Senza la punta e il centrocampista la squadra di Conte perde due riferimenti importanti
di Andrea CocchiIl Napoli vive una sorta di straniamento di difficile interpretazione. Ha indubbiamente una rosa di alto livello ma, e qui bisognerà dare ragione a Conte, c'è da discutere sul fatto che si sia davvero rinforzata anche tecnicamente, oltre che numericamente. A Torino, senza Hojlund e McTominay (il cui recupero è complicato a breve tempo e c'è il serio rischio di non vederli nemmeno in Champions con il Psv, anche se qualche speranza per il danese c'è), i campioni d'Italia in carica hanno subito la terza sconfitta stagionale. A essere onesti anche con i granata, oltre che con il Milan e il Manchester City, non mancano le attenuanti. Il Napoli crea molto e prende gol per errori individuali più che per situazioni di gioco collettive. Il "passaggio" di Gilmour a Simeone, come il tentativo fallito in scivolata di Marianucci su Pulisic o l'intervento di Di Lorenzo su Haaland all'Eithiad, che ha costretto gli azzurri in dieci per quasi tutta la partita, sono stati episodi decisivi. Non si può certo dire che la squadra di Conte abbia subito il gioco avversario (a parte l'assedio del City affrontato in inferiorità numerica), in nessuna delle sconfitte subite.
Però ci sono alcuni aspetti che vanno considerati. Conte ha detto che questa squadra può avere due interpretazioni del 4-3-3: quella che deve far coesistere De Bruyne e McTominay e che ha una struttura asimmetica, con la fascia sinistra occupata dal laterale basso e quella destra da un'ala, e la versione classica con due puri esterni offensivi. A Torino, vista l'assenza dello scozzese, il Napoli si è schierato con Neres da una parte, con Politano entrato a partita in corso, e Spinazzola (e poi Lang) a sinistra, a occupare le fasce. Difficile però trovare riferimenti precisi nello sviluppo di una manovra che, fatalmente, dipende dagli interpreti. Con McTominay e De Bruyne si assiste a una struttura che prevede l'abbassamento del belga di fianco al regista, in fase di impostazione, con lo scozzese a occupare il mezzo spazio mancino. In fase difensiva l'ex centrocampista del City copre la fascia sinistra con l'ex United ad affiancare la punta centrale.
Che poi, anche da quel punto di vista ci sarebbe da discutere. Senza Lukaku, certe situazioni codificate dell'ideologia contiana vengono meno. Lucca avrebbe più o meno le stesse caratteristiche ma diventa difficile rinunciare a Hojlund. Conte ha voluto assecondare le caratteristiche del danese sfruttando la connessione naturale tra chi è abilissimo a lanciarsi nello spazio e chi ha qualità straordinarie nel servirlo (vedi per esempio De Bruyne). A Torino, insomma, le assenze hanno pesato eccome. Senza i due infortunati dell'ultima ora, Lukaku, Rrahmani, Buongiorno e Politano (poi entrati a partita in corso) e Lobotka, il Napoli partiva già da una situazione complessa. Un 4-3-3 con Gilmour in regia e De Bruyne e Anguissa mezze ali, non è sicuramente una soluzione da buttare ma risulta anche difficile trovare automatismi e collegamenti, anche naturali, quando si cambiano posizioni e interpreti.
Una rosa numericamente importante da sola non basta. Sta a Conte trovare, di volta in volta, la soluzione migliore. E quella di questa stagione sembra proprio, nonostante le apparenze, l'impresa più complessa della carriera gloriosa di uno degli allenatori più vincenti in assoluto.