La vittoria in extremis con la Viola rimette in carreggiata i bianconeri, ma sul piano del gioco non ci siamo
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Un gol nel recupero e tre punti. La Juve è tornata a vincere in campionato dopo le sconfitte contro Sassuolo e Verona, ma per Allegri, a parte il risultato, dalla gara contro la Fiorentina non arrivano tante buone notizie. Al netto della magia di Cuadrado che ha deciso il match entrando dalla panchina, di un McKennie in fiducia e di un buon secondo tempo di Chiesa, i bianconeri con la Viola hanno mostrato infatti i soliti problemi in fase di costruzione, ritmi bassi e una certa confusione nella disposizione in campo.
Tutto con ancora diverse prestazioni individuali non all'altezza della situazione e tanti errori di misura. Nulla di catastrofico, per carità. Ma l'impressione è che in casa Juve i meccanismi e gli automatismi siano ancora molto lontani da aver trovato la quadra. A partire dalla mediana, dove Locatelli e McKennie provano a dare dinamicità e geometrie alla manovra, ma predicano un po' nel deserto sotto il profilo tecnico, rendendo spesso il gioco lento e prevedibile e faticando a trovare sbocchi in profondità sugli esterni. Colpa di un atteggiamento generale un po' confusionario e posizioni in campo spesso difficili da interpretare e da spiegare.
A sinistra le incursioni di Odriozola hanno dimostrato che tra Alex Sandro e Rabiot non c'è molto feeling. Soprattutto in fase di non possesso. A destra il tandem Danilo-Chiesa invece funziona meglio, ma anche qui si registra poca brillantezza in fase di spinta. In particolare nel primo tempo, quando il possesso della Viola ha costretto la Juve a restare spesso tutta sotto la linea della palla e a contenere l'avversario.
Discorso simile per l'attacco, dove Morata ha giocato spesso spalle alla porta e dato poca profondità e Dybala è rimasto troppo lontano dalla porta toccando tanti palloni, ma senza illuminare il gioco tra le linee. Tema tattico che fino all'espulsione di Milenkovic ha prodotto davvero poche occasioni dalle parti di Terracciano. E che solo la superiorità numerica ha consentito negli ultimi venti minuti di aumentare il ritmo e la velocità del palleggio, guadagnare metri e attaccare con più uomini e determinazione. Determinazione che nel finale porta la firma di Cuadrado, bravo a entrare subito in partita e a risolvere la questione con un numero. Magia che porta tre punti preziosi, ma che non può nascondere una prova giocata a larghi tratti in contenimento e senza tante idee sul piano del gioco.