Lunga intervista concessa dal cestista italiano che ha raccontato i suoi giorni di cura in ospedale a Valencia
A pochi giorni dal termine del primo ciclo di chemioterapia, Achille Polonara è tornato a parlare rilasciando un'intervista a Corriere.it. L'ala della Virtus Bologna ha raccontato il racconto a casa a Valencia dopo due mesi di ospedale: "Da quando venerdì ho lasciato l’ospedale va tutto meglio, sento di avere molta forza. Il video con i bimbi è nato in modo molto spontaneo. Erika mi ha detto: aspetta a uscire dalla macchina. Li sono visti piombarmi addosso, che emozione dopo un mese e mezzo che non li vedevo. La mattina successiva, svegliarsi nel lettone è stato bellissimo. Hanno sfrattato mia moglie Erika perché volevano dormire insieme al papà. A loro non avevamo nemmeno detto che ero in ospedale, mia suocera è venuta qui a darci una mano quando Erika sta con me. Sono piccoli, Achille jr ha tre anni, Vitoria ne compirà cinque a novembre. Lei ha già capito che c’è qualcosa che non va…".
La prima figlia, Vitoria, che già nel 2023 aveva già capito la difficoltà della situazione quando a Polonara fu diagnosticata una neoplasia testicolare: "Le femminucce sono più sveglie. Dall’ospedale durante le videochiamate ha notato subito che mi erano caduti i capelli. È andata da Erika con tono arrabbiato: mamma, mi hai detto una bugia, se gli sono caduti i capelli vuol dire che papà ha una cosa grave come l’altra volta". L'azzurro, inoltre, racconta del momento in cui, a Bologna, gli è stato comunicato della leucemia mieloide: "Dal buio assoluto al terrore di qualsiasi tipo, anche di morire. Al Sant’Orsola di Bologna hanno fatto pure fatica a comunicarmelo. Entra l’ematologo e mi dice: non ci sono buone notizie. Poi si ferma, quasi impacciato. Non è che non sapesse cosa dirmi, voleva semplicemente avere cura di scegliere le parole più adatte. Le dico la verità, senti la parola leucemia e ti fa paura, ma ti accorgi di quanto sia davvero dura quando inizi le cure".
E, a proposito di cure, Polonara spiega i motivi che l'hanno portato a spostarsi a Valencia: "Erano già disponibili delle pastiglie specifiche che dovrebbero abbassare il rischio di recidive in futuro. A Bologna le avrebbero avute solo a settembre, sarebbe stato più complicato. I medici del Sant’Orsola mi hanno indirizzato qui". Poi aggiunge: "Ho fatto prima un ciclo, per sette giorni sono rimasto attaccato alla chemio, alla flebo, a tutti i liquidi, agli antibiotici vari, alle boccette antinausea. Poi ho iniziato il percorso con queste pastiglie, ormai da più di due settimane. Martedì le dovrò sospendere per qualche giorno. Dal 4 agosto dovrei iniziare il secondo ciclo di chemio, sempre a Valencia. Una volta che l’avrò concluso, tornerò a Bologna per il trapianto di midollo al Sant’Orsola".
Nel corso dell'intervista viene fatto anche un riferimento a Sinisa Mihajlovic, ex allenatore del Bologna che proprio all'ospedale Sant'Orosola era stato ricoverato a causa della leucemia: "Mi ha immediatamente contattato la moglie Arianna insieme ai figli, non ci conoscevamo. Mi hanno spiegato che la leucemia di Sinisa era molto particolare. L’altro giorno ci siamo visti per la prima volta, abbiamo fatto una videochiamata collettiva, lei con tutti i figli. Sono davvero persone molto sensibili e attente". Poi conclude parlando dei compagni di squadra di Bologna e della Nazionale, che non l'hanno mai lasciato solo: "Sono sommerso da un affetto pazzesco. Mi aiuta tantissimo ad affrontare queste cure. I ragazzi della Virtus Bologna sono stati fenomenali quando mi hanno portato in ospedale la Coppa dello scudetto. Mi ha colpito la sensibilità di Belinelli. Poi ci sono gli azzurri, il c.t. Pozzecco mi scrive tutti i giorni, lo considero quasi un fratello maggiore. Spissu è il mio amicone, per tutti tifosi noi due siamo Gaspare e Orazio. A loro ho detto: avete un Europeo da giocare tra poco, fatemi un regalo perché sarò il vostro primo tifoso".