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Bellaggio, una "Sky" di lusso

La Bellagio Skyrace, prova finale della Skyrunner Italy Series

22 Ott 2018 - 18:09

Visto dall’alto, il promontorio di Bellagio assomiglia alla prua di una nave che fende le acque del Lario, separa i due rami di Como e di Lecco e … fa rotta sulle vicine Alpi. Un panorama fantastico, per una volta perfettamente apprezzabile anche dagli skyrunners in piena azione. In questo caso da quelli impegnati sull’itinerario della Bellagio Skyrace. Doppiato il GPM del Monte San Primo infatti la corsa insiste lungamente sulla cresta che divide la mondana Bellagio dal molto più appartato Pian del Tivano. Una lunga traversata fatta di saliscendi tranquilli che permettono appunto di guardarsi un po’ in giro (soprattutto se la giornata è splendida nel caso di domenica 21 ottobre) e di riprendere fiato, prima di rituffarsi a capofitto tra i boschi, dopo aver ridisceso la vecchia pista da sci ormai da tempo in disuso. Personalmente, si tratta anche di uno sguardo d’insieme insuperabile, che abbraccia ed in qualche modo riassume tutte le gare affrontate negli ultimi sei mesi sui monti che racchiudono il lago di Como. Il … punto di vista è comunque quello dello skyrunner dilettante: tempo di guardarsi attorno i professionisti non ne hanno mai. Proprio in questo tratto il ruandese Jean-Baptiste Simukeka (vincitore della Reseg Up di Lecco ai primi di giugno) ha messo la freccia e superato Daniel Antonioli (poi terzo alle spalle di Cristian Minoggio, autore di un gran finale) andando a tagliare per primo il traguardo. Per il team Valetudo Serim un’altra giornata da incorniciare, visto che al femminile il successo è andato all’altra ruandese Primitive Niyirora, addirittura nona assoluta, ad interrompere lo strapotere della rumena Denisa Dragomir, dominatrice della stagione e vincitrice a Bellagio dodici mesi fa. Per il duo Simukeka-Niyirora tra l’altro l’uno-due bellagino replica l’identico exploit di metà settembre nella Zac Up di Pasturo, appena promossa (per il 2019) a prova della Migu Run Skyrunner World Series.

Partenza alle nove e quindici del mattino per la quinta edizione di una corsa già molto rinomata, tappa finale della Skyrunner Italy Series, vinta da Cecilia Pedroni tra le donne e Luca Carrara tra gli uomini. I primi chilometri sono inevitabilmente interlocutori ed anche un po’ noiosi. Tanto asfalto tra le vie cittadine ed appena fuori, una ripida scalinata di acciottolato (molto caratteristica e di sicuro adatta allo struscio ed allo shopping, molto meno alla pratica della corsa). Presto però la gara inizia a trovare la sua identità inoltrandosi nei boschi. Il sentiero sale già ripido: calano il ritmo, la baldanza iniziale, l’affluenza di pubblico ai lati del sentiero. Cala più che altro il silenzio tra di noi: solo respiri sempre più affannosi. Superiamo il traguardo volante di Monte Nuvolone, che “manca” per appena una ventina di metri quota mille e che non è propriamente una vetta (piuttosto un belvedere) e venerdì scorso ha fatto da traguardo finale alla Vertical che ha dato il via al “running weekend” di Bellagio, con vittorie di Davide Panzeri e Marta Binda. Poi la pendenza diminuisce e si attraversa in costa: riprendendo a correre, provando a non smettere anche nell’unico tratto (però in discesa) attrezzato con corde fisse.

All’altezza del ristoro che fa da bivio tra la Half Skyrace da quattordici chilometri per 1100 metri di dislivello positivo (vinta da Alessia Ravasi e Massimiliano De Bernardi) e la nostra Skyrace “full” da ventotto chilometri e 1850 metri d+, la … densità di popolazione dei sentieri si dimezza di colpo ed ha inizio il tratto più impegnativo nel menu di giornata. Subito dopo il passaggio al Rifugio Martina infatti la salita si fa impietosamente scoscesa e selettiva. Per fortuna il terreno è perfettamente asciutto. Penso che dodici e ventiquattro mesi fa gli atleti avranno penato parecchio da queste parti: la terza e la quarta edizione sono state infatti segnate dal maltempo. L’amico Dino, che mi aveva raggiunto e superato, vive in questo settore dell’itinerario un pesante momento di crisi ma riuscirà a superarlo ed a operare il ricongiungimento con me al penultimo chilometro, giusto in tempo per mettere in scena l’arrivo … in parata degli unici due atleti della Sportiva Lanzada al via quest’oggi … L’importante è accontentarsi! Soprattutto se la gara di Bellagio rappresenta - come nel mio caso - la sesta “sky” da venticinque e passa chilometri nell’arco di una cinquantina di giorni.

Raggiunta la cresta, basta un minuto per completare l’ascesa ed imprimere le proprie orme sulla “comoda” vetta del San Primo, massima elevazione delle montagne del Triangolo Lariano, dove come detto la vista spazia su buona parte del lago, sulle Alpi, e naturalmente sulla Pianura Padana con le sue foschie dalle quali emerge il profilo della skyline (tanto per restare in tema) di Milano. Più in lontananza, i profili dolci degli Appennini e l’inconfondibile piramide del Monviso  che svetta almeno trecento chilometri in linea d’aria da qui. Meglio tornare per terra però: siamo appena al giro di boa della Bellagio Skyrace e di fatica davanti ne abbiamo ancora tanta, soprattutto perché la lunga discesa verso il traguardo di Lungolago Europa sarà interrotta da un paio di strappi violenti che mi taglieranno letteralmente gambe e fiato, costringendomi a rallentare in modo sensibile il passo fino ai fatidici ultimi cinquecento metri “spesi” sui viali di ghiaia fine ed innocua dei giardini della spettacolare Villa Melzi, rampa di lancio verso il l’ormai prossimo gonfiabile del traguardo che raggiungo come al solito un po’ in trance dopo quattro ore, diciassette minuti e spiccioli di corsa sui sentieri lariani e di panorami da togliere veramente il fiato: il che non aiuta tanto, trattandosi di skyrunning …!

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