IL CASO

Inter, Conte umilia Eriksen coi cambi: il danese non festeggia la vittoria

Il trequartista inserito ancora una volta a tre minuti dalla fine. Il tecnico: "Il mio rapporto con lui è ottimo". L'addio a gennaio è praticamente certo

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Nelle facce festanti dei giocatori dell'Inter al fischio finale della partita vinta 3-1 contro il Bologna, c'è un volto che spicca. L'unico triste, desolato, disilluso. Senza girarci troppo intorno, diciamo umiliato: è quello di Christian Eriksen, l'unico a tornare negli spogliatoi a testa bassa senza festeggiare i tre punti. Che la sua storia all'Inter sia già giunta al capolinea dopo pochi mesi senza mai prendersi del tutto, è ormai evidente, ma a far scalpore continua a essere il (non) rapporto con Antonio Conte. Anche contro i rossoblù e con il risultato già acquisito il danese è stato mandato in campo solo per i tre minuti finali del recupero. Una decisione, l'ennesima da parte del tecnico salentino, che anche a buona parte dei tifosi dell'Inter non è chiara.

Che un rapporto tra Conte ed Eriksen non sia sbocciato è evidente, chiaro, limpido. Ma perché inserirlo sempre per gli ultimi minuti di gioco come un ragazzino qualsiasi? Perché umiliarlo dopo aver fatto capire a chiare lettere di non contare su di lui per una serie di motivi, tutti legittimi per carità, facendolo comparire solo quando i giochi sono più che archiviati?

Da inizio novembre a oggi lo score di Eriksen con la maglia dell'Inter recita: panchina contro Real Madrid in Spagna, Atalanta e Torino, quattro minuti in casa contro i Merengues, cinque minuti finali contro il Sassuolo (sul 3-0), panchina con Gladbach e tre minuti di recupero col Bologna (sul 3-1). Se le panchine sono e devono essere legittime, le umiliazioni nel finale sono un qualcosa che non è chiaro.

"Tutte le cose che faccio, le faccio per il bene dell'Inter - ha commentato il tecnico dell'Inter nel postpartita incalzato sulla situazione di Eriksen -. Con Christian ho un ottimo rapporto, ma tutto ciò che faccio ha come fine il bene della squadra. Quando scelgo un giocatore da mandare in campo, l'ultima cosa che guardo è chi è o come si chiama". Cosa non torna?

La risposta probabilmente la conosce solamente Conte, ma nella reazione di Eriksen al fischio finale di Inter-Bologna 3-1 c'è tutta la frustrazione di un campione che all'Inter - e per ora in Italia - non ha saputo imporsi e replicare le ottime cose fatte tra Ajax e Tottenham in campo internazionale. Mentre i compagni esultano e festeggiano il successo, il terzo consecutivo che vale il secondo posto in classifica, il danese si è diretto in solitaria e sconsolato verso gli spogliatoi. Testa bassa, sorrisi zero.

Non trattandosi di un giovane calciatore da inserire gradualmente, ma di un campione con esperienza internazionale nonché l'investimento più importante dell'inverno passato, le perplessità rimangono. Lasciando da parte antipatie personali tra le parti, la scelta di Conte appare provocatoria e insistente, ma potrebbe nascondere al suo interno un messaggio chiaro alla dirigenza e benzina per alimentare un fuoco delle polemiche di cui si nutre, nonostante le parole in conferenza e non solo.

Intanto il giocatore è perso; l'addio a gennaio è ormai pressoché sicuro e con un piccolo problema per la società: il valore del cartellino di Eriksen si è decisamente svalutato. Una sconfitta per tutti, anche per lo stesso Conte.

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