Logo SportMediaset
In evidenza

Seguici anche su

SKYRUNNING

Verso l'infinito e ritorno: Dolomyths Run Skyrace, viaggio d'alta quota

In gara per Sportmediaset nella ventisettesima edizione della classica skyrace di Canazei

di Stefano Gatti
25 Lug 2025 - 14:27
 © Fotostudio3

© Fotostudio3

C’è qualcosa di vagamente mistico in una voce che - in mezzo alla nebbia - ti chiama verso l’alto… un po’ troppo presto per i miei gusti! Il luogo della chiamata è la parte alta del canalone che conduce alla Forcella Pordoi, la voce è quella di Maurizio Torri che dal punto di scollinamento convoca “a rapporto” noi skyrunners della Dolomyths Run Skyrace 2025, oggi in scena in condizioni meteo tanto precarie quanto affascinanti, fino a rendere il piano bi quasi altrettanto affascinante dell’itinerario originale con GPM ai tremila metri abbondanti del Piz Boè, oltre che un buon motivo per ritornare.

© Stefano Gatti

© Stefano Gatti

La mia seconda partecipazione all’evento della Val di Fassa inizia con cinque ore abbondanti di faticoso avvicinamento a quattro ruote dall’hinterland milanese, che smaltisco progressivamente con il farsi più alte, verdi e spettacolari delle montagne che scorrono fuori dal finestrino della Kona. Sta di fatto che approdo a Canazei fresco e riposato come alla partenza dal piano, prendo alloggio all’Hotel Astoria (a poche centinaia di metri dalla linea del via) e in men che non si dica mi sono già impossessato di pettorale e pacco-gara, per poi applaudire dalle transenne i trailrunners al traguardo della prova marathon del Fassa Trail. Tra di loro l’amico Paolo Taglietti che - per non farsi mancare nulla - il giorno dopo si schiererà pure lui al via della skyrace. Una birra in compagnia è d’obbligo: solo la prima di una bella serie, perché dire “lunga” è meno… bello appunto.

© Dolomyth Run

© Dolomyth Run

Al bel tempo della giornata di sabato, fin dalle ore della notte segue un peggioramento delle condizioni meteo con rovesci che non lasciano presagire nulla di buono ma siamo qui per correre e per farcela andare bene comunque, contando sulla competenza del comitato organizzatore che - in sede di presentazione degli atleti top e del briefing tecnico - hanno paventato e dato quasi per certo il taglio della parte più alta dell’itinerario, bypassando alla sua base la piramide rocciosa del Piz Boè (e il passaggio in vetta a quota 3152, il punto più alto del “castello” di roccia del Gruppo del Sella), piuttosto che dando una sforbiciata ancora più drastica, scendendo direttamente in Val Lasties dopo il passaggio alla Forcella Pordoi. La seconda che hai detto, intuiscono subito molto di noi alzando gli occhi al cielo, che peraltro ha già iniziato a mandarla giù in quantità.

© Fotostudio3

© Fotostudio3

Risveglio per me all’insegna delle “mixed emotions” perché propendo nettamente per il sole e il terreno asciutto ma… passa presto e scendo a fare colazione che mi sto ancora mettendo addosso la divisa di ASD Sportiva Lanzada. Al via oggi siamo più di cinquecento e il primo chilometro tra le vie del centro di Canazei è un po’ effetto “tori a Pamplona”.

© PegasoMedia

© PegasoMedia

Dopo poche centinaia di metri con il cuore in gola penso: ma quanto corrono tutti??? Nonostante la temperatura fresca si suda già parecchio, anche perché l’introduzione alla gara è subito in salita, verso l’attacco della pista da sci che si incarica di condurci fuori dalla foresta e verso gli spazi aperti della prateria alpina d’alta quota.

© PegasoMedia

© PegasoMedia

Prima però c’è questa risalita da salmoni che concede ben poche pause per tirare il fiato. Il pensiero di tutti noi corre (si fa per dire) lassù, alle infinite inversioni del sentiero a zig-zag su per il ghiaione di Forcella Pordoi. Prima però c’è l’omonimo Passo da… ricordi di vacanze in famiglia dell’infanzia: roba (bella) di una cinquantina di anni fa. Meglio non pensarci troppo (per via dei cinque lustri) e concentrarsi sulla ripida missione che ho davanti agli occhi. Beh, davanti agli occhi mica tanto, visto che la parte alta del canalone è già preda della nebbia. Solo i toprunners (fortunelli…!) hanno avuto la possibilità di godere di condizioni di visibilità migliori, anche se non di molto e parecchio precarie.

© PegasoMedia

© PegasoMedia

Attraverso la statale (che avevamo incrociato un paio di volte anche più sotto) e affronto l’avvicinamento al canalone. Poi iniziano gli zig-zag di cui sopra. Salgo ad un ritmo decente, ormai sicuro di poter smarcare agevolmente il cancello orario che chiude due ore e mezza dopo il via, proprio lassù alla Forcella.

© PegasoMedia

© PegasoMedia

In mezzo alla nebbia, da lontano la voce di Maurizio arriva molto… presente e vicina (che sia buona conduttrice?), anche se la realtà è un po’ diversa e lo se bene perché qui ho già corso nel 2023. Di fatto però il richiamo è altamente motivazionale e l’impossibilità di vedere pochi metri davanti al proprio naso impedisce di vedere quanti tornanti ancora manchino e quindi di cedere allo sconforto. Nebbia e voci dalla nebbia: una bella combo, come dicono quelli bravi.

© Fotostudio3

© Fotostudio3

Raggiungo l’intaglio di Forcella Pordoi e l’omonimo rifugio appollaiato lì in posizione panoramica due ore e sei minuti dopo il segnale di partenza, sei soli minuti in più di due anni fa e con ventiquattro minuti di vantaggio sulla “scadenza” della barriera oraria. Mi accontento e penso che di questo passo (letteralmente), posso puntare a farcela per due o tre altre edizioni negli anni a venire. Lo scenario è da Gavia, Stelvio o Izoard: si scollina tra due muretti di neve e nel nebbione. Mi fermo al ristoro, mollo i bastoncini che faranno ritorno alla base in elicottero e mi “precipito” giù per la variante, dopo aver dato una rapida occhiata all’attacco del semigiro ad anello verso la piramide del Piz Boè, senza però vedere nulla e quindi pensando: meglio così, tornerò.

© Fotostudio3

© Fotostudio3

Affrontata sul versante opposto rispetto a quello dell’itinerario originale, la discesa lungo la splendida (anche in condizioni di scarsa visibilità) Val Lasties taglia circa cinque chilometri dello stesso (quindici invece di ventidue, millequattrocento invece di millesettecento metri di dislivello) e devo ammettere con piacere che mi prende subito bene: correrò ogni singolo metro di sentiero da qui alla linea del traguardo, recuperando una ventina di posizioni nel tratto Forcella Pordoi-Canazei. Per essere precisi, questo primo tratto di gara si abbassa lungo il Valon del Fos

© Fotostudio3

© Fotostudio3

Superato il classico pianoro che chiude la parte alta della discesa (Piani di Val Lasties), entro in un tratto solo meno ripido ma quasi altrettanto impegnativo. Sei portato a rilassarti e invece… no! Tanto è che due anni fa da queste parti avevo fatto un discreto volo tra due grossi massi. Me ne ricordo e penso: stai attento, stavolta. Macché! Prendo un’insaccata al ginocchio a non più di dieci metri (lo giuro!) dal punto del fattaccio del 2023. Al momento (e fino al traguardo) non la sento neanche: il fisico è caldo, l’adrenalina è tanta. Sentirò un po’ di fastidio nei giorni seguenti, ma solo camminando, per poi sparire una volta calzate le scarpe da corsa e accelerato il passo. Quindi, se fa male… corri. Non è un consiglio però!

© Fotostudio3

© Fotostudio3

Diventata più facile e scorrevole dopo Pian Schiavaneis, la parte finale del rientro verso Canazei non oppone più… resistenza e - tra fine delle difficoltà e qualche bella schiarita - mi permette di guardarmi intorno un po’ di più e di godermi il panorama e gli ultimi facili chilometri. Doppiamo l’Hotel Lupo Bianco (altro passaggio classico di questa gara) e siamo di nuovo in zona piste da sci.

© Fotostudio3

© Fotostudio3

Vinte o perse, le sfide personali con gli avversari di giornata sono ormai alle spalle o viceversa… irraggiungibili. Lascio la strada bianca (che corre per un tratto parallela all’itinerario di salita) e rimetto piede sull’asfalto per un ultimo chilometro da applausi (quello della gente a bordo strada, cosa avevate capito?), prima della svolta finale a destra sul red carpet di Piazza Marconi e sulla rampetta del traguardo, dove quasi finisco lungo e disteso ai piedi della amica speaker Silvia Vaia che, appena ritrovo l’assetto ideale in presenza di gravità, mi intervista a favore di pubblico. Per una volta dall’altra parte del microfono.

© Fotostudio3

© Fotostudio3

Lascio la pedana, mi confondo tra altri finishers, accompagnatori e struscio del sabato pomeriggio in piazza. Mi tolgo dalle spalle lo zainetto, lo apro e ci frugo avidamente dentro: dov’è finito il mio buono-birra, dov’è?

© Fotostudio3

© Fotostudio3

Lunedì mattina: prima di avviarmi verso casa, faccio un passaggio al villaggio-gara che gli organizzatori stanno terminando di smantellare. Saluto l’amico Diego Salvador e gli ribadisco che mi sono divertito uguale anche senza il Piz Boè, ma che torno anche nel venti-ventisei per rimettere piede in vetta. E poi scendere, si capisce. Perché va bene le voci che chiamano lassù ma io - tornando all’inizio - alla meta continuo a preferire il viaggio!

© Stefano Gatti

© Stefano Gatti

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri