Il diciottenne talento della Mercedes è già ad un passaggio-chiave della sua ancora giovane carriera
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Il primo podio come pietra miliare sul cammino verso il vertice, che già ora non è particolarmente lontano. Per Andrea Kimi Antonelli il primo passaggio della carriera (in F.1) sui gradini che contano è una sorta di punto-di-non-ritorno che chiama fin da subito in causa responsabilità aumentate e la necessità di continuare ad esprimersi su livelli altissimi, quelli che appartengono attualmente ai piloti della McLaren, a Max Verstappen e al suo stesso compagno di squadra George Russell. Un osso duro per tutti, ormai, quest'ultimo. Anche e soprattutto per AKA, il cui prossimo traguardo è la riconferma e "subito" dopo la prima vittoria nel Mondiale.
L'iniziazione è finita e può dirsi brillantemente superata. E adesso, qual è il prossimo passo? Cosa manca adesso a Kimi per fare il salto decisivo? Non il talento, non la classe, non la cattiveria agonistica, tantomeno la necessaria malizia. Semmai, un focus ancora più esasperato sulle priorità del suo ruolo e del compito che la Mercedes gli assegna. Occorre immaginare un ragazzo di diciotto anni che la mattina presto - in una magari lussuosa ma anonima stanza d'hotel dall'altra parte del mondo rispetto a casa sua - si sveglia con una determinazione feroce in testa, soltanto quella e necessariamente nessuno con il quale condividerla.Perchè solo così può fare il suo corso e spingerlo ancora più in alto. Viene da pensare a qualcun altro... Vi lasciamo indovinare chi.
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Curiosamente, in Canada Antonelli è tornato a macinare punti dopo tre passaggi a vuoto nelle prime tre tappe europee del Mondiale, come gli era capitato prima solo in Bahrain. Come se - per una volta - la comfort zone della sua Imola, ma anche di piste amiche e conosciute come Montecarlo e di Barcellona gli avesse in qualche modo nuociuto. È solo un'ipotesi, ma la coincidenza è curiosa. È come se Kimi avesse un rendimento più alto quando è "solo" di fronte ad uno scenario che è oggettivamente enorme per un ragazzo di diciotto anni (seppure cresciuto molto in fretta) e nel quale si sta facendo spazio con la sua forza tranquilla.
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La costante presenza ai box del padre Marco è stata fin qui molto importante e "oggettivamente" utile ma forse anche questo è un cordone ombelicale dal quale staccarsi nei weekend di gara (da qui in avanti anche quelli "amici"), quando a guidare Andrea - oltre al suo talento e al suo istinto - dovrebbe e dovrà essere solo il suo ingegnere di macchina Peter "Bono Bonnington, uno che la sa lunga (se non lunghissima) su come essere dall'ombra del garage l'alter ego il proprio pilota. A Kimi adesso serve soprattutto questo: la solitudine del campione (in fieri) e casomai quella vocina che lo spinge nella direzione giusta quando la sua ancora limitata esperienza potrebbe portarlo a prendere strade più lunghe del necessario.