male, ma io non ci penso alla sua malattia. Penso a quanto sta male ma soprattutto a quanto voglio che lui sopravviva". A parlare è Maura Soldati, moglie di Matteo Materazzi che da circa un anno sta combattendo contro la SLA. Il procuratore sportivo è seguito da vicino dalla compagna giorno dopo giorno in una situazione che appare aggravarsi costantemente, nonostante tutti i tentativi per trovare una soluzione a questo dramma.
Nonostante le complicazioni che contraddistinguono la quotidianità del fratello del campione del mondo 2006 Marco, Soldati ha deciso di non arrendersi e raccontare le proprie speranze a Fanpage: "È una malattia difficile, soprattutto per chi la vive, ma è complicata anche per chi accompagna. Si pensa sempre giustamente in primis al malato. Ma con questo tipo di malattia anche il caregiver è messo quasi al pari del malato, come tipologia di vita. Con questa malattia non c’è una sentenza di morte, ma è logorante. Vorrei che si desse voce al fatto che chi sta a contatto h24 con un malato di SLA ha bisogno di grandissimo supporto - ha spiegato la moglie di Materazzi -. Mio marito di notte non dorme mai, si sveglia mille volte, ha mille dolori e tantissimi problemi. Lo devo girare continuamente, non ha un fisico magrolino e io sono da sola: tutte le notti. Ora siamo in Sardegna, perché lui ci è voluto venire. Qui ha una casa da oltre quarant’anni, perché sua mamma era sarda. Questa casa la comprarono quando lei era ancora viva, poi si ammalò e gli ultimi giorni della vita li trascorse qui. Lui è voluto venire in Sardegna e siamo venuti, con tanta difficoltà. Qui è peggiorato, anche se ci sono più aiuti: ci sono i fratelli, la sorella, ma in generale è più faticoso gestirlo rispetto a Roma".
Nonostante il morale spesso sia difficile da tenerlo alto, Maura continua a combattere grazie anche a un contributo importante ricevuto dal mondo del calcio che Matteo conosce molto bene e che lo vede ancora attivo in qualità di agente: "Cerco quotidianamente di lavorare su di lui, di incoraggiarlo. Io lo tratto come se stesse bene, a volte mi dice che ‘sono una stronza’. Non riesco a essere ‘pietosa', lo tratto come fosse sano, non so perché ma è così. Penso debba vivere un clima di normalità, che è una cosa che non lo fa spegnere. Se stessi lì a dire ‘povero amore mio, come stai male' lo butterei giù ancora di più - ha aggiunto Soldati -. Abbiamo avuto un grosso contributo da un conoscente, ci siamo sempre stati simpatici ma non siamo amici. Non ci ha stupito, vista la persona, ma non era scontato. Gli amici sono stati presenti. Molti che potevamo pensare si muovessero, non si sono mossi, ma non è importante. Abbiamo avuto molti messaggi di solidarietà. Il fratello di Matteo sta cercando di organizzare una partita al PalaLottomatica di Roma per ottenere dei fondi. A livello contributivo molti sono amici".
A proposito di fondi, Soldati ha voluto anche fare chiarezza sul crowfounding lanciato per sostenere la ricerca verso nuove cure, un tentativo per recuperare tempo a dispetto della malattia che corre troppo veloce per pensare di fermarla e lavorare con metodi già conosciuti. Motivo per cui è necessario spiegare per bene cosa stia accadendo, anche al fine di evitare spiacevoli fraintendimenti.
"Ci tengo a spiegare una cosa. Non voglio che si creino incomprensioni. Quando ho aperto il crowfounding, l’ho fatto perché era una richiesta ad amici e conoscenti. Questa cosa è esplosa. Ma io l’ho fatta dopo aver avuto un confronto con la mia referente della Columbia University. Non è che il dottor Schneider ci ha chiesto un milione e mezzo di euro. Lui sta cercando di farci appoggiare da un fondo o una fondazione, perché la fondazione che finanzia il suo studio non accetta pazienti stranieri. Ora non sappiamo se Matteo sia compatibile con gli ASO che hanno a disposizione, perché stanno facendo lo sviluppo del genoma. Quella cura sarebbe gratuita, a nostro carico ci sarebbero solo le spese di viaggio e permanenza, perché nel caso dovremmo rimanere a lungo lì - ha sottolineato la compagna di Materazzi -. Ci siamo mossi con un laboratorio privato, sempre americano, che sta sviluppando un ASO privatamente. I costi sono grosso modo quelli. La cifra è alta, almeno un milione di euro. Noi stiamo cercando di abbreviare i tempi, perché la malattia va così veloce che non sappiamo nemmeno se riusciremo a farla questa cura, che verrebbe portata direttamente in Italia. Ma in quel caso dobbiamo vedere anche la risposta dell’AIFA. Noi siamo impegnati su più fronti e per questo motivo stiamo impegnando i nostri fondi, quindi ci serviva un altro aiuto. La cosa a cui tenevo è che si sapesse che non vogliamo approfittare della situazione".
A questo punto rimane fondamentale il supporto della famiglia, anche del fratello Marco i cui rapporti si sono appianatati dopo la comparsa della malattia tanto da riavvicinarli: "La prima volta che ho rilasciato un’intervista molto lunga ho chiesto di non mettere in evidenza il rapporto tra Matteo e Marco, che era stato un po’ difficile negli anni. Ma non è stato così. La loro famiglia ha avuto diverse disgrazie e quando succedono cose del genere ci sono equilibri particolari, si discute per cose stupide, ci si allontana ma poi ci si riavvicina. Da quando Matteo è malato si sente con il fratello quotidianamente. Il fratello è presente. Così come gli altri fratelli e la sorella".