Atalanta-Lazio: un esodo, due episodi e la gara nella gara

La marcia dei 22mila tifosi bergamaschi e una delusione troppo profonda

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Serviva un episodio per decidere la finale di Coppa Italia tra Atalanta e Lazio e alla fine ne sono arrivati due. Il primo al 25' quando Bastos ha deviato sul palo col braccio una botta di De Roon e il secondo a nove minuti dallo scadere quando Milinkovic-Savic ha spedito di testa dietro Gollini il pallone che vale la Coppa Italia. In mezzo tanto pathos e poco spettacolo perché la partita è stata tesa con l'Atalanta capace di sfiorare il gol in un paio di occasioni e la Lazio in costante affanno ma mai costretta a capitolare.

La finale di Coppa Italia all'Olimpico ha un fascino tutto particolare, a prescindere dal fatto che una delle due contendenti giochi in casa. Un fascino che non conosce limiti. Un fascino che un'ora prima della gara spinge quasi alle lacrime Antonio Percassi. Il presidente dell'Atalanta, in compagnia dei tre figli, non regge infatti alla tensione per l'evento e all'emozione per la curva Sud completamente nerazzurra. Ma lo show deve ancora iniziare. Il preludio arriva alle otto della sera in punto quando il Papu Gomez guida la sua squadra sul tappeto rosso delle grandi occasioni ed entra in campo per il riscaldamento. La Sud diventa una bolgia. Stessa scena cinque minuti dopo, sotto la Nord strabordante di bandiere biancoazzurre. A seguire, spettacolo dal cielo, coreografie e l'inno d'Italia, ascoltato in piedi da quasi tutto lo stadio. Brividi e ancora brividi. Lo stadio canta e urla a squarciagola. Difficile pensare che qualcuno di quelli con la mano adesso sul cuore durante l'esecuzione di Lorenzo Licitra possa aver fatto a botte con i poliziotti poco minuti fa all'esterno dell'Olimpico. Questo non è calcio.

Il calcio è la gara. Che inizia sotto la pioggia e una temperatura che di maggio ha solo la data. La Sud non aspetta altro che l'Atalanta parta con il piede sull'acceleratore per poter esplodere. E così è. Il Papu scalda le mani dei 22mila tifosi nerazzurri che hanno lasciato Bergamo per dire “io c'ero”.

UNA GARA NELLA GARA - C'è una partita sul rettangolo verde, una fatta di botta e risposta tra le due curve e una terza a bordo campo. Protagonisti i due allenatori. Simone Inzaghi alla fine correrà poche centinaia di metri meno dei suoi giocatori: il mister biancoazzurro è un'anima in pena nella sua area tecnica, la percorre in lungo in largo e l'abbandona impunito almeno una dozzina di volte per tempo. Gasperini in apparenza è più tranquillo. Il Gasp maschera bene, si tiene tutto dentro fino al minuto 25 quando De Roon centra prima la mano volante di Bastos poi il palo. Quindi Leiva salva sulla riga e Zapata manda a lato. Un trittico di emozioni forti per tutta la panchina dell'Atalanta. Niente consulto con Calvarese in sala Var, niente gol e niente giallo a Bastos. Una triplice mancanza che è passata inosservata a chi non può rivedere l'azione dai monitor dello stadio.

In campo non si usa il fioretto: provare per chiedere a Ilicic, toccato duro e ripassato più di una volta. Atalanta-Lazio scorre via senza occasioni da rete ma tanto, tantissimo agonismo. L'Atalanta è più organizzata, la Lazio incarna lo spirito del suo mister, non molla mai. Così anche nella ripresa con un predominio nerazzurro senza colpo ferire eccezion fatta per una traversa scheggiata da Gomez. Serve un episodio e arriva a dieci minuti dalla fine quando il subentrato Milinkovic Savic svetta in area e manda alle spalle di Gollini il pallone dell'1-0. E' il secondo episodio con il serbo in rete praticamente alla prima palla toccata. L'Atalanta accusa il colpo. I suoi tifosi no: continuano a sostenerla fino alla fine. La rete di Correa è buona solo per gli almanacchi dove non entreranno gli episodi.

UNA CITTÀ IN TRASFERTA - Finisce così una giornata che ha visto mobilitarsi mezza Bergamo. I ventiduemila nerazzurri sono arrivati via gomma, via rotaia e via cielo ma se ce ne fosse stata la possibilità sarebbero giunti all'Olimpico anche via mare. Troppo importante essere a Roma questo 15 di maggio del 2019. Si tratta di un appuntamento con la storia, un “io c'ero” con post-ricordo sui social da tramandare ai bergamaschi di domani. Perché l'Atalanta per i bergamaschi non è solo una passione sportiva. È un atto di fede professato da soli o, meglio, in gruppo. Da soli davanti alla tv in religioso silenzio o in gruppo. O meglio ancora in massa: ne sanno qualcosa gli ignari passeggeri in transito dalla stazione di Milano Centrale mercoledì, storditi da mattutini cori di tifosi nerazzurri con sciarpa al collo, birretta e smartphone in mano. I più fortunati di loro hanno incrociato Pippo Inzaghi, l'attaccante ad oggi più prolifico in Serie A con la maglia della Dea. Un coro per SuperPippo, un selfie subito spedito su Whatsapp o su Facebook e la marcia verso Roma ha inizio. Un inizio che meritava una fine migliore. Magari con un episodio di meno.

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