FUTURO ROSSONERO

Milan, la parola a Ibrahimovic: sceglie l'allenatore o se ne va?

Zlatan vuole avere voce in capitolo sul nuovo tecnico perché è quello che gli ha chiesto Cardinale. Nel club, però, vanno in un'altra direzione. E la doppia anima potrebbe allargare la rivoluzione in arrivo

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L'anno tre di Gerry Cardinale potrebbe in realtà essere l'anno zero. Non è difficile capirlo né ipotizzare scenari che coinvolgano direttamente la squadra, allenatore in testa, e la dirigenza attuale, molto meno in sintonia di quanto non venga sbandierato all'esterno. L'inserimento di Zlatan Ibrahimovic nell'organico, sia pure, o forse proprio per questo motivo, nel ruolo chiave di ponte tra il Milan e il suo proprietario, ha evidentemente sconquassato l'equilibrio che il "gruppo" Furlani aveva inseguito e istituito nell'immediato post-Maldini. Una volta cacciati il direttore dell'area tecnica e il suo ds Massara, l'ad di provenienza Elliott aveva in qualche modo preso in mano la totalità del mondo Milan. Ibra, sia pure senza entrare in gamba tesa, gliene ha strappato un pezzo, di fatto mettendo in discussione la sua leadership. In questa direzione, oggi più che mai, si continua ad andare avanti. Come già raccontato, c'è una parte di dirigenza, guidata da Giorgio Furlani, che punta a un certo profilo di allenatore per la sostituzione di Stefano Pioli e c'è dall'altra Ibrahimovic, emissione diretta di Cardinale, che sta valutando tecnici differenti, diciamo certamente più "invasivi".

Credere insomma che la decisione, come spiegato ripetutamente, possa essere collegiale sembra onestamente un'ingenuità grande. La realtà dei fatti porta altrove, dentro una lotta di potere che definirà non solo questa decisiva scelta di campo, ma anche l'assento societario. Chi decide l'allenatore, deciderà anche il resto. Molto banalmente. 

Il problema è però un altro: cosa accadrà a chi perderà questa "battaglia"? Anche in questo caso è chiaro che non si possano avere certezze assolute, perché le eventuali decisioni saranno personali, difficilmente indirizzate da Cardinale nonostante le voci, poi smentite, di un possibile avvicendamento nel ruolo di amministratore delegato. E' ovvio, però, che se Ibrahimovic non dovesse far prevalere la sua posizione nella scelta dell'allenatore, allora non si capirebbe per quale motivo dovrebbe restare dov'è. E sarebbe anzi forse lui stesso a farsi da parte, anche se dalla società escludono questa possibilità. 

Non è un caso, in questo senso, che negli ultimi giorni stiano poco alla volta prendendo quota, in tal senso, gli "uomini" di Zlatan. Fosse per lui, è noto, Antonio Conte avrebbe già firmato, posato davanti ai fotografi e cominciato a lavorare per la stagione che verrà. Conte, però, sarebbe il maggior megafono della sconfitta di Furlani. Arrivare, o virare, in direzione Van Bommel è insomma una naturale conseguenza. L'olandese è un uomo di Ibra (hanno giocato insieme, si stimano e sono amici), ma è anche un profilo a dimensione ridotta rispetto a Conte, meno impegnativo, meno costoso, probabilmente meno pretenzioso alla voce mercato. Uno buono per tutte le stagioni, intese appunto come le due anime milaniste. Uno che potrebbe piacere anche alla Curva, decisamente prossima a perdere la pazienza, e che comunque la Curva non ostacolerebbe, visto il rapporto fugace ma molto intimo che si creò tra l'allora giocatore rossonero Van Bommel e il popolo milanista. 

La partita è in ogni caso tutto fuorché chiusa. I contatti continuano senza sosta (Lopetegui è sempre sotto osservazione) e i nomi dei possibili, nuovi, allenatori, aumentano di giorno in giorno, salva cadere uno alla volta causa rinnovo con le rispettive attuali società. C'è chi dice che Antonio Conte si sia fatto sentire diverse volte dal Milan manifestando una voglia grande di tuffarsi in questa sfida. E c'è chi sostiene che Ibrahimovic, nonostante tutto, non abbia ancora smesso di spingere per lui. La sensazione, in ogni caso, è che l'anno tre di Cardinale possa davvero essere l'anno zero: quello dove tutti e tutto verrà rimesso in discussione mischiando le carte sul tavolo. Tutto e tutti: dai dirigenti all'allenatore ai giocatori. Nessuno è escluso. 

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