La dodicesima edizione dell'evento-TOR contraddistinta da colpi di scena, performances straordinarie e dall'ondata di maltempo nel finale
di Stefano Gatti© Sara Cerrato
È stato un TOR “grandi firme” e ad altissima intensità quello che ha animato per un'intera settimana le Alte Vie della Valle d’Aosta, interrotto - a risultato ampiamente acquisito per quanto riguarda i vertici delle classifiche - da una notte di condizioni pienamente invernali (quella tra venerdì e sabato) che ha costretto gli organizzatori a chiudere anticipatamente la gara per il venire meno delle condizioni minime di sicurezza ad alta quota. Nel Tor des Géants propriamente detto, Jonas Russi e Sabrina Verjee hanno messo a segno la loro prima affermazione e lo stesso è avvenuto per Sebastien Raichon e Isabelle Ost nell'ancora più estremo Tor des Glaciers.
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Evento che si verifica per la terza volta nella storia ormai più che decennale del TOR (si era già verificato dieci e sette anni fa) - la chiusura anticipata della gara non ha ovviamente riguardato i top runners. Quelli del Tor des Géants da 330 chilometri e 24mila metri di dislivello avevano iniziato a fare ritorno a Cormayeur già a partire dalle prime ore della giornata di mercoledì. A raggiungere per primo il traguardo è stato l’elvetico Jonas Russi, mentre tra le donne il successo è andato alla britannica Sabrina Verjee. Entrambi hanno dovuto fare selezione tra gli avversari, prima di affrontare in solitaria la seconda parte della loro avventura vincente. Nessun dubbio invece - ma solo a livello maschile - nel Tor des Glaciers da 450 chilometri e 32mila metri di dislivello positivo: ad imporsi d’autorità ed a tempo di record è stato il francese Sebastien Raichon. Secondo posto a pari merito per l'italiano... di Francia Luca Papi e per il sudafricano Tiaan Erwee. Colpo di scena finale invece tra le donne: caduta e ritiro ormai in vista del traguardo (o quasi...) per l'italiana Marina Plavan che deve lasciare alla belga Isabelle Ost passeella finale e vittoria a Courmayeur.
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Per Jonas Russi, portacolori del Team HOKA ONE ONE, il successo nella dodicesima edizione del TOR330 rappresenta una prima volta assoluta, che arriva dodici mesi dopo il secondo posto alle spalle di Franco Collé, al quale l’elvetico aveva dato del filo da torcere nella fase centrale della gara, prima di cedere alla distanza (dalle parti del Col Champillon) al campione valdostano del Team HOKA/KARPOS, lanciatissimo verso la sua terza affermazione. L'attesissimo bis del loro duello non ha però avuto luogo.
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Collé infatti ha dovuto abbandonare la prova ancora nelle sue battute iniziali, a causa del riacutizzarsi dei fastidi fisici che hanno compromesso buona parte della sua stagione. Nemmeno il forfait di Franco toglie però merito alla prova vincente di Jonas lungo le Alte Vie 1 e 2 della Valle d'Aosta. Tanto che lo stesso Collé ha raggiunto l’avversario-amico lungo il percorso per incoraggiarlo e - in un certo senso - dare vita ad un simbolico passaggio di consegne che però (già pregustando la “bella” tra i due) ci auguriamo provvisorio.
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Una vera e propria fuga per la vittoria insomma, quella del 37enne Russi, originario di Andermatt (Cantone di Uri, Svizzera tedesca) e di professione massaggiatore sportivo. Dopo aver avuto ragione della concorrenza, rappresentata (oltre che da Collé) dal ceco Tomas Macecek, dall'inglese Damian Hall dal polacco Roman Ficek, insieme alla enorme fatica nel finale di gara Jonas ha dovuto "gestire" anche il cambiamento delle condizioni meteo. Freddo, nuvole basse e la pioggia caduta durante la notte, che lo ha accolto al passaggio sulla "Porta del Paradiso" del Tor: il mitico Col de Malatrà (2925 metri di quota), dal quale la vista spazia sul Monte Bianco e preannuncia il gran finale. Pioggia anche sul traguardo di Courmayeur, che il vincitore ha raggiunto alle otto e trentuno del mattino della quarta giornata di gara, dopo settanta ore, 31 minuti e 36 secondi.
Enorme la commozione di Russi che, sulla rampa del traguardo, ha faticato a lungo a trovare le parole per descrivere la sua avventura, e lo ha fatto praticamente sottovoce. Quasi sopraffatto appunto dall’emozione del momento e dalla fatica: basti pensare che il vincitore ha compiuto un proibitivo esercizio di privazione del sonno: diciassette minuti su un totale di tre giorni! Per Russi tempo finale di poco meno di sei ore superiore a quello che lo scorso anno aveva consentito a Collé di fare tris (con record della gara) e di tre ore e mezzo più alto di quello che a lui stesso consentì di salire sul secondo gradino del podio.
