Il Milan di Montella non vola più

Squadra decimata da infortuni importanti, ma anche rassegnata e involuta. E certe scelte del tecnico...

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Tra le differenti declinazioni di una sconfitta molto più ampia di quanto il risultato non dica, non si può far finta di non vedere che la distanza tra Juventus e Milan, qualche mese fa sorprendentemente ridotta, si è nuovamente allargata fino a tornare a essere un abisso. Polemiche a parte, peraltro più giornalistiche che di campo - se si esclude la dichiarazione "preventiva" di Dybala, non c'è stato nessun milanista che abbia posto l'accento su eventuali errori arbitrali - ci sono due dati che ci sembrano significativi. Il primo riguarda il progetto Milan in senso stretto.

La sensazione, già da qualche settimana, è che il margine di crescita della squadra sia ridottissimo se non addirittura nulla. Al netto di infortuni importanti - Bonaventura e, venerdì sera, anche Suso -, Montella, che ha lavorato benissimo nei primi mesi, non è più riuscito a introdurre soluzioni di gioco che permettessero alla squadra di essere meno prevedibile di quanto in effetti non sia.

Per capire è necessario fare molti passi indietro, perché è evidente che il lavoro del nuovo tecnico nei primi mesi in rossonero sia stato eccellente. Montella - e qualche volta l'ha gentilmente ricordato - ha preso in mano un gruppo alla deriva e ha dato un senso, prima ancora che un gioco, al suo Milan. Ha messo i giocatori giusti nella posizione giusta, restituito consapevolezza a elementi spenti e demotivati, lanciato o rilanciato talenti come Locatelli e Suso e insegnato un tipo di calcio semplice ma efficace. Il suo Milan di avvio campionato soffriva in difesa ma ripartiva anche con arroganza diventando spesso pericoloso. Era una squadra conscia dei suoi limiti che sapeva però valorizzare i suoi pregi.

E' in questa fase che il Milan sembrava promettere bene. Non è mai stato devastante, ma era diventato poco alla volta squadra. A un certo punto, però, il giochino si è rotto. Gli avversari hanno cominciato a prendere le misure al gioco di Montella raddoppiando, ad esempio, centralmente su esterni - Bonaventura e Suso - portati a rientrare sul piede buono per cercare il tiro dalla distanza ma anche alzando il pressing per evitare a difensori e centrocampisti di dettare il ritmo della partita e respirare con il giro-palla basso. Alle ovvie contromosse degli avversari, Montella non ha saputo rispondere con nuove soluzioni e tra infortuni e fisiologici cali fisici di qualche giocatore importante, il suo Milan si è ripiegato su se stesso, perdendo contatto con le prime e tornando vulnerabile come un anno fa.

L'altro elemento preoccupante riguarda l'atteggiamento, la gestione psicologica di una partita. Per capirci basta guardare le sostituzioni di Torino. Prima Bacca, una punta, per Kucka (10' del secondo tempo!!!), un centrocampista che sa inserirsi ma che è evidentemente più di contenimento che di spinta. Quindi Pasalic, il più offensivo della mediana rossonera, per Poli. Infine, quando la marea bianconera avanzava - anche grazie al campo che le sostituzioni di Montella aveva concesso alla Juve - il cambio di Ocampos, in quel momento falso nove, con Vangioni. Tutti segnali di una progressiva resa a un avversario che, nel frattempo, inseriva uomini offensivi (Lichtsteiner, poi protagonista dell'azione del rigore al 95') per uomini difensivi (Barzagli) e avanzava ad esempio Bonucci, rimasto senza attaccanti da marcare e quindi libero di aggiungersi all'assalto bianconero.

Logico, in questo senso, chiedersi come mai Lapadula non abbia giocato nemmeno un minuto - al posto di Bacca, come naturale, ma anche di Ocampos - e non si sia ritenuto opportuno tenere in campo almeno un uomo in grado di costringere la Juve a pensare anche alla fase difensiva. Altrettanto naturale, ma questo è evidentemente un altro discorso, è chiedersi cosa avrà pensato Berlusconi, da sempre promotore di un gioco offensivo, nel vedere il suo Milan accartocciato nella sua area di rigore come una neo-promossa. Intanto, tra l'arte di costruire qualcosa e la psicologia di convincere la squadra a inseguire da protagonisti un progetto, resta una forbice che si è allargata nuovamente e il dubbio che il viaggio sia arrivato al capolinea con esagerato anticipo.

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