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Il sottile ed educato compiacimento di Inzaghi per la sua Internazionale europea

Intensità, organizzazione, verticalità: così i nerazzurri hanno annichilito il Benfica

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Il sottile ed educato compiacimento di Inzaghi per la sua <em>Internazionale europea</em> - foto 1
© Getty Images

Un sottile, educato ma chiaro compiacimento. Simone Inzaghi non è uomo da polemiche, campo e panchina sono la sua dimensione e la sua missione. Troppe parole, però, intorno alla sua creatura, persino per lui. Troppi giudizi, molti preconfenzionati. E così, al tramonto della prima casalinga in Champions, il tecnico dei nerazzurri ha di che gonfiarsi il petto di fronte a un'Inter che più europea - espressione tanto cara alla critica - non si può.

Sì, ma il Benfica... Ok, ma questo Di Maria... E poi, il primo tempo... No, oggi non c'è spazio per la puzza sotto il naso, per i tentativi di sminuire o di ridimensionare in qualche modo una partita che poteva terminare, senza esagerare, quatto o cinque a zero. L'intensità messa in campo dai nerazzurri nella ripresa è stata straordinaria. Ma non sarebbe bastata se non fosse stata abbinata a una chiara organizzazione di gioco e a un approccio tecnico e collettivo quasi senza sbavature. Testa, polmoni, piedi. E, fondamentale, consapevolezza. Dopo un primo tempo di studio, di confronto e di lotta, la ripresa (non è un caso, ma una costante di questo inizio di stagione che l'Inter cambi marcia nella seconda frazione di gara, unica eccezione a confermare la regola il secondo tempo contro il Sassuolo) è stata quasi una mattanza per i malcapitati portoghesi. Diciannove tiri, un gol, uno annullato, un palo, una traversa, almeno cinque parate strepitose di Trubin (a proposito, Marotta e Ausilio avevano visto giusto in estate, il portiere ucraino ha davanti un grande avvenire), una pressione costante, asfissiante, con un recupero palla capace di stordire l'avversario. Le indvidualità? Certo, ma chi è forte è giusto e logico che salga in cattedra in certe serate. Thuram, ad esempio. Pavard, anche. Lautaro, con lo scontro titanico con il portiere avverario. E poi ancora Mkhitaryan, Calhanoglu, Dimarco. Senza dimenticare Barella, che quando i ritmi salgono si esalta. Ma potremmo citare tutti i nerazzurri, compresi quelli che sono entrati dalla panchina. E allora torniamo al collettivo, alla squadra. Europea? Diciamo Internazionale, per oggi, e tanto basta. Con il sottile, educato ma chiaro compiacimento di Simone Inzaghi.

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