All'inizio dell’estate Jonas si era piazzato al sesto posto nella prestigiosa LUT Lavaredo Ultra Trail, mentre due settimane prima del via del TOR330 aveva chiuso in sesta posizione i 170 chilometri (per diecimila metri di dislivello) dell’UTMB della vicina Chamonix, l’Ultra-Trail du Mont-Blanc (con passaggio intermedio a Courmayeur!) che apre l’ormai tradizionale uno-due all’insegna dell’endurance sui sentieri d’alta quota sui tre versanti (italiano, francese ed elvetico) della massima elevazione dell’arco alpino. Sul podio con il vincitore sono saliti due ultrarunners italiani: Simone Corsini e Andrea Macchi.
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Già quinto un anno fa, Corsini ha migliorato di oltre sette ore la sua performance sulla distanza, chiudendo al secondo posto con un ritardo di quattro ore, 55 minuti e 57 secondi dal vincitore, respingendo il forcing di Macchi che però - dopo essersi portato a soli sedici minuti dal collega - ha decisamente rallentato il passo, perdendo un’intera ora. Ai piedi del podio ha inoltre chiuso la sua fatica un altro dei nostri: Andrea Mattiato.
Era terminata invece a Valtournenche (poco meno di un centinaio di chilometri dalla meta finale) la prova di Oliviero Bosatelli, due volte vincitore del Tor: nel 2016 e nel 2019. Alle prese con una condiziona fisica lontana anni luce dall’ideale, il gigante di Gandino (nella bergamasca Val Seriana) era partito da Courmayeur con la seconda ondata e, strada facendo, era riuscito ad affacciarsi alla top ten della classifica generale!
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Se nella gara maschile prima di prendere il largo Jonas Russi ha dovuto fiaccare nella prima metà della gara la resistenza degli avversari, tra le donne la britannica Sabrina Verjee ha fatto sensazione. Poco o nulla conosciuta al di fuori del suo Paese (ma tutt'altro che una outsider), la quarantunenne veterinaria inglese residente nel Lake District (regione montuosa del nordovest dell'Inghilterra) era alla sua prima partecipazione al Tor ed ha subito lasciato il segno: vincendo il duello con la fortissima spagnola Silvia Ainhoa Trigueros Garrote (vincitrice delle tre ultime edizioni) che era andata subito in fuga, alla caccia della quarta affermazione consecutiva.
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Specialista di fell racing (versione nordica della corsa in montagna classica con... accenni di orienteering e cross country su terreni umidi e accidentati), Sabrina ha a lungo inseguito l’avversaria, fino a braccarla per poi, dopo alcuni sorpassi e controsorpassi nei rispettivi momenti di pausa, staccarla definitivamente quando Silvia è andata in crisi, involandosi a quel punto verso il successo a tempo di record. E che record! Verjee ha infatti abbassato di cinque ore il primato precedente e il suo finishing time di 80 ore, 19 minuti e 38 secondi le è valso addirittura il quinto posto della classifica assoluta alle spalle di Russi e dei tre italiani Corsini, Macchi e Mattiato.
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Quanto alla sua rivale spagnola del Team SCARPA, una volta superata la crisi, Silvia è riuscita a difendere il secondo gradino del podio, chiudendo la sua prova con un ritardo di quattro ore, 39 minuti e 17 secondi dalla vincitrice che - al traguardo - ha dichiarato di aver dovuto a sua volta fare i conti con qualche inconveniente: una giornata e mezzo di inappetenza e poi (nonostante fosse arrivata sulle Alpi con alcune settimane di anticipo per acclimatarsi) qualche problema legato alla quota, visti i suoi precedenti agonistici limitati alle quote modeste delle montagne del Regno Unito.
Abituata a gare e imprese da endurance, Sabrina ha vinto nel 2020 la Spine Race (ultra maratona invernale sulle Highlands scozzesi), completando l'uno-due aperto nel 2019 vincendo la Spine Fusion, versione estiva della prima ed entrambe sulla distanza dei 430 chilometri: un centinaio in più di quelli macinati dalla veterinaria da corsa inglese sulle Alte Vie valdostane!
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Sul terzo gradino del podio femminile sale Sandrine Beranger, al traguardo nel profondo della notte tra mercoledì 14 e giovedì 15, con un ritardo di quattro ore e 41 minuti da Silvia Trigueros. La ultrarunner transalpina è tra l'altro compagna di vita Sebastien Raichon che - come la Verjee - ha scritto una pagina leggendaria nelle storia della kermesse valdostana vincendo il Tor des Glaciers, la prova che compie lo stesso giro del Tor330 ma lo fa lungo un anello che si sviluppa a quote più alte (vista ghiacciai, appunto) seguendo le Alte Vie 3 e 4, totalizzando una distanza di 450 chilometri (e 32mila metri di dislivello positivo!), da percorrere in regime di piena autonomia. Doppio podio formato famiglia insomma per Sandrine e Sebastien! Quest'ultimo ha chiuso l'anello - tornando al punto di partenza - poco prima della mezzanotte tra mercoledì 14 e giovedì 15 settembre, in pratica sedici ore dopo Russi! Tempo totale: 123 ore, 57 minuti e 18 secondi. Vale a dire oltre dieci ore in meno del primato precedente che apparteneva a Luca Papi, l'ultrarunner italo-francese che lo aveva fissato in 134 ore, 10 minuti ed un secondo nel 2019, in occasione della sua vittoria nell'edizione del debutto del "Glaciers", entrato tre anni fa nel programma dell'evento-TOR.
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Di nuovo vincitore nel 2021 ex-aequo con l'elvetico Jules-Henri Gabioud, il varesino naturalizzato francese ha di nuovo condiviso con un avversario (il sudafricano Tiaan Erwee) il passaggio sulla passerella finale di Courmayeur, questa volta però in seconda posizione. Dove sono stati accolti - ed intervistati! - nientemeno che dal vincitore, che aveva raggiunto la meta dieci ore, 37 minuti e cinque secondi prima di loro! Anche Luca e Tiaan peraltro tredici minuti e 13 secondi sotto il record di tre anni fa.
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Colpo di scena nella prova femminile. Dodici le atlete in gara: un record! Quando sembrava avviata ad una straordinaria affermazione solitaria, Marina Plavan è stata costretta al ritiro dalle conseguenze di una caduta poco prima di raggiungere lo storico Hotel Italia al Passo del Gran San Bernardo, sopra Saint-Rhémy-en-Bosses, quando all'arrivo mancavano meno di quaranta dei quattrocentocinquanta chilometri di gara... Sfuma così il sogno di gloria della fortissima atleta piemontese che si era piazzata al secondo posto nelle due precedenti edizioni del Tor des Glaciers: alle spalle della olandese Anouk Baars nell'edizione inaugurale del 2019 e dietro alla canadese Stephanie Case un anno fa. Il ritiro di Marina ha spianato (letteralmente!) il sentiero a Isabelle Ost.
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Accolta a Courmayeur dall'ormai... immancabile e sempre più istrionico Raichon, pronto ad immortalare il passaggio sul traguardo dalla collega (di vittoria!), la ultrarunner belga si è quindi aggiudicata il primo posto finale tra le donne, chiudendo la gara in 168 ore, quattro minuti e 32 secondi, vale a dire solo quattro minuti e mezzo più di una settimana esatta: 168 ore, appunto. Veterana del TOR (ma anche dell'UTMB), la quarantaquattrenne Isabelle - che all'arrivo - ha riconosciuto di dovere il suo successo al ritiro di Marina Plavan, prese parte nell'ormai lontano 2010 alla prima edizione del TOR stesso, conquistando il quinto posto. Insieme a Isabelle Ost, sul podio della terza edizione del Tor des Glaciers salgono la francese Chloé Saint-Joly e la britannica Nicky Spinks, seconda e terza al traguardo di Courmayeur.
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Al traguardo con tanto di salto finale (suo... marchio di fabbrica) nonostante i quattrocentocinquanta chilometri nelle gambe (!) anche Guendalina Sibona, la ultrarunner-scrittrice milanese che - dopo aver debuttato al TOR nel 2017 con il Tot Dret Gressoney-Courmayeur da 130 chilometri e dopo aver corso il Tor des Gèants nel 2018 e nel 2019 - quest'anno ha ulteriormente alzato l'asticella, in pratica facendo... l'upgrade al Tor des Glaciers, che peraltro aveva messo nel mirino due anni fa, quando tutto si fermò a causa dell'emergenza sanitaria. Lei e Marco Beretta (ugualmente impegnato nel "Glaciers") sono stati gli ultimi concorrenti capaci di raggiungere il traguardo. Dove Sibona è stata intervistata nientemeno che dal vincitore del Tor des Géants Jonas Russi. Per Guendalina, missione compiuta! Aspettiamoci un racconto letteralmente epico... dalla sua viva penna!
© Roberto Roux