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La crisi Inter: mancano i gol, la corsa e i leader tecnici e carismatici

Un solo gol segnato negli ultimi 510 minuti in campo: Spalletti non ha soluzioni alternative. E Joao Mario è al capolinea

28 Dic 2017 - 12:03

Si scrive Inter, si legge crisi. Di identità e di risultati, di gioco e di carattere. Tutto finito. L'avvio scintillante, le 16 partite in campionato senza sconfitte, la capacità di saper soffrire contro le dirette concorrenti e di vincere anche le partite più complicate. I pomeriggi di calcio bello e fluido, ricchi di gol e applausi, come contro il Chievo. Ecco, da quel pomeriggio del 3 dicembre l'Inter non ha più vinto: il pareggio con la Juve è stato l'ultimo guizzo, poi il crollo: due sconfitte di fila in campionato con Udinese e Sassuolo, il pari in Coppa Italia col Pordenone (vittoria ai rigori) e l'eliminazione ai quarti col Milan. Senza colpo ferire: l'unico gol segnato dall'Inter nelle ultime 5 partite è quello di Icardi con l'Udinese. Un gol segnato in 510 minuti.

Erano anni che a San Siro non si registrava un livello tale di insofferenza nei confronti di un giocatore in maglia nerazzurra. Contro il Milan Joao Mario ha raggiunto il picco, facendo andar fuori di matto i tifosi dell'Inter. Sfiduciati dall'atteggiamento del portoghese, indolente e spaesato in mezzo al campo, molle con la palla e impalpabile senza. Quando al 59' a due passi dalla riga di porta ha ciabattato un piatto addosso ad Antonio Donnarumma, tutta San Siro ha ovviamente imprecato.

Ma quello del portoghese non è solo una questione di non empatia tra lui e San Siro. È un problema più profondo, quello che Spalletti aveva ribattezzato "del folto che gira dietro a Icardi". Ecco, in quel folto il tecnico nerazzurro non ha mai trovato la soluzione giusta. Un po' ci ha giocato Borja Valero, all'inizio Vecino, poi Brozovic, qualche volta Joao Mario. Nessuno, anche per caratteristiche, ha mai dato l'appoggio necessario a Icardi, né tantomeno un contributo in zona gol tolte le tre reti di Brozovic.

È un problema che mette in discussione addirittura l'impianto di gioco di Spalletti. E in fondo a inizio anno in conferenza stampa con Spalletti si era parlato di invertire il triangolo del centrocampo, mettendo il vertice basso anziché alto: vedere un'Inter col 4-1-2-3 anziché col 4-2-3-1, in sostanza un passaggio al 4-3-3 stile Roma che non è in realtà mai stato provato. Eppure Vecino e lo stesso Brozovic avrebbero le caratteristiche per giocare da mezzali, Gagliardini e Borja con caratteristiche diverse potrebbero agire da vertici bassi. In questo modo Candreva e Perisic potrebbero stare più alti e vicini a Icardi. Certo, discutere il sistema di Spalletti dopo l'inizio di campionato sembra adesso innaturale. Eppure è necessario, anche perché l'Inter ha dimostrato di non avere soluzioni alternative, soprattutto quando la partita si complica.

La scossa non l'ha quasi mai data Eder, di sicuro occasioni non ne avrà più Joao Mario. Si è spesso lamentato, parola di Sabatini, per i pochi minuti giocati. Ma le occasioni che ha avuto le ha sprecate scientificamente, con prove impalpabili che fanno pensare ai tantissimi milioni spesi per strapparlo allo Sporting. E ora, anche piazzarlo, sembra complicato.

Le parole di Spalletti al termine del derby perso sono state perentorie e hanno riproposto un vecchio malanno dell'Inter, legato all'aspetto mentale: sembra che arrivati ad un certo livello, ci sia il pensiero che si possa fare meno perché si è già fatto troppo, o comunque abbastanza. Perché sì, i nerazzurri sono parsi meno brillanti dei cugini rossoneri, ma sembra più un fattore mentale. Giocatori non abituati alle altezze della classifica, alla necessità di vincere ogni partita, ad essere continui nell'eccellere.

Lo ripeteva Pioli l'anno scorso: alla prima difficoltà ci si butta via. Ed è un po' quello che è successo quest'anno. Come sempre la rosa denota la mancanza di leader tecnici e di carattere. Quelli che ovviamente Spalletti avrebbe voluto e vorrebbe dal mercato. Perché ad esempio risuonava il nome di Ramires? Perché pur non essendo un fuoriclasse assoluto ha caratteristiche calcistiche e di abitudine alle grandi sfide, anche solo per l'esperienza maturata al Chelsea e nel Brasile, adatte a dare qualcosa di più a questa squadra. Ricordiamo una cosa: in questa Inter non ci sono molti giocatori che hanno vinto. Tolti Miranda (con l'Atletico), Perisic (col Dortmund) e Joao Mario (Europeo col Portogallo), Candreva (Coppa Italia con la Lazio), Vecino (campionato col Nacional), Nagatomo e Ranocchia (Coppa Italia con l'Inter), non ci sono altri trofei di rilievo (ma in realtà quelli davvero di peso sono quelli di Miranda e Perisic) nei palmares dei giocatori in rosa. Un fattore che pesa.

Della mancanza di gol abbiamo detto: uno solo negli ultimi 510 minuti. Quando Icardi non fa gol, l'Inter non segna. Icardi ha segnato 17 gol, Perisic 7. Poi, il nulla: 3 le reti di Brozovic e Skriniar, 1 gol a testa per Eder, Vecino, Borja Valero e D'Ambrosio. Poco, pochissimo. Serve, ovviamente, anche la seconda punta. Difficile arrivi qualcuno in grado di spostare gli equilibri nel mercato di gennaio, viste le limitazioni del Financial Fair Play. Ma l'Inter si deve muovere.

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