Milan: Benevento come la Cavese? Magari, oggi è pure peggio...

I media rilanciano il ricordo della sconfitta del 1982, il club replica. Ma la verità è che quella squadra...

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Per i milanisti non più di prima mano è stato decisamente particolare aprire la Gazzetta dello Sport e ritrovarsi scodellata in un titolo una squadra da tempo presente nella parte indelebile del loro archivio tifoso, la Cavese. Uguale tempi di Serie B, uguale tempi bui, uguale un parametro di sfottò tra i più gettonati dai nemici, interisti, soprattutto.

Molto, infatti, si è ricamato e si ricama tutt'oggi da entrambe le parti su quel remoto 1-2 dell'autunno 1982, la retorica rossonera dello stadio pieno, dei 60mila (non è vero: circa 40mila, abbonati compresi) contro le foto del tabellone di San Siro postate dai bauscioni nerazzurri, le battute pesanti sulla piccoletta del Sud salita ad umiliare i nemici: robe da tifosi, ci stanno, è il sale della rivalità.

E tuttavia non ci si aspetta, forse, che sia il principale quotidiano sportivo italiano ad adeguarsi a quel parametro, a definire la clamorosa inciampata milanista di Benevento una "nuova Cavese". E ci si aspetta ancora di meno che lo stesso Milan, tramite un commento pubblicato dal sito ufficiale, si affretti a rispondere, a stabilire distanze, a replicare che trattasi di beffa e non di "tragedia sportiva".

La sconfitta con la Cavese una "tragedia"? Per una risposta, affidiamoci a qualche dato oggettivo, a un confronto sui fatti di ieri e di oggi.

1) Domenica 7 novembre 1982, il Milan era capolista della B e la Cavese stazionava in alta classifica, al quarto posto. I rossoneri erano ancora imbattuti in campionato, una sola la sconfitta dei campani. Partita combattuta, ribaltata dagli ospiti dopo il gol iniziale di Jordan, il loro portiere Paleari non segnò, ma in compenso disse no almeno 4 volte agli attaccanti milanisti. Con lo storico successo di San Siro, la Cavese si portò al terzo posto a un solo punto dallo stesso Milan e dalla Lazio. Al ritorno, a Cava dei Tirreni, il Milan già in fuga fu fermato sul 2-2, a fine stagione la squadra allenata da Pietro Santin chiuderà al sesto posto, a sole tre lunghezze dal Catania promosso in Serie A dopo spareggi con Como e Cremonese. Se oggi il Milan non è certo il team leader del campionato, il valore per la Serie B dell'avversario di allora non è dunque parametrabile a quello del Benevento in A, che sta battendo ogni record negativo delle principali leghe europee.

2) Dopo la Cavese, il Milan perderà altre due sole partite in campionato, a Como e a Perugia, tornando in A con tre giornate di anticipo e stabilendo record in fatto di reti segnate: 77 in campionato e 101 complessivamente in 51 partite comprendenti Coppa Italia e Mundialito Clubs. Oltre a quelle citate in B, i rossoneri persero sole altre due gare, contro la Juventus campione d'Italia nella fase eliminatoria di Coppa Italia e contro il Peñarol al Mundialito. Totale sconfitte stagionali: cinque. La Cavese, dunque, è stata un incidente di percorso in una stagione scintillante e continua. Post scriptum sul Mundialito, torneo non ufficiale, ma dal livello tecnico e agonistico molto alto a dispetto del fine stagione. Certamente superiore a quello di un girone di Europa League, per capirci.

3) Con la Cavese, insieme al 22enne capitano Franco Baresi, scesero in campo giocatori quali Tassotti, Evani, Battistini, Icardi, Verza, Romano, Incocciati, Pasinato, Serena, una squadra giovanissima, iniettata di buonissime qualità tecniche e costruita anche su un vivaio fiorente. La prospettiva di crescita, anche in un contesto minore quale la B, appariva evidente, così come poi hanno dimostrato gli anni a venire, e a ben altri livelli. Secondo il suo allenatore, Ilario Castagner, quella formazione avrebbe lottato per un posto in Europa in Serie A e rinforzata con due buoni stranieri in difesa e a centrocampo e con la conferma di Aldo Serena in attacco, avrebbe potuto ambire a traguardi ancora più alti. Si può oggettivamente ipotizzare lo stesso destino per l'attuale Milan?

4) Non arrivarono due buoni stranieri, bensì Gerets e Blissett. Serena - con Pasinato - tornò all'Inter. Il giocattolo Milan si ruppe, è chi lo ruppe fu Giuseppe Farina, il presidente, uno dei più esecrabili della lunga storia rossonera. Farina che comunque, fino a quando le scatole cinesi da lui create gli esplosero nelle mani, fu un presidente presente, visibile, fin troppo attivo, per lo sconforto dei tifosi rossoneri. E c'erano comunque dirigenti (il vicepresidente Gianni Nardi, il ds Silvano Ramaccioni) in grado di tenere insieme la baracca, coi soldi e con la competenza. Oggi, invece, non c'è neanche un presidente con cui arrabbiarsi o a cui chiedere conto, Yonghong Li rimane un'entità lontana, che non ritiene di materializzarsi nemmeno in un momento di crisi acuta, in cui tutti dicono tutto e il contrario di tutto sul club. E a proposito di disfacimento tecnico, è provato che Baresi, Maldini e gli altri gioielli milanisti non levarono le tende grazie all'avvento di Silvio Berlusconi, che impedì di fatto al fuggitivo Farina o altri possibili acquirenti di monetizzare grazie al mercato. In mancanza di ossigeno economico, i Donnarumma, i Suso, lo stesso Bonucci sono già con un piede sulla porta. Il Milan ha già bisogno di un nuovo Berlusconi, di qualsiasi origine: ma all'orizzonte non se ne vedono.

5) Nelle ultime 10 partite, i rossoneri hanno raccolto 9 punti, che sarebbero 7 con i criteri dei tempi della Cavese: una media da Serie B, ecco, questa si che è una "tragedia sportiva".

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