ALLARME AZZURRO

Non è un paese per giovani: i talenti ci sono, manca il coraggio di lanciarli in prima squadra

La scarsa fiducia nei potenziali talenti è uno dei motivi di mancata crescita del nostro movimento. Mancini, con le sue parole, riporta l'attenzione su uno degli eterni problemi dell'Italia

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"Speravo venissero fuori più giocatori: ci sono tanti giovani bravi, che in Italia non riescono a trovare spazio, molti tecnici: non li fanno giocare perché hanno paura di sbagliare”. Queste le parole un po' sconfortate del ct della nazionale italiana, Roberto Mancini, a pochi giorni dal maxi stage di Coverciano, dove arriveranno 53 nostri giovani calciatori provenienti da Serie A, B e anche dall'estero. Questa riflessione riapre una questione mai sopita nel calcio italiano, ovvero la mancata valorizzazione della nostra meglio gioventù calcistica. Il vaso di pandora è stato riaperto a seguito della mancata qualificazione al mondiale in Qatar. Si sa, il dolore porta a riflessione. E vedendo le parabole di Pedri nella Spagna, Foden nell'Inghilterra, Camavinga in Francia o Vinicius Jr. in Brasile, due domande viene da farsele. 

Vedi anche Italia, Mancini: "Ci vorrebbero più giovani, spiace per Chiellini e spero che Insigne dia ancora tanto alla Nazionale" nazionale Italia, Mancini: "Ci vorrebbero più giovani, spiace per Chiellini e spero che Insigne dia ancora tanto alla Nazionale" Con un rapido sguardo, la netta sensazione è che il talento ci sia, ma manchi il coraggio di farne uso. Nelle parole di Massimiliano Allegri si annida il ragionamento che sta alla base del cortocircuito che penalizza il nostro calcio: "I ragazzi devono fare un percorso perché altrimenti c’è il rischio di perderli per strada: sono pochi quelli che diventano fenomeni a 20 anni, la maturità viene raggiunta sui 25 o 26 anni. Ora tutto è dovuto, una volta si faceva la Serie C, poi la B e poi, infine, la A. La crescita deve essere questa, non bisogna inventarsi nulla". Un ragionamento per larghi tratti anacronistico, che poteva funzionare quando l'Italia era il fulcro del calcio mondiale. Non ora che da periferia dell'impero bisogna trovare nuove energie e nuove risorse per rilanciare il nostro movimento. Tra maggiori campionati europei l'Italia fanalino di coda per affidamento ai giovani. Nel nostro Paese solamente il 5% dei minuti sono disputati da giocatori provenienti dal vivaio: meno di un terzo rispetto a quanto fa la Liga spagnola, la migliore tra i cinque maggiori campionati del continente. Inoltre la Serie A è quella col minutaggio più ristretto per i calciatori Under19 della propria nazionale, molto indietro rispetto a Spagna, Francia, Inghilterra e Germania. 

Il sistema di squadre Under 23 come camera di decompressione tra giovanili e professionismo, che funziona molto bene nei top campionati europei, non è sfruttato, se non dalla Juventus, e, per ora, non sta portando ai risultati sperati. Da noi i ventenni non vengono calcolati: all'età in cui in altri campionati già si ritagliano spazio e pacche sulle spalle dai campioni dei maggiori club, nel nostro finiscono invischiati in una girandola di prestiti che rischia di trasformarsi più in sabbie mobili, che in trampolino di lancio.

"Siamo partiti da una Under 21 che aveva giocatori di Serie A, ora non ci sono più giocatori a disposizione, tra poco andremo a cercarli in Serie C". In questa dichiarazione del ct il ct dell’Italia Under 21 Nicolato si capisce quanto il problema sia sistemico, e non frutto di anni di magra. Tutto è riconducibile a una mancanza di pianificazione. Come può un allenatore che dopo tre sconfitte viene messo alla gogna permettersi il lusso di schierare un giovane, col rischio di sbagliare? La precarietà porta a far traballare le panchine e di conseguenza i giovani subiscono questa spada di Damocle sulla testa degli allenatori con una costante mancanza di fiducia, che alla lunga si riflette sulla nazionale. Come può essere competitivo un giocatore che calca palcoscenici importanti solo a 25 anni, quando un suo coscritto già da 5 o 6 stagioni è abituato ad ambienti simili?

Prendiamo per esempio Fagioli, il talentino della Juventus quest'anno ha fatto la differenza in B traghettando i grigiorossi in massima serie, ma la Vecchia Signora tentenna sulla sua trattenuta e, nel probabile caso di un ulteriore prestito, integrerebbe il centrocampista a quasi 23 anni. Musiala al Bayern Monaco gioca da quando di anni non ne aveva ancora 18. Ci sono i casi di giovanissimi lanciati ancora da sbarbati: il più emblematico di quest'anno è Scalvini, che pian piano, nella seconda metà di stagione si è ritagliato un ruolo importantissimo nello scacchiere gasperiniano. Qualcuno ha storto il naso quando Mancini ha convocato un appena diciannovenne Zaniolo dalle giovanili direttamente alla prima squadra. Ma quello lanciato dal tecnico di Jesi voleva, probabilmente, essere un messaggio nella bottiglia: "siate coraggiosi fateli giocare". Lo stesso si può dire per quanto fatto con Raspadori, ora un gemma lucente, ma quando convocato in nazionale un semi sconosciuto.

Se questo diventasse una regola anche per i club allora si potrebbe seriamente cambiare l'andazzo, perché il tempo di risposta, a patto di prendersi qualche fisiologica cantonata, può essere sorprendente. Facciamo qualche esempio. In porta c'è Carnesecchi, autentica saracinesca in B e ora pronto al salto di qualità definitivo, di proprietà dell'Atalanta. In difesa, pronti a prendere l'esempio di Bastoni ci sono: Scalvini e Lovato e Okoli sempre della Dea, Viti, Udogie dell'Udinese, Parisi e Canestrelli dell'Empoli, con l'ultimo l'anno scorso in prestito a Crotone, Bellanova di proprietà del Bordeaux e quest'anno in forza al Cagliari, Zanoli, nuovo innesto classe 2001 della squadra di Mancini e Pirola, classe 2002, protagonista col Monza. A centrocampo oltre i già citati Zaniolo e Fagioli, ci sono Pobega e Frattesi oramai pronti a un definitivo step in avanti, senza dimenticare l'infortunato Nicolussi Caviglia della Juve Under 23, Ranocchia, che ha appena firmato un quinquennale con la Vecchia Signore con lui Miretti, lanciato quest'anno da Allegri.

Per l'attacco non ci sono solo i gioiellini neroverdi Scamacca e Raspadori, ma anche i vari Lucca, classe 2000 del Pisa che aveva iniziato alla grande il campionato di serie B, Luca Moro, di proprietà del Sassuolo. Dall'Under 21 sarà interessante capire anche gli sviluppi e la crescita dei vari Nicolò Cambiaghi (2000), Matteo Cancellieri (2002), Lorenzo Colombo (2002), Gianuca Gaetano di ritorno a Napoli dopo l'esperienza positiva alla Cremonese (2000), Kelvin Yeboah del Genoa (2000) e il giovanissimo Gnonto in prestito dall'Inter allo Zurigo.

 

